La storia raccontata dai ventagli
Fonte: dott.ssa Anna Checcoli
L’uso del ventaglio si perde nella notte dei tempi quando l’uomo, per muovere l’aria o scacciare gli insetti, agitò inconsciamente la mano.
Anna Checcoli
Il ventaglio è antichissimo: il suo uso si perde nella notte dei tempi quando l’uomo, per muovere l’aria o scacciare gli insetti, agitò inconsciamente la mano. L’evoluzione di questo prezioso oggetto fu determinata dagli scambi commerciali e culturali fra Oriente e Occidente. Il rinvenimento di numerosi reperti egiziani documenta l’impiego quotidiano del ventaglio fin dal 3200 a.C.: era rigido, non pieghevole; quelli a lungo manico erano portati da dignitari importanti e servivano per rinfrescare o proteggere il Faraone dagli insetti; erano anche utilizzati dai sacerdoti per la purificazione delle statue divine.
Due ventagli che sono esposti al Museo de Il Cairo, in origine con quarantadue piume di struzzo di colore alternato bianco e marrone, appartennero a Tutankhamon: i manici sono di avorio, oro e pietre dure. Alcune testimonianze archeologiche, quali vasi e statue di epoca greca e romana, documentano l’uso di ventagli rigidi a forma di foglia, che potevano essere realizzati con materiale vegetale o con piume. Dall’epoca etrusca sono invece giunti fino a noi i flabelli bronzei di Populonia, con decorazioni a sbalzo, databili dopo la metà del VII secolo a.C., considerati il simbolo di uno status sociale maschile e femminile. L’uso del flabellum fu adottato anche dalla Chiesa cristiana nella liturgia. Grandi flabelli furono usati fino al pontificato di Giovanni XXIII (1963). L’Italia annovera tre preziosissimi flabelli, che testimoniano il loro utilizzo fino al tardo Medioevo. Il più antico è conservato nel tesoro della basilica di S. Giovanni a Monza: si tratta di un ventaglio a coccarda, con custodia, databile verso il 600 d.C., data che ne confermerebbe l’appartenenza alla Regina Teodolinda. Il secondo,(875 d.C. ca.),proveniente dall’Abbazia di Tournus, è conservato al Museo fiorentino del Bargello: anch’esso è a forma di coccarda (rotondo a 360°), in pergamena dipinta con soggetti di santi e decorazioni vegetali, e presenta un manico-astuccio in avorio e osso scolpiti meravigliosamente. L’ultimo si trova in Puglia ed è riferibile al XIII secolo.
Sempre nel XIII secolo apparve una nuova forma di ventaglio definito “ventarola a bandiera”. Diffusa in Europa fino all’apparizione dei ventagli pieghevoli nel 1500,è ancora in uso presso alcune popolazioni. Prima della metà del ‘500 le ventole furono utilizzate per dare sollievo ai sofferenti negli ospedali, alle partorienti, oppure nelle osterie e presso i barbieri: le regole igieniche erano poco rispettate e proliferavano insetti fastidiosi.
Durante il XVI secolo fu introdotto il ventaglio pieghevole, consistente in stecche e pagine pieghettate richiudibili. Questi nuovi esemplari, estremamente più comodi, tanto che sono ancora diffusi, arrivarono in Europa dall’Oriente tramite le relazioni commerciali portoghesi e veneziane. Furono probabilmente inventati in Giappone e in Cina a partire dal IX secolo, traendo ispirazione dalla conformazione delle ali dei pipistrelli. Il successo di questi ventagli fu enorme: dobbiamo ringraziare, per la sua diffusione, Caterina de’ Medici (1519/1589), che ne portò un gran numero nel suo corredo di sposa alla corte di Francia, dove destarono meraviglia. Nel ‘500 le pagine dei ventagli erano realizzate in pelle di capretto e ritagliate per imitare i pizzi italiani, denominati “a reticella”(vedi foto n. 1). Un’altra regina lasciò un cospicuo numero di ventagli con manici d’oro e pietre incastonate, essendone ella appassionata: Elisabetta I (1533/1603). In Giappone il ventaglio era utilizzato dagli uomini: in guerra, durante le battaglie, con esso i comandanti trasmettevano segnali, e all’occorrenza si trasformava in arma, poiché le stecche erano in ferro. Anche in Occidente, almeno fino a tutto il XIX secolo, gli uomini usavano il ventaglio. Il lusso sfrenato che talvolta questi oggetti raggiunsero, indusse il Senato della Repubblica Veneta, più volte, ad emanare leggi che impedissero l’uso di materiali eccessivamente preziosi.
Nel ‘600 il ventaglio attrasse non pochi artisti famosi, fra i quali Carracci e Bosse: essi lasciarono incisioni e disegni. Durante questo secolo nacquero corporazioni di artisti ed artigiani, patrocinate in Francia dal Re Sole, ed in Inghilterra dalla Regina Anna Stuart. Nel XVIII secolo anche i miniatori di porcellana si cimentarono nella pittura sulla pagina del ventaglio, divenuto un oggetto indispensabile per l’etichetta di corte. Del resto durante il XVIII ed il XIX secolo le dame della nobiltà e dell’alta borghesia possedevano molti esemplari da utilizzare nelle svariate occasioni della giornata indipendentemente dal clima; i ventagli scandivano la vita delle donne più abbienti: ve ne erano per sancire un fidanzamento, nella ”corbeille de mariage”(corredo),per la presentazione a corte, per festeggiare la nascita dei figli, per gli eventi luttuosi. Nel ‘700 ve ne erano anche da usare in chiesa, oppure per divulgare le danze più alla moda, con le piantine dei teatri ed i nomi dei proprietari dei palchi, come “carnet de bal”, come mappe geografiche. Sono giunti a noi anche rari esempi di ventagli da bambina e da bambola, alcuni in materiali preziosi. Come per le madri, l’etichetta imponeva l’utilizzo di tale accessorio, spesso di forma identica, anche alle figlie, e di conseguenza ne erano corredate anche le loro bambole. All’epoca della Rivoluzione Francese i ventagli furono un tramite per divulgare alle masse alcuni eventi salienti e la storia dei personaggi importanti. Alcuni erano controrivoluzionari e quindi vietatissimi, perché inneggiavano a Luigi XVI ed alla famiglia reale: essi sono assai rari. Insieme alla moda del costume variarono la dimensione e la foggia dei ventagli. La pagina era spesso dipinta su pelle lavorata in modo da diventare sottilissima,e denominata ”pelle di cigno”.
A differenza degli europei, i cinesi dipinsero le pagine solo su carta e seta. Erano eccezionali intagliatori di avorio, tartaruga, madreperla, eccellenti laccatori e abili nel lavorare e smaltare la filigrana. Un tipo molto comune era il “Cento facce”: sulla pagina venivano rappresentate scene di corte o di vita, dove gli abiti dei personaggi erano in seta ritagliata ed applicata, le testine in avorio dipinto….
L’Italia, dopo aver dettato legge in materia di ventagli nel XV e XVI secolo, ed essere stata in seguito surclassata da Francia ed Inghilterra, meglio organizzate e competitive, tornò ad imporre un proprio stile nel XVIII secolo con esemplari prodotti a Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli. I più ambiti, subito riconoscibili, furono quelli con vedute urbane, archeologiche e paesaggistiche, denominati ”Grand Tour”. Essi venivano acquistati come ricordo dei viaggi che la nobiltà compiva nell’Europa del sud, con tappa obbligata in Italia. La durata di tali spostamenti di cultura ed istruzione variava dai due ai cinque anni. Nel 1700 fu anche ideato un linguaggio “a distanza”, per trasmettere specifici messaggi a seconda del modo in cui il ventaglio veniva tenuto, aperto o mostrato. Esso fu codificato nel XIX secolo, e fu molto utile alle dame per fissare appuntamenti segreti, ma anche per i giochi di società. Seguendo l’uso di realizzare ventagli per conservare memoria di viaggi o di eventi regali, storici, politici, furono prodotti esemplari che celebravano anche eventi sportivi, oppure le famose Esposizioni Universali, e da qui alla realizzazione di ventagli pubblicitari, il passo è breve. Oggi i ventagli vengono prodotti spesso con materiali scadenti, non facendo più parte del guardaroba femminile già da molti decenni: la frenesia della vita moderna ed il necessario adattamento dell’abbigliamento hanno fatto sì che tale accessorio divenisse desueto. Negli ultimi tempi dobbiamo però notare un nuovo impulso segnato da una rinascita del collezionismo e dell’interesse di artisti contemporanei di qualità verso questo prezioso oggetto.
Tutti gli articoli di Anna Checcoli
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- La pelle di cigno nei ventagli
- Storia del ventaglio: 4a parte – ventagli emblematici
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- La storia raccontata dai ventagli
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- Anna Checcoli