18 – Cinque minuti di Antiquariato: Eugenio Quarti
Altro protagonista della ventata di novità culturale che attraversa l’Europa negli anni a cavallo dei sec. XIX e XX è l’ebanista e progettista, milanese d’adozione, Eugenio Quarti, di cui abbiamo già accennato nell’occasione dell’intervento su Carlo Bugatti.
Fonte: Sergio Salomone collaboratore esterno della ditta Studio Laboratorio di Antichità s.a.s.
Eugenio Quarti
Nasce in Villa d’Almé in provincia di Bergamo nel 1867, il padre è un modesto artigiano appartenente a una famiglia che da più generazioni si occupa della lavorazione del legno. Gli attrezzi del mestiere fanno parte di certo dei primi giochi e diventeranno di consueto utilizzo nel corso del suo apprendistato.
A 14 anni va a Parigi presso una piccola bottega di ebanisteria; il temperamento del giovane viene tratteggiato come incline all’indipendenza e all’autonomia. Rientrato in patria per gli obblighi di leva, nel 1888 Eugenio ha un periodo di formazione presso Carlo Bugatti, già affermato nel panorama artistico. L’esperienza, forse anche a causa del carattere del ragazzo, ha breve durata ma risulta essere una esperienza importante e decisiva per la carriera.
Eugenio viene a contatto con una realtà di libera espressività e innovazione, unita all’eccellenza del lavoro artigianale. Inizia a respirare quel clima di rinnovamento legato al movimento culturale della Scapigliatura e del Divisionismo di cui il pittore Segantini, cognato del Bugatti, è esponente. Lo accennavamo prima, il carattere autonomo e indipendente del giovane Quarti porterà rapidamente ad una rottura con Carlo Bugatti e alla decisione di aprire una bottega in via Donizetti 3 a Milano. Le prime realizzazioni sono però ancora fortemente influenzate dai modi all’orientale di Bugatti. Infatti all’Esposizione di Anversa e all’Esposizione Internazionale Operaia di Milano, entrambe nel 1894, i mobili esposti vengono definiti di stile arabo o moresco. Nel corso del tempo le sue esperienze concorrono a progettare uno stile più originale e personale, maggiormente vicino alle formule e esperienze internazionali che andavano affermandosi in tutta Europa. Probabilmente proprio l’esperienza di Anversa accelerò la trasformazione.
Nell’Esposizione di Torino del 1898, si potranno apprezzare una semplificazione strutturale, linee morbide, utilizzo di legni scuri, pregiati, decorati con bronzi e con intarsi in argento e madreperla; per queste caratteristiche verrà definito “l’orafo dei mobilieri”. A qualcuno fra Voi verrà in mente che anche il grande Charles Boulle, di cui abbiamo già parlato, venne definito “il gioielliere del mobile”, mi corre però l’obbligo di sottolineare l’inutilità, per i periodi e le culture totalmente differenti, di qualsiasi parallelismo tra i due ebanisti. Dalla critica dell’epoca, nei mobili presentati, viene sottolineata la solidità e l’armonia delle proporzioni, l’eleganza priva di leziosaggini e l’attenzione all’aspetto funzionale dell’opera. Maggior maturità e padrone di uno stile autonomo e riconoscibile sarà la caratteristica delle opere presentate da Eugenio all’Esposizione Universale di Parigi di inizio secolo, premiate con l’onorificenza più prestigiosa della Sua carriera: il Grand Prix. La differenziazione dagli altri espositori ancora fortemente impregnati di linguaggio eclettico, verrà sottolineata in un articolo de “L’Illustrazione Italiana” che descriverà le opere capaci di aver fatto “vivere il mobile d’una vita artistica nuova”.
Il grande successo in Francia favorirà l’incremento della produzione, dai costi elevati, della ditta “Quarti”; che vede il proliferare dei committenti nell’ambito dell’aristocrazia e dell’alta borghesia milanese. Quarti progetta ed esegue gli arredi in collaborazione con vari architetti di grido. Pressato sempre più dalle numerose richieste, il laboratorio si trasferisce in un ambiente di mille metri quadrati e i dipendenti, in breve tempo, passano da tre a cinquanta. L’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa svoltasi a Torino nel 1902, segna una svolta importante nel linguaggio di Quarti, gli arredi non sono più esibiti come pezzi isolati ma sono inseriti nella progettazione di interi ambienti.
Tra le opere più note ricordiamo la decorazione per il Palazzo del conte Castiglioni a Milano, l’arredo della Villa di Pietro Faccanoni a Sarnico e quello di Villa Pisani Dossi a Como. Dobbiamo aggiungere il complesso per il Kursal e per il Grand Hotel di San Pellegrino Terme, abbandonato per anni recentemente è oggetto di restauro e recupero funzionale, la Sala riunioni della Edison in Foro Bonaparte e fino al celebre Bar Camparino in galleria Vittorio Emanuele a Milano.
Quarti morì nel 1929. La Sua bottega venne rilevata dal figlio Mario, che continuò a lavorare attivamente anche negli anni Trenta.
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