Il ventaglio dalla Rivoluzione Francese al primo Ottocento
Fonte: dott.ssa Anna Checcoli
Vi propongo dunque un piccolo viaggio nel tempo, all’epoca della terribile ghigliottina, delle coccarde, dei diritti dell’Uomo e dei sanculotti
Anna Chrccoi
Inizierò con una frase di Daniel Roche che riassume bene la situazione: «La Rivoluzione ha provato che niente è superfluo nella moda». Questa citazione, estratta dal catalogo d’esposizione del 1989 “Mode e Rivoluzioni”, è assai calzante per introdurre l’argomento, ma piuttosto riduttiva in rapporto alle idee che sono alla base del concetto. Parlare di moda non significa trattare di svolazzi e chiffon, ma, anzi, affrontare un tema che si lega a questioni molto serie: politica, ideologie,organizzazione sociale.
Dal momento che sono una grande appassionata della Rivoluzione francese, non potevo sorvolare su un tale soggetto. Vi propongo dunque un piccolo viaggio nel tempo, all’epoca della terribile ghigliottina, delle coccarde, dei diritti dell’Uomo e dei sanculotti.Secondo Daniel Roche, già citato prima, la Rivoluzione non avrebbe fatto altro che accelerare e confermare dei cambiamenti che erano già in essere allo stato embrionale prima del 1789, fino alla rottura totale con l’Ancien Régime.
Trattare questo periodo della Rivoluzione è più difficile, da un punto di vista cronologico, di quanto non si creda. Il suo inizio è chiaro, si dirà senza esitare il 1789 (anche se certi storici la fanno iniziare prima), e si penserà all’assemblea degli Stati Generali del mese di maggio dello stesso anno.
Quanto alla fine della rivoluzione …Si tende a farla terminare nel 1794, alla fine del Terrore, e con la morte di Robespierre, perché si osserva un “rallentamento” negli avvenimenti marcatori; in poche parole: accadono meno cose. Tuttavia questo può sembrare un po’ poco. Si prolunga spesso, allora, fino al 1799, ed è la scelta che farei qui, cosa che ci permetterà di integrare il Direttorio in questa epoca, e di proseguire poi fino al Primo Impero.
In questo anno 1799, quindi dieci anni dopo i primi fatti rivoluzionari, interviene un nuovo personaggio: Napoleone Bonaparte. Debutta il Consolato, ma si tratta sempre di un sotto periodo della Prima Repubblica.Nel 1804, Napoleone Bonaparte diviene Napoleone I, Imperatore dei Francesi. Affrontare dunque anche il periodo del Consolato, significa prendere in considerazione ulteriori evoluzioni nel costume.Al di là di queste precisazioni cronologiche, vorrei sottolineare che mi interesserò soprattutto del costume francese cittadino.
I vestiti indossati nelle campagne non saranno trattati approfonditamente, anche se posso affermare che essi si differenziavano poco dall’abito di città: per quanto riguarda il taglio, sono simili a quelli cittadini, ma sono più modesti e la stoffa è più grossolana; sono spesso malconci poiché vengono recuperati da altri capi vecchi e anche molto utilizzati, le famiglie dell’epoca avendo poca possibilità di ricambio.
La Rivoluzione comincia dunque nel 1789. Quali sono le cause? Questo soggetto meriterebbe di essere sviscerato, ma non è questo il fine dell’articolo. Si possono tuttavia trovare cause più profonde e lontane: la rimessa in gioco della monarchia (ricordo che si trattava di un re che governava e disponeva di tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, dunque un monarca assoluto) e l’organizzazione sociale da parte dei filosofi dell’Illuminismo.
Si possono inoltre prendere in considerazione due influenze: la Rivoluzione inglese, un secolo prima, e la Rivoluzione americana, un decennio prima. Possiamo comunque ancora parlare del contesto degli anni 1788 e 1789.Il regno di Francia è in crisi finanziaria (le uscite sono maggiori delle entrate e questo crea il deficit e l’indebitamento del paese) e in crisi economica (cattivi raccolti legati ai rivolgimenti climatici, poco favorevoli, e il prezzo del grano aumentato, alimento di base). Il Re Luigi XVI decide dunque di riunire gli Stati Generali composti dai tre ordini della società francese per trovare una soluzione alla crisi.La soluzione parve assai chiara: far pagare delle imposte ai privilegiati, ai nobili e a clero. Ma la resistenza di questi ultimi farà arrabbiare il terzo stato (borghesi e popolino) e la situazione diverrà esplosiva.
Questa riunione fu interessante per più di un motivo, ma concernendo la moda, essa riflette bene le disuguaglianze dell’Ancien Régime. La differenza fra i partecipanti è meno dipendente dal loro portafoglio che dal posto che essi occupavano nella società. In tutto questo, Luigi XVI impose ai deputati un abito consono al loro ceto, cosa che fu praticamente l’ultima manifestazione dell’ Ancien Régime, legata, appunto, all’apparenza dello stile nel vestirsi. Gli ecclesiastici portavano colori differenti secondo la loro funzione: porpora per i cardinali, rosso per i vescovi, nero per il basso clero.
I nobili avevano vestiti fastosi, eleganti, e cappe bordate d’oro.Il terzo stato era vestito tutto di nero, mantello a tinta unita e cappello senza ornamenti. Si nota l’opposizione fra la semplicità dell’abbigliamento del terzo stato e quella dei nobili, in nulla rivelatrice della ricchezza, perché alcuni nobili avevano gravi problemi finanziari, così come, al contrario, i borghesi del terzo stato potevano superarli in quanto a fortune possedute.I ventagli si inseriscono in questo contesto a pieno titolo, leziosi ma fortemente legati al potere ed alla manifestazione dello status sociale.
Il XVIII secolo è un’epoca d’oro per questo oggetto, particolarmente in Francia, che risente della felice decisione, da parte di Luigi XIV, di creare apposite corporazioni che si dedicassero esclusivamente alla manifattura di tale accessorio. Esso subirà, nell’arco di centoquindici anni, (periodo approssimativamente qui trattato) innumerevoli cambiamenti, nelle dimensioni, nei decori, nei materiali. Al di là dell’inciso, che mi preme fare in quanto non banale quanto sembri, che il ventaglio aumenta le proprie dimensioni all’avvicinarsi di ogni fin de siècle, per rimpicciolirsi subito dopo, al passaggio del secolo, esso davvero subisce il fascino arcano dei corsi e ricorsi storici di vichiana memoria.
Incrostati di paillettes, talvolta di pietre preziose, con le stecche in oro o argento, con le pagine in cabretille, dipinte dai pittori di corte con scene bucoliche o ispirate all’Arcadia, oppure in avorio o tartaruga ageminati con metalli rari in foglia di metalli, essi si pregiavano di far vento a dame di corte dalle scollature profonde, ascoltavano discorsi oziosi e confidenze piccanti.
Spesso impregnati di profumo, addirittura costruiti per contenere fialette in vetro soffiato che racchiudessero ovatta intrisa di estratto di rose, ovviavano ai più prosaici cattivi odori dovuti alla scarsa igiene. Leziosi in ugual maniera, venivano utilizzati dagli uomini, con la sola differenza di qualche insetto dipinto sulla pagina, al fine di distinguerli da quelli femminili. Questo era il mondo dorato dei ventagli, che talvolta incorrevano in qualche accidente, forse a causa di una dama adirata a causa dei tradimenti del proprio amante…Anch’essi, però, fedeli alla storia dell’essere umano come sempre, del resto, furono costretti a cambiare, adeguandosi ai tumulti e ai sovvertimenti dell’epoca.Ecco che i ventagli si fanno manifesto, illustrano gli avvenimenti rivoluzionari. La quasi totalità delle pagine viene allora prodotta in carta, spesso decorata con incisioni all’acquaforte o a taglio dolce. Le montature diventano, più frequentemente, in osso o in legno.
Alcuni sono veri e propri oggetti commemorativi, altri, invece, patriottici. Bisogna però dire che esistevano ventagli rivoluzionari ma anche controrivoluzionari. In generale, essi riportavano un fatto storico trasformandolo in allegoria. Gli Stati Generali fanno parte degli avvenimenti rappresentati sopra di essi; ma anche canzoni patriottiche, trascritte con l’intero pentagramma e le parole, completate con immagini eloquenti, persino ritratti di personaggi votati alla causa, o scenette satiriche, e, ancora, i famosi assignats, la moneta cartacea rivoluzionaria suddivisa in libbre, franchi e soldi della rivoluzione, e addirittura un ventaglio con un assignat riportante il profilo di Luigi XVI, probabilmente realizzato fra il 1795 e il 1796 (anno III e IV del calendario repubblicano).
Tutto questo per dire che il ventaglio era lo specchio di ciò che accadeva in società a tutti i livelli: da quello intimo a quello pubblico, sociale, politico. Portare un ventaglio rivoluzionario era di gran moda, magari associato a coccarde e abiti all’ultimo grido. Erano ventagli fatti con materiali poveri, dall’aspetto essenziale, colorati ma senza eccessi, piuttosto semplici, poco raffinati. Prodotti così non solo per contenere i prezzi e quindi anche a fini di diffusione del messaggio rivoluzionario, ma anche per una sorta di snobismo intellettuale che faceva molto “sulla breccia”. Sicuramente l’abbigliamento subì una trasformazione radicale, che avvenne di pari passo (il ventaglio ha sempre avuto uno sviluppo consono all’abito che andava di moda nello stesso periodo): i colori si spensero, le dimensioni si ridussero, le stoffe divennero meno pregiate, le decorazioni sparirono quasi completamente, le parrucche furono eliminate.
Come detto poco sopra, però, sopravvivevano contemporaneamente ventagli filomonarchici (o cosiddetti realisti). Questi ancora mantenevano una lieve rimembranza del tempo che fu, erano quasi sempre in garza, con qualche paillette luccicante, qualche lezioso decoro, le stecche erano in avorio o legni pregiati come il palissandro, in qualche modo riportavano l’effigie del re e della sua famiglia, o di fedelissimi, il più delle volte visibili solo in trasparenza, o con qualche strano escamotage. Avevano tuttavia una caratteristica terrificante: per loro si poteva perdere la testa. In poche parole, esser trovati in possesso di uno di questi esemplari significava morire ghigliottinati. Ed ecco il motivo per cui sono rarissimi e, se si trovano, sono molto ben conservati: infatti, o venivano buttati per liberarsene, o venivano conservati in luoghi segreti da poche coraggiose (o coraggiosi).
Vorrei dunque parlarvi, più specificatamente, di un ventaglio unico al mondo, la cui peculiarità consiste nel fatto di distinguersi da tutti quelli appartenenti a questa tipologia perché inneggia apertamente al re Luigi XVI ed alla sua famiglia e, soprattutto, quando egli è ancora in vita. La pagina è in garza color vinaccia, con l’applicazione al centro di un medaglione in carta incisa alla maniera nera o mezzotinto, rappresentante Luigi XVI, che indossa il “cordon bleu”, la croce dell’Ordine di Santo Spirito, il cui scopo era di proteggere il sovrano in quanto sacro, Maria Antonietta e il delfino Louis-Charles, circondati dalla scritta: “Domine salvus (sic) fac Regem, Reginam et Delphinum”. L’autore della raffigurazione è Aubin de Saint Augustin, incisore del re. Il fronte è ricamato con paillettes che rappresentano i gigli di Francia e con la scritta: “Tout Puissant je l’aime malhereux, je l’adore. Domine salvum fac Regem”. (O Dio Onnipotente, io l’amo, sfortunato, io l’adoro. Signore, salva il Re).
Il tenore delle scritte ci fa dedurre con certezza che quando il ventaglio fu creato tutta la famiglia fosse ovviamente ancora viva, ma già imprigionata al Tempio, vista l’esortazione a Dio di salvarli. La natura dell’invocazione, così accorata, così intima e diretta, ci fa altresì pensare che il ventaglio sia appartenuto a qualcuno molto vicino al re, se non addirittura a Maria Antonietta, alla sorella minore di Luigi XVI, Elisabeth Philippine Marie-Hélène de Bourbon, o ad una amante titolata.
Bisogna tener conto del fatto che, oltre all’esodo generale dei nobili dalla Francia, anche i fratelli di Luigi XVI fuggirono in Inghilterra, dove organizzarono la Resistenza Monarchica contro i rivoluzionari liberali. Si è sempre pensato che ventagli con simili caratteristiche fossero prodotti in Inghilterra, ma posso sostenere che questo esemplare fu prodotto in Francia, probabilmente nella boutique di Madame Despeaux, in Rue de Gramont a Parigi, come citato da Blondel, che riporta un annuncio del “Journal des Hommes libres de l’an IV” (1796). Ivi si sostiene che questi ventagli fossero della specie più ricercata e costosa. ( Vedi anche: “Autant en porte le vent – Eventails, histoire du gout” – pag.66 n°77). L’equivoco, secondo me, è sorto dalla circostanza che tale M.me Despeaux trasferì poi la sua attività in Inghilterra, a seguito dell’esodo dei nobili dalla Francia.
Luigi XVI, nato a Versailles nel 1754 e morto a Parigi nel 1793, fu Re di Francia dal 1774. Nipote di Luigi XV, era figlio del delfino Luigi e di Maria Giuseppina di Sassonia. Alla morte del padre, nel 1765, divenne delfino a soli undici anni. Nel 1770, sedicenne, sposò Maria Antonietta,quindicenne, figlia dell’Imperatore Francesco I e di Maria Teresa d’Austria. Ella nacque a Vienna nel 1755 e morì a Parigi nel 1793.Fin dall’inizio M. Antonietta suscitò scarsa simpatia presso i sudditi, sia perché era straniera, sia per la sua frivolezza.
Allo scoppio della Rivoluzione si schierò con la nobiltà più intransigente e reazionaria, spingendo il marito ad opporsi ai rivoluzionari più moderati, come Mirabeau e Lafayette. Luigi XVI ebbe tre figli: Maria Teresa Carlotta, poi più nota come Madame Royale;Luigi-Giuseppe (l’erede al trono che morirà a soli 8 anni nel 1789, un solo mese prima dello scoppio della Rivoluzione francese) e Luigi-Carlo che alla morte del fratello diverrà, a quattro anni, il nuovo delfino di Francia. Madame Royale ed il bambino, dopo la morte dei genitori, rimasero prigionieri del governo rivoluzionario. Madame Royale otterrà poi la libertà grazie ad uno scambio di prigionieri con l’Austria, mentre per il bambino le cose sono più difficili.
Con la morte del padre, il delfino è ormai diventato Luigi XVII, un prigioniero piccolo e ingombrante per gli uomini del sanguinario Robespierre. Ufficialmente, fu la tubercolosi a togliere dall’imbarazzo gli uomini della Rivoluzione. Fu questa, sembra, la causa di morte del bambino re, l’8 Giugno 1795. Ma da quel giorno è iniziato un giallo storico, ancora irrisolto dopo più di due secoli. Il mancato ritrovamento del corpo di Luigi XVII ha alimentato varie storie, fra le quali quella che fosse stato fatto sparire dai rivoluzionari o che fosse riuscito a fuggire.In tale contesto si inserisce il dibattito relativo all’influenza della Massoneria sulla Rivoluzione Francese.
E’ sicuramente necessario distinguere tra quella intesa come movimento di idee e l’organizzazione stessa, attrice a livello sociale e politico, ed inoltre discernere tra i singoli massoni e l’Istituzione massonica. Il Grande Oriente di Francia, ad esempio, vide infatti la luce nel 1773, come risultato dell’unione di strutture già esistenti. Nel 1789 ha già trentamila membri e circa mille logge, e sebbene oggi si sappia che alle origini della Rivoluzione Francese non ci fu un complotto massonico, siamo ugualmente a conoscenza del fatto che numerosi massoni parteciparono a quegli avvenimenti e l’influenza delle idee discusse nelle logge fu assai notevole su di essi. Un’influenza che proseguì durante l’epoca napoleonica, tanto che l’Armée divenne luogo di diffusione di idee di stampo massonico, che a loro volta hanno condizionato la storia europea della massoneria.
Il breve riferimento a questioni latomistiche non è qui casuale. La simbologia massonica, nonché i principi che ne sono alla base, furono oggetto di rari ventagli, anch’essi prodotti (o autoprodotti) sia a scopo propagandistico, sia come baluardo di valori fondanti come la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza. Tali concetti furono assorbiti come propri dall’Illuminismo, e illuministi furono i creatoridell’Enciclopedia: Diderot e D’Alembert. Non a caso, nelle pagine di questa opera titanica troviamo una sezione dedicata alla manifattura dei ventagli, dai primi passi fino all’opera finita. Ventaglio come accessorio, dunque, ma anche portatore di un bagaglio sapienziale.Nel suo lungo e complesso sviluppo, esso giungerà alle soglie del XIX secolo, periodo eclettico, ma soprattutto bisognoso di riaffermare la fiducia nel futuro, dopo un periodo di oscurità.
La moda torna alla ribalta, l’epoca del Direttorio è in pieno svolgimento. Due tipologie di personaggi si affacciano: gli Incroyables (Incredibili, Stupefacenti) e le Merveilleuses (Meravigliose). Sono gli esponenti della moda francese di questo periodo, caratterizzata da un lusso estremo, ostentato, e da stravaganze esibite nell’abbigliamento e nella condotta di vita, originati da una reazione ai tristi tempi che la società francese aveva attraversato durante il Terrore rivoluzionario.
Come già accennato, i ventagli, ancora di dimensioni piuttosto notevoli, torneranno ad essere artisticamente più complessi, le decorazioni si ripresenteranno, tenderanno a ridimensionarsi. Napoleone Bonaparte è già sulle scene, il 9 novembre 1799 diverrà Primo Console prendendo il potere. Nel 1804 diventerà Imperatore di Francia, già sposato con Giuseppina de Beauharnais dal 1796.
Quest’ultima, il cui vero nome era Marie Josèphe Rose de Tascher de la Pagerie, era una donna assai affascinante e piuttosto frivola, che lanciò la moda dei ventagli in seta chiara, incrostati di paillettes, chiamati anche à la Madame sans gêne dal soprannome di un’altra dama del Primo Impero, Catherine Hubscher, moglie del maresciallo Lefebvre.
In questa epoca anche la moda si semplificò, il punto di vita arrivò sotto il seno, gli abiti divennero sciolti e leggeri, privi di quelle complesse strutture poste sotto le gonne per renderle gonfie ed imponenti, furono abbandonati i busti, e i costumi sociali subirono un certo allentamento, come conseguenza della ritrovata serenità dopo gli anni del Terrore, e del recupero del gusto per lo svago, della gioia della vita. Madame de Staël soleva dire che il concetto di vergogna era stato talmente sminuito che le donne non avevano più senso del pudore, e quindi non avevano più bisogno di grandi ventagli per celare il rossore sulle guance. I volti non si imporporavano più, bastavano gli imperceptibles, i ventagli minuscoli, visto che non c’era più niente da nascondere.
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