Galleria ArtandaGli artisti

Giancarlo Moncalvo

Fonte: Studio ARC di A.B. Caldini

Giancarlo Moncalvo nasce a Pozzolo Formigaro (Al) nel 1940 e qui attualmente vive e lavora.Dalla seconda metà degli anni ‘50 alla fine degli anni ‘70 si dedica ad una pittura prettamente figurativa, velata da spunti surreali.

Attratto dai capolavori di Osvaldo Licini e dalla poesia, eleganza ed originalità delle opere di Anselmo Carrea, artista di cui fu grande amico, dopo alcuni anni di ricerca approda all’astratto-informale, sino a raggiungere una sua precisa identità pittorica.

Infrequentemente espone i suoi lavori in mostre personali e collettive, preferendo esprimere la sua singolarità con dipinti di piccolo formato.

Hanno scritto del suo lavoro

Daniele Ferrarazzo “[…] Informali visioni. Tecniche miste srotolano i loro spazi nell’intrico appena percepibile di successive velature in un insistente quanto equilibrato dialogo di stesure spesso monocrome, nelle quali galleggiano schegge dalle traiettorie definite di suoni forse mai uditi. Moncalvo, prima della stesura, lascia decantare il colore anche per giorni in una sorta di rito alchemico durante il quale la tonalità precedentemente ottenuta trascende sé stessa mutando in cromie più pure e misteriose. In tale arco temporale egli veste inconsapevolmente i panni di sciamano dei gesti quotidiani, gesti che nelle trasparenze cromatiche consentono al tempo di depositarsi sul supporto, solitamente su tela o masonite, insabbiando così i resti del vissuto, i rumori di sempre uditi ora inabissati nel fondo di un personale sentire della memoria.

Ed è silenzio. E’ un percorso quello che ci propone l’artista, che astrae dapprima il periodo vedutista, in senso lato, in costruzioni fondate su architetture ancora legate alla versione naturalistica. Ma già tese verso lontani eghi spogli di ogni tentativo di rappresentazione, unendo all’atto successivo con il quale frantuma la precedente figurazione fantastica, distillandone i simboli in segni e tracce imbevute di arcana emotività.

Il sapiente tratto grafico che sorreggeva quindi il primo periodo figurativo si espande in capillari mezzi espressivi che spaziano dall’uso di campiture di fondo ad olio a tratti ad acquarello, sabbia cenere, solcati graffiti o velati e coperti da carte occasionali povere.

Una serie di sovrapposizioni e successive sottrazioni abrasive. L’intervento cromatico, seppure esiguo forse proprio per questo, platonicamente dirompente. Una sensazione più di ogni altra, una traccia, forse il nulla sotto la neve, il vuoto di un vento dal Nord e il suono muto di un sax, del quale si odono solo le pause di un invisibile respiro […]”. 

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