15 – Cinque minuti di Antiquariato: Carlo e Piero Zen
Alcune grandi fabbriche di arredi nate tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento, segnano la diffusione su larga scala di una produzione di buona qualità che permette ad un pubblico borghese e alto borghese di scostarsi dalla produzione di massa rivolta al mobile in stile o pseudo stile, per ricercare elementi rappresentativi di un gusto e cultura innovativa.
Fonte:Sergio Salomone collaboratore esterno della ditta Studio Laboratorio di Antichità s.a.s.
Carlo e Piero Zen
Alcune grandi fabbriche di arredi nate tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento, segnano la diffusione su larga scala di una produzione di buona qualità che permette ad un pubblico borghese e alto borghese di scostarsi dalla produzione di massa rivolta al mobile in stile o pseudo stile, per ricercare elementi rappresentativi di un gusto e cultura innovativa.
In questo periodo in tutta Europa si assiste alla nascita del nuovo, in Italia i principali centri di produzione e diffusione sono: Milano, Torino, Firenze, Lucca e Palermo; in questo ambito Carlo e Piero Zen riescono a trovare il loro meritato successo. Carlo Zen nacque a Verona nel 1851 ma l’inizio della carriera è legata alla Città di Milano dove intorno al 1880 è alla direzione di una fabbrica di mobili. L’anno prima era nato il figlio Piero. La fabbrica si chiama Zara e Zen, esordisce all’Esposizione Nazionale di Milano del 1881, esponendo due camere da letto. La produzione iniziale, di tipo eclettico, integra motivi moreschi e orientaleggianti ma già dall’Esposizione Internazionale di Torino del 1898 l’orientamento è rivolto al nascente Stile Floreale presentando una stanza con nette caratteristiche Liberty.
E’questo un momento di svolta, la produzione si orienta nettamente verso i motivi dettati dall’Art Nouveau e i mobili prodotti a inizio ‘900 ne saranno importante rappresentazione.
La ditta cambia nome e diventa Carlo Zen con un notevole successo di pubblico e critica per i prezzi competitivi e la buona qualità costruttiva. In questo periodo gli operai impiegati nelle varie lavorazioni sono circa 200. I mobili prodotti, per limitare i costi, abbracciavano e assecondavano le forme sinuose del Liberty solo nei suoi aspetti estetici decorativi più appariscenti senza intervenire significativamente sulle strutture che mantenevano un impianto tradizionale. Proprio questa particolarità e la ricercatezza dei materiali ne decretarono il successo.
I suoi modelli vennero accolti con favore all’Esposizione di Parigi del 1900 e a quella di Torino del 1902 dove poté confrontarsi con altri importanti ebanisti italiani tra cui Carlo Bugatti di cui abbiamo già parlato ed Eugenio Quarti. Nel 1905 l’opificio cambia sede e nome mutandosi in Fabbrica Italiana di Mobili con sede in via Bixio. Con questa nuova denominazione partecipò alla Mostra del Sempione di Milano nel 1906, dove presentò, sulla cultura emergente dalla Secessione Viennese, mobili con caratteri più geometrici e decorazione sobria, arrivando ad esporre una ventina di ambienti. Alla mostra è presente anche il figlio Piero (1879-1950), ebanista, disegnatore ed esecutore che negli anni seguenti ricoprirà un ruolo fondamentale nell’affermarsi del mobile pienamente modernista e preludente all’art deco’.
Intarsi in bronzo e madreperla diventano segni distintivi che continueranno in parte anche nella seconda fase dell’azienda, quella guidata da Piero Zen che sposterà la produzione nella nuova sede di Via Stelvio a Milano. La sua attività si distingue da quella paterna per la tendenza ad una maggior razionalizzazione nella forma del mobile e negli ornati, inoltre scompaiono quasi completamente le decorazioni in bronzo. Il padre Carlo morirà in provincia di Como nel 1918.
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