Cosiderazioni su Huni,Zurich e Max Osterode
a cura di Stefano Rogledi
Domanda
Egregio professor Rogledi,
un restauratore di pianoforti mi ha proposto due pianoforti: Huni,Zurich; Max Osterode, Stuttgart. Non avendo conoscenza delle due suddette marche mi chiedo se siano di buona qualità… Gli strumenti hanno entrambi un timbro molto caldo, a mio giudizio molto gradevole a sentirsi e sono, credo, della prima metà del novecento. Sono indeciso se acquistarne uno, mi propone un prezzo di circa tremila euro.
Grazie per l’attenzione, cordialmente
Francesco
Risposta
Gentilissimo Sig.Francesco,
le marche da lei citate sono state fondate nel 1820, ( Huni, Zurich) e 1899, (Max Osterrode, Frankfurt a. M.).
Otto Huni fu il capostipite di una lunga dinastia di costruttori di Pianoforti in Zurigo, l’ultimo discendente fu invece Carl Heinrich, attivo fino ai primi decenni 1900.
La ditta ha avuto innumerevoli ri-assetti societari, la produzione quindi è stata molto discontinua.
Si registrano anche diversi periodi di fermo della produzione, con conseguente chiusura e riapertura dell’attività sotto varie denominazioni; risulta pertanto impossibile catalogarne i numeri di matricola.
Per “Max Osterrode” non ho notizie di rilievo.
Riguardo al parere da lei gentilmente chiesto, non posso naturalmente determinare la bontà o meno dell’offerta fattale. Ogni strumento è storia a se. Le condizioni tecniche possono essere le più svariate. Non conoscendo la natura e la realizzazione del restauro effettuato (se ho ben compreso), posso solo tracciare linee generali, credo sempre utili.
Innanzitutto gli strumenti menzionati appartengono alla vasta produzione tedesca, che ha avuto (ed ha tuttora) punte di assoluta eccellenza, così come realizzazioni mediocri. Fatto naturale questo, in quanto l’elevato numero di fabbriche non è garanzia di omogeneità della produzione.
Per dare un giudizio qualitativo, dovrei ovviamente conoscere da vicino tali strumenti; certamente non sono marche fequentemente presenti sul mercato.
Se si trattasse di strumenti inizio secolo, un restauro ben fatto, nella stragrande maggioranza dei casi, dovrebbe prendere in considerazione questi aspetti:
-restauro e ottimizzazione della tavola armonica, (vero cuore del pianoforte)
-sostituzione integrale di corde (comprese quelle filate, dei bassi) e (con molta attenzione) caviglie.
-sostituzione integrale feltri smorzatori.
-accurata revisione generale della parte meccanica-tastiera.
-restauro, ritocco o lucidatura della verniciatura parte esterna (sempre a gommalacca per gli strumenti di inizio secolo)
Parametri fondamentali di un buon suono sono:
-chiara articolazione della gamma dinamica; dal pianissimo al fortissimo si deve cogliere un radicale o rilevante mutamento della composizione timbrica, dove al pianissimo corrisponde un timbro “scuro”, con pochi armonici superiori che compaiono con il crescendo, fino ad un fortissimo con un suono ricco, chiaro e “vivido”, mai spento e mai solo “forte”.
-coerente risposta dinamica (piano e forte) in funzione del tocco (suonando dal pianissimo al fortissimo, la gamma dinamica deve articolarsi correttamente).
Spesso, erroneamente, un orecchio non allenato, tende a catalogare un suono spento e povero di armonici con il termine “caldo”. Non di rado questi suoni li ritroviamo in strumenti datati, con tavole armoniche non ottimizzate, e quindi in cattive o compromesse condizioni vibratorie.
Certamente il calore timbrico è qualità sempre desiderabile e ricercata da costruttori e restauratori professionalmente preparati, ma non deve essere l’unica caratteristica di un timbro di pianoforte; il calore è fatto di contrasti dinamici Il piano e il forte appunto, ben differenziati tra loro anche timbricamente. Caratteristiche come l’asprezza e metallicità ovviamente sono da combattere.
Un attento esame visivo si deve prestare poi al somiere (parte che accoglie le caviglie di accordatura), se del tipo a vista. Se invece nascosto dalla piastra in ghisa il restauratore deve dichiararne le condizioni.
Quest’ultimo è un elemento fondamentale per la tenuta dell’accordatura.
Anche lo stato di corde e caviglie è facilmente visibile, non ci devono essere tracce di ossidazione o (peggio ancora) di ruggine.
Muovendo poi lateralmente i tasti non ci dovrebbero essere “giochi”.
L azionamento della meccanica deve risultare silenzioso. I martelli devono essere in buone condizioni, ben allineati, i componenti in feltro in buono stato, il tutto deve dare impressione di pulizia e ordine. Si deve, a tal proposito, sempre chiedere l’estrazione della parte meccanica-tastiera, onde poterne controllare le condizioni, (del resto un riparatore serio prova gratificazione nel mostrare al potenziale cliente il frutto del proprio lavoro), operazione quest’ultima semplicissima.
Secondo il mio parere (e mia consuetudine), tali strumenti devono essere sempre accompagnati da garanzia integrale e scritta, da un minimo di 5 fino a 10 anni per i restauri piu radicali.
La cifra di euro 3000 per un mezza-coda potrebbe essere interessante, con i presupposti elencati, garanzia integrale tassativamente inclusa. In ogni caso, riguardo all’acquisto di un pianoforte “anziano”, è sempre consigliabile procedere con oculatezza e cautela.
A queste condizioni, la voce di uno strumento “d epoca” regalerà ancora emozioni profonde, ricche di serenità e poesia.
Cordiali saluti,
Stefano Rogledi