Osvaldo Altieri
memoria di un pittore di Frasso
Credo che pochi a Frasso ricordino Osvaldo Altieri pittore naìf. Osvaldo era un solitario e coltivava la passione per l’arte con discrezione. Forse la famiglia non diede molta importanza alla sua vocazione artistica, l’unica che lo assecondò, ma più per comprensione materna che per convincimenti, fu la madre Rosina Flammia in Altieri.
Osvaldo era nato a Frasso nel 1930, a 36 anni, il 2 giugno del 1966 moriva, se ben ricordo, di diabete. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla fotografia, aprì un negozio di sviluppo e stampa e in qualche occasione si dedicò anche al restauro, pare che, prima di morire, fosse occupato in una fase di restauro presso una chiesa di Frasso. Non ho mai saputo quando Osvaldo avesse iniziato a dipingere; vidi per la prima volta un suo dipinto a Caserta, nella prima abitazione a Piazza Correra dove la mia famiglia si era trasferita da Frasso, avevo dodici anni
Osvaldo era accompagnato dalla madre Rosina per far vedere un suo dipinto a mio padre (Rosina Flammia era una delle sorelle di mia nonna, Serafina Flammia, che aveva lo stesso cognome del marito). Pietro Flammia, mio padre, era stato ospite di zia Rosina a Frasso dove insegnava presso la scuola elementare (Pietro Flammia è ancora ricordato a Frasso come “il maestro Flammia”, era un antifascista convinto, aveva chiesto e ottenuto il trasferimento da Accadia (FG) a Frasso per sfuggire alle persecuzioni del regime fascista che in Puglia era feroce).
Il quadro di Osvaldo, che ricordo ancora adesso come se fosse davanti ai miei occhi, era una copia del S.Giovannino del Murillo (Siviglia 1618-1682), di formato quadrato, all’incirca sui sessanta, sessantacinque centimetri di lato e aveva una cornice dorata di stile classico. Era, per me, la prima volta che ammiravo un dipinto da vicino. Osservavo i1 quadro con grande interesse, lo potevo anche toccare, e cosa più sorprendente l’autore, il pittore era un mio parente al quale potevo chiedergli tutto: i tempi d esecuzione, le tecniche, i materiali. Fu per me una vera e propria folgorazione. Avevo scoperto la pittura. Quell’avvenimento segnò la mia vita.
Nei soggiorni estivi a Frasso, da mia nonna e dagli zii, ma anche a Natale e Pasqua, non mancavo di fare visita ad Osvaldo. Più di una volta lo trovavo intento a dipingere il paesaggio di Frasso, dal terrazzo della sua casa che affacciava sulla strada carrozzabile per S.Vito. La collina di S.Vito, la Madonna di Montevergine, S. Michele (monte Sant Angelo) erano gli scorci paesaggistici che, si vedevano dal suo terrazzo, Osvaldo li dipinse più volte. Il paesaggio visto dal suo terrazzo era fonte d ispirazione per composizioni ideali, egli lo trasformava aggiungendo o togliendo elementi. Non conosco altri soggetti di Frasso eseguiti dal vero, forse non li dipinse perché si vergognava di farsi vedere in giro con il cavalletto en plein air”.Osvaldo era timido, aveva pochi amici ai quali confidare le sue aspirazioni e le “fantasticherie sull’arte . Si faceva i colori, come gli artisti di una volta, per necessità, a Frasso non v erano fornitori di prodotti per “belle arti”. Impastava la polvere di colore con l’olio di lino cotto che purificava dopo una lunga esposizione al sole. La polvere di colore, il pigmento, non era di buona qualità, era la stessa che gli imbianchini adoperavano per dipingere le pareti interne delle abitazioni che mescolavano con il litopone e la colla di coniglio mentre le porte e gli infissi esterni erano dipinti con i colori ad olio ottenuti stemperando la polvere cromatica con l’olio di lino cotto. Gli infissi dopo qualche stagione e soprattutto quelli più esposti al sole si alteravano e cambiavano di tono. Anche i dipinti di Osvaldo si alteravano, ricordo i primi lavori che dopo qualche anno dalla esecuzione assumevano un atmosfera dorata a causa dell’ingiallimento dei colori saturi di olio di lino. I primi lavori erano luminosi, l’artista frassese adoperava molto bianco ed aveva un suo metodo per far emergere i volumi. Contornava le zone compositive sfumando con il nero o con i bruni. Era un modo ingenuo per analizzare i vari elementi del dipinto. Ogni elemento aveva un colore di base distinto dagli altri, lo sfumato viceversa era impiegato per definire le forme e i volumi. Più s inoltrava nella pittura e più scopriva il disegno. I dipinti ultimi che mi fece vedere, dopo la sua morte zia Rosina erano quasi monocromi. Il colore s era ispessito, soprattutto nei primi piani, quasi come se avesse voluto riprodurre i rilievi attraverso la massa materica
Osvaldo Altieri era un pittore puro non aveva avuto maestri né aveva frequentato scuole, oggi si direbbe un naif, un primitivo. Forse a Frasso qualche rudimentale nozione tecnica l’ebbe da un pittore dilettante, noto come o sacrestano” per la sua attività principale di custode degli arredi sacri della chiesa di S. Giuliana. O sacrestano era un buon decoratore e arrotondava lo stipendio con prestazioni pittoriche e, durante le prime elezioni politiche del dopoguerra, dipingeva sulle facciate delle case di Frasso enormi scudi crociati per la sezione locale della Democrazia Cristiana, il cui segretario politico era mio padre. Come tanti frassesi, anche “o sacrestano” fu costretto ad emigrare per migliorare la condizione di vita sua e della sua famiglia. Osvaldo era ultimo di sei figli, tutti dipendenti in qualche modo dalla madre, la mia mitica zia Rosina, donna energica e di forte personalità, capace d intraprendere mille attività, senza perdersi mai d animo, sempre sorridente,,era lei che aveva le redini della famiglia.
Zia Rosina aveva accompagnato Osvaldo a Caserta da mio padre per ottenere un incontro con il pittore De Core, padre del più famoso Antonio, mio caro amico scomparso pochi anni fa. La zia che era donna pratica, nutriva forte perplessità sul futuro di Osvaldo pittore. Voleva qualche consiglio dal prof. De Core, come far migliorare la formazione artistica di Osvaldo e soprattutto ragguagli sulla professione di pittore. Dall’incontro non sortirono grandi risultati: Osvaldo ritornò a Frasso senza ottenere gli indirizzi per la sua formazione artistica e la zia Rosina senza le rassicurazioni sul futuro del figlio. Peccato Osvaldo qualità n aveva ed anche passione, tanto è che continuò a dipingere per suo diletto e mia fortuna. Potei così ammirare i suoi dipinti, alcuni splendidi, eseguiti con grande ingenuità ma tanta passione e abilità. Molti erano copie da stampe che il fratello più grande, Umberto, incorniciava a giorno e che vendeva, per pochi soldi, agli amici e conoscenti.
Osvaldo non ebbe fortuna, In un piccolo paese non poteva incontrare le persone giuste e gli mancò il coraggio di osare. Forse se fosse uscito da Frasso per tentare la grande avventura dell’arte, oggi parleremmo di un’altra “persona .