Tecnica della doratura
Le origini della tecnica della doratura si perdono nella notte dei tempi. Vediamo insieme questa affascinante tecnica.
Introduzione
L’oro, per via della sua particolare lucentezza, è considerato (da sempre) il più prezioso dei metalli. Non solo. Proprio grazie al suo aspetto, è sempre stato simbolo di ricchezza, prestigio sociale o omaggio al divino.
Non è difficile immaginare come l’uomo sia arrivato a ricercare una tecnica per dare l’aspetto dorato e prezioso ai suoi manufatti realizzati con materiali a volte economici. La doratura, infatti, è una tecnica antichissima ideata per impreziosire oggetti di particolare valore simbolico o di pregio. Basti pensare al mobilio, alle cornici a oggetti di culto come le icone o libri dei amanuensi senza tralasciare applicazioni in ambito architettonico, come la doratura di stucchi e scagliole presenti nelle Chiese.
Esistono diversi metodi di doratura che si differenziano non solo per i materiali usati ma anche per il materiale che si vuole dorare o per la collocazione in ambiente interno a o esterno a cui è destinato l’oggetto dorato.
Sulla base di quanto detto, le tecniche di doratura maggiormente utilizzate sono: doratura a guazzo, doratura a missione, doratura a mecca doratura a vernice, e doratura a conchiglia. La doratura con polvere d’oro è un’applicazione specifica per decorare miniature, o libri.
Nell’accingersi alla tecnica della doratura ex-novo o al restauro di questa, non possiamo tralasciare l’approfondimento sul Laboratorio del doratore, che qui anticipiamo deve essere ben illuminato e privo di polvere. Non meno importante è l’approccio a questa attività che deve essere fatta con calma, rispettando i tempi richiesti, i metodi e le procedure per ottenere un risultato pienamente soddisfacente.
Vediamo ora di seguito una panoramica di queste tecniche per poi approfondirle singolarmente con articoli dedicati ad ogni singola tecnica. Non dimenticate di leggere Il laboratorio del doratore dove vengono illustrati strumenti e prodotti che non devono mancare,
Doratura a guazzo
La doratura a guazzo con foglia oro zecchino è il procedimento principe della tecnica della doratura che riguarda, tra l’altro, la doratura del legno; è di questo metodo che parleremo diffusamente.
La doratura a guazzo è uno dei metodi più antichi per l’applicazione della foglia oro zecchino, della foglia argento e – meno frequentemente – della foglia imitazione. Una tradizione secolare tramandata da artigiano ad artigiano l’ha portata fino ai nostri giorni sostanzialmente identica a come veniva realizzata alle origini dell’arte della doratura. Il suo nome, “guazzo”, deriva dall’utilizzo dell’acqua e dei suoi composti sia nella preparazione del fondo che nell’applicazione della foglia.
Si ricorre a questa tecnica soprattutto nel restauro della doratura, quando è necessario integrare parti mancanti o danneggiate di mobili, cornici e manufatti d’epoca. È particolarmente indicata anche per la realizzazione di repliche fedeli di oggetti antichi e per ottenere superfici molto lucide o con una decisa alternanza di aree lucide e opache tramite la brunitura.
La tecnica della doratura a guazzo non è semplice, anche se una volta imparata la teoria e fatta un po’ di pratica, sarà possibile eseguirla con discreti risultati.
Certo è, che per realizzare ottime dorature, sarà necessaria molta esperienza.
Questa tecnica, pur difficile per la delicatezza del procedimento, è estremamente affascinante. Richiede diverse fasi e possono passare giorni prima di vedere il lavoro ultimato, ma il risultato premia sicuramente la pazienza di chi si cimenta in quest’arte le cui origini si perdono nei secoli.
Il procedimento è rimasto uguale a se stesso fin dai tempi più remoti. L’ unico intervento della moderna tecnologia, riguarda la laminatura dell’oro, non più eseguita a mano dai “battiloro”, ma ottenuta industrialmente. Il metallo utilizzato è la foglia di oro zecchino e di conseguenza il costo risulta essere elevato; inoltre questa tecnica può essere applicata ai solo oggetti che saranno poi collocati in ambiente interno.
Doratura a missione
La doratura a missione è una tecnica molto più semplice da eseguire rispetto alla doratura a guazzo, e permette di applicare la foglia d’oro (vera o imitazione) su qualsiasi superficie non porosa (es. gesso, legno, metallo, pietra, vetro, plastica, etc.).
Nella tecnica a missione non è necessaria ne la preparazione del fondo con gesso di Bologna, ne la stesura di bolo.
La tecnica consiste essenzialmente nello stendere un liquido con potere adesivo sull’oggetto da dorare ed applicare poi la foglia d’oro. Questo liquido adesivo è chiamato missione (da cui il nome della tecnica).
Ci sono tre tipi di missione: missione all’acqua, missione all’alcool (solvente) e missione a vernice (oleosa).
- La missione all’acqua permette un’applicazione molto veloce, occorre attendere infatti solo pochi minuti (10-15 minuti) perché sviluppi il suo potere adesivo, inoltre, la missione all’acqua è indicata per la decorazione di superfici poste all’interno e a media porosità come legno, gesso, stucco, carta etc.
- La missione all’alcool è indicata per oggetti non porosi come plastica, vetro, metallo, destinati in ambiente interno. Dopo la stesura della missione, il tempo di attesa è intorno ai 30 min. ma come sempre occorre attenersi alle indicazioni del produttore.
- La missione a vernice necessita invece di un’attesa minima di 3 ore prima di essere adesiva, ma la brillantezza finale è maggiore, inoltre, è ideale per dorare superfici poste all’esterno ed estremamente compatte come metallo, marmo e vetro.
Può essere usata sia la foglia d’oro vera ma anche quella falsa che risulta essere chiaramente molto più economica, inoltre può essere applicata a materiali diversi dal legno purché compatti e lisci e posti all’esterno. La doratura a missione non può essere brunita, pertanto sarà meno brillante della doratura con tecnica a guazzo.
Doratura a vernice
La doratura a vernice consiste nell’utilizzo di un colore metallico o comunque di una vernice per dorare pronta all’uso al posto della foglia d’oro e può essere impiegata per dorare qualsiasi materiale (legno, metallo, carta, plastica, pietra, ceramica, vetro, gesso, ecc.).
La doratura con vernice è una tecnica che può essere conveniente, in alcuni casi, per la sua rapidità e praticità in quanto si stende semplicemente con un pennello. I risultati sono accettabili, ma non paragonabili alla doratura con foglia.
Doratura a mecca
La doratura a mecca consiste nel verniciare con speciale vernice (mecca) fogli di falso argento facendogli assumere l’aspetto di oro. Infatti anticamente, non essendo ancora stata inventata la foglia oro a imitazione, l’unica maniera per non spendere una esagerazione nelle dorature, era quella di argentare (all’epoca con argento vero, mentre oggi abbiamo a disposizione anche fogli di argento imitazione), trattando poi la superficie con una speciale vernice, detta appunto mecca, in modo che la foglia d’argento assumesse l’aspetto della più preziosa foglia d’oro.
La mecca è una vernice a base di alcool, gommalacca, resine naturali e ossidi, che dona all’argento in foglia varie tonalità di colore oro, secondo il dosaggio della vernice e dei diversi elementi cromatici della mecca.
La tecnica della doratura a mecca fu impiegata prevalentemente per gli oggetti meno pregiati o adoperati con frequenza (cornici, sedie e mobilio in genere, stucchi, etc.).
Doratura a conchiglia
La doratura a conchiglia si effettua con oro in polvere da 22 carati macinato in una granulometria molto fine e legato con gomma arabica.
Bagnato con acqua demineralizzata si stende con il pennello come un acquerello.
L’oro in conchiglia è ideale per la decorazione di icone, miniature e per effettuare ritocchi sulle dorature realizzate con oro in foglia da 22 carati.
Una volta asciutto può essere brunito con un brunitoio in pietra d’agata.
Doratura a spolvero
Per ritocchi molto piccoli o dorature di intarsi profondi la foglia può essere sostituita dall’utilizzo della polvere oro, preparata con l’ausilio di un apposito legante, o dell’oro in conchiglia, detto anche “oro godet”.
Dopo aver legato la polvere con la missione a vernice, la gommalacca decerata o la gomma arabica, procedere all’applicazione del composto sulla superficie utilizzando un pennello a setola morbida.
Come si distinguono le dorature
Le dorature a foglia oro vero e orone si distinguono per brillantezza di luce e per l’assenza d’ ossidazioni e trasparenza. Mi spiego: la doratura con l’oro vero , essendo stata eseguita con un metallo nobile, se ben conservata, non scurisce e mantiene la sua bellezza e luminosità anche a distanza di secoli; la doratura con l’orone, anche protetta da una buona vernice tende a scurire poco dopo l’applicazione.
La foglia d’oro che è molto più sottile di micron di quella falsa, è quasi “trasparente” e a volte si può individuare il colore del bolo sottostante, viceversa l’orone è più coprente.
Non ci sono metodi per distinguere le applicazioni a missione e a guazzo che, nei risultati sono simili. Anche qui subentra l’esperienza e la capacità di distinguere a vista . La doratura a guazzo, è spesso brunita per esaltarne la brillantezza creando alternanze di sfumature, a differenza di quella a missione che non può essere brunita.
Un modo leggermente invasivo per distinguere se a guazzo o missione è di passare con un cotton-fioc imbevuto in acqua (lievemente calda) un pezzettino di doratura in una parte nascosta. Se è a guazzo, dovrebbe sciogliere la colla sotto la sottile lamina e farla staccare. La missione che è in genere un mordente oleoso non è sensibile all’acqua.
Leggi gli altri articoli del Ciclo della doratura
- Tecnica della doratura
- Il Restauro della doratura
- Il laboratorio del doratore
- Doratura a guazzo
- Doratura a guazzo con foglie a imitazione
- Doratura a missione
- Doratura a mecca
- Doratura a vernice
- Doratura a pastiglia e a polvere
- Il ricettario del doratore
Schegge storiche
L’ oro è sempre stato simbolo di sfarzo e di prestigio sociale e, per questo, anche nei periodi economicamente più disagiati, rimane presente per distinguere il potere e la ricchezza di pochi.
La consuetudine di dorare arredi e suppellettili vigeva fin dai tempi più remoti, nelle civiltà mediterranee ed in particolare in Egitto.
Ai tempi dell’antica Roma documenti di Virtuvio e Plinio riportano la consuetudine di ricoprire l’oggetto con lamine d’oro abbastanza spesse, applicate mediante percussione.
Nel Medioevo, la produzione di oggetti dorati è solo appannaggio delle poche classi aristocratiche.
Durante la ripresa economica e culturale del Rinascimento anche la ricca borghesia può permettersi di commissionare oggetti dorati. Si va a costituire così una classe di artigiani che si dedicano esclusivamente alla doratura.
Documenti risalenti al 1550 (Giorgio Vasari, Le Vite deì più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a tempi nostri CAP. XXVIII) riportano una testimonianza sulla realizzazione della foglia d’oro ad opera dei battilori :
“…. fu bellissimo segreto ed investigazione sofistica il trovar modo che l’oro si battesse in fogli sì sottilmente, che per ogni migliaio di pezzi battuti, grandi un ottavo di braccio per ogni verso, bastasse, fra l’artificio e l’oro il valore di solo sei scudi….”.
Dallo stesso documento si verrà a sapere che anticamente le foglie per la doratura erano ricavate da monete d’oro, fornite dal committente, battute dagli artigiani “battilori”, i quali riuscivano a ottenere dai 6 agli 8 metri quadri di superficie di foglia da ogni moneta. E chiaro dunque che la ricchezza del committente incideva direttamente sul valore e la qualità del lavoro.
Il Vasari continua poi descrivendo la tecnica della doratura:
“Ma non fu punto meno ingegnosa cosa il trovar modo a poterlo talmente distendere sopra il gesso, che il legno od altro nascostovi sotto paresse tutto una massa d oro. Il che si fa in questa maniera: ingessasi il legno con gesso sottilissimo, impastato con la colla più tosto dolce che cruda, e vi si dà sopra grosso piú mani, secondo che il legno è lavorato bene o male. Inoltre, con la chiara dello ovo schietta, sbattuta sottilmente con l’acqua dentrovi, si tempera il bolo armeno, macinato ad acqua sottilissimamente; e si fa il primo acquidoso o vogliamo dirlo liquido e chiaro e l’altro appresso più corpulento. Poi si dà con esso almanco tre volte sopra il lavoro, sino che e lo pigli per tutto bene. E bagnando di mano in mano con un pennello dove è dato il bolo, vi si mette su l’oro in foglia, il quale subito si appicca a quel molle. E quando egli è soppasso, non secco, si brunisce con una zanna di cane o di lupo, sinché e diventi lustrante e bello.”
Poi il Vasari si addentra in altri tipi di dorature:
“Dorasi ancora in un’altra maniera, che si chiama a mordente, che si adopera ad ogni sorte di cose, pietre, legni, tele, metalli d’ogni spezie, drappi e corami; e non si brunisce come quel primo. Questo mordente, che è la maestra che lo tiene, si fa di colori seccaticci a olio di varie sorti e di olio cotto con la vernice dentrovi, e dassi in su il legno che ha avuto prima due mani di colla. E poi che il mordente è dato così, non mentre che egli è fresco, ma mezzo secco, vi si mette su l’oro in foglie.
Il medesimo si può fare ancora con l’orminiaco quando s ‘ha fretta, atteso che mentre si dà è buono; e questo serve più a fare selle, arabeschi et altri ornamenti. E se ne macina ancora di questi fogli in una tazza di vetro con un poco di mele e di gomma, che serve a miniatori et a infiniti, che col pennello si dilettano fare proffili e sottilissimi lumi nelle pitture. E tutti questi sono bellissimi segreti, ma per la copia di essi non se ne tiene molto conto.”