Le resine naturali
Fonte: Liberamente tratto da “Le Antiche vernici per il legno – resine-oli-cere-pigmenti ” di Pierpaolo Masoni |
Le resine naturali sono sostanze di origine vegetale, fossile o, come nel caso della gommalacca, animale.
Quelle vegetali sono ottenute generalmente tramite incisione del tronco di un certo numero di piante; all’aria si condensano in masse di colore giallastro o brunastro, più o meno dure.
Quelle fossili, come l’ambra e le coppali di Zanzibar, del Monzambico, dell’Angola, di Loango, di Benguela vengono pescate dal mare o rinvenute sul terreno, o a qualche metro di profondità in pezzi di varia dimensione. Esse sono inizialmente formate da un olio essenziale più o meno volatile e da un corpo fisso: la resina vera e propria. Il composto volatile è di natura terpenica. La natura chimica della resina varia a seconda della provenienza e dell’epoca di raccolta. Capita addirittura che lo stesso albero fornisca resine di composizione assai diverse a seconda del clima nel quale vive.
La proprietà fondamentale delle resine nell’impiego nelle pitture e nelle vernici è la durezza, che varia molto a seconda del tipo. Altre caratteristiche importanti sono la trasparenza, il colore e la lucentezza.
Sotto il nome di COPPALI (o copali) vanno una serie di importanti resine quali, dalle più dure, le Zanzibar, le Monzambico e le Madagascar; meno dure sono le Angola, le Sierra Leone, le Benguela, le Congo e le Kauri; più tenere sono le Manila, le coppali del Borneo, della Guyana e della Cocincina. Fra le altre resine la più dura è la damar, seguita dalla gommalacca, la mastice, la sandracca, la colofonia, l’elemi e la pece di Borgogna.
Le resine rilevanti nel campo del restauro si riducono ad una ristretta cerchia.
La TREMENTINA è propriamente una olioresina. Essa scola da screpolature naturali della corteccia, o da incisioni praticate dall’uomo, di varie specie di conifere. In passato le trementine venivano classificate in due grandi categorie: le comuni o di pino e le trementine fini o balsami, estratte dal larice. Le più conosciute sono quella Veneta, di Strasburgo, di Bordeaux, di Jura e di Chio anticamente detta Therebinthos.
La trementina è una materia resinosa, attaccaticcia, giallastra, dal caratteristico odore e dal sapore amaro, acido e contemporaneamente aromatico. Viene usata per solubilizzare la maggior parte delle resine terpeniche, gli oli ed i sali metallici impiegati come siccativi. Da essa si estraggono l’acquaragia o essenza di trementina e la colofonia.
La COLOFONIA è il residuo secco della distillazione della trementina. Si tratta di una resina vetrosa, semitrasparente, fragile e friabile; il suo colore può andare dal giallo chiaro al nerastro.
A livello commerciale le varie qualità venivano catalogate in una rigida classificazione basata fondamentalmente sul colore, partendo da quelle più chiare, per arrivare a quelle più scure che in Francia andavano sotto il nome di brais.
Le colofonie erano senz’altro le resine più economiche e le più usate, benché dessero luogo a vernici di scarso pregio per la loro eccessiva fragilità e breve durabilità. Tali caratteristiche sono dovute sia alla loro eccessiva acidità, sia al loro basso punto di fusione.
L’AMBRA o SUCCINITE è una resina fossile prodotta dall’essudazione di alberi; tale essudato ha una struttura molecolare nella quale coesistono acidi, oli, alcoli e composti aromatici. Con l’evaporazione di quest’ultimi le catene molecolari incominciano ad allungarsi formando legami più solidi. Questa nuova struttura viene chiamata resina copale. Tale lento processo di polimerizzazione con l’evaporazione dei terpeni in condizioni anaerobiche prende il nome di amberizzazione. Nel giro di qualche milione di anni si sarà formato un vetro amorfo polimerizzato, con una durezza Mohs di 2-3. Tale resina, che da luogo a films brillanti e molto resistenti, viene estratta in varie zone (se ne trovava anche sull’Appennino Toscano), ma la più pregiata è senz’altro quella del Baltico.
Le COPALI, (il termine deriva da copalli, che in lingua Nhaulatl significa incenso) come già detto, sono il prodotto di essudazione di varie piante; in pratica sono delle ambre giovani e, quindi sono resine subfossili e, a seconda della provenienza, hanno caratteristiche diverse. Meno dure delle ambre, in passato spesso sono state confuse con esse, anche se ne sono facilmente distinguibili per il loro aspetto opaco e lattiginoso, e per la grande quantità di insetti che contengono. Vengono estratte in varie parti del mondo, in particolare Madagascar, Columbia, Messico. Sono state molto usate per la produzione di vernici a solvente.
La MASTICE, ottenuta per essudazione dalla pistachia lentiscus. Veniva prodotta nell’arcipelago greco, in Portogallo, in Marocco e nelle Canarie; la più nota era quella dell’isola di Chio.
Questa resina, che è stata molto usata come protettivo e legante in pittura, è solubile in etere, cloroformio, tetracloruro di carbonio, amil acetato, essenza di trementina, idrocarburi aromatici; è completamente insolubile in wite spirit. I films a base di mastice sono elastici, ma di durata limitata, sono sensibili ai raggi ultravioletti, per cui tendono col tempo ad ingiallire ed a diventare fragili. Per questi motivi veniva spesso utilizzata in soluzione con olio di lino, trementina e altre olioresine, come nel Megilp del quale si è già parlato.
La ELEMI: sotto tale denominazione venivano annoverate resine di varia provenienza, spesso dotate di caratteristiche molto diverse. In linea di massima si trattava di resine dalla consistenza simile al miele e colore che poteva andare dal grigiastro, al verde, al giallognolo. Essendo dotate di ottima resistenza all’umidità ed alle basse temperature, sono state molto usate nel nord Europa come protettivi e come plastificanti.
Mescolando la elemi con cera d’api, si ottiene una pasta consistente e plastica che in passato veniva usata per stuccature su legno e veniva chiamata cera resina.
La DAMMARA (o DAMAR dalla lingua malese), detta anche resina del Kauri, viene estratta da piante sia fossili che viventi nelle isole Malacche, a Sumatra e in Indonesia. Sotto tale denominazione andava anche una resina proveniente dall’Australia. Solubile in un miscuglio di alcol etilico ed etere, tende ad ingiallire col tempo. Veniva mescolata alle cere per encausto.
La SANDRACCA viene estratta da cipressacee, è solubile in alcol, etere, acetone.
Da un film duro e brillante ma fragile.
La GOMMA BENZOE (BENZOINO) viene estratta dallo styrax benzoino. Veniva usata per rifinire e dare ulteriore brillantezza nelle lucidature a tampone con gommalacca, da sola o mescolata con essa.
Come si può notare le resine non sono mai state classificate in modo preciso, né tantomeno con criteri chimico-fisici, ma, tuttalpiù, seguendo criteri commerciali o di utilizzo pratico. La ricerca su vecchi testi porta spesso all’acquisizione di notizie contraddittorie.
La GOMMALACCA è di origine animale. Essa viene ricavata da un piccolo insetto della famiglia delle coccidee parassita di piante del genere ficus indica, ficus religiosa ecc., la cui linfa fornisce all’insetto il nutrimento necessario alla produzione di un guscio protettivo di lacca. E’ interessante notare come quest’insetto produca contemporaneamente materie resinose, coroidi, albuminoidi, zucchero, una materia colorante solubile in acqua ed una solubile nell’alcol. Allorquando gli insetti hanno concluso il loro ciclo vitale, le incrostazioni di lacca vengono raschiate e raccolte, vengono fuse, lavate, seccate ed, infine, filtrate a caldo. I residui della filtrazione (kiri), opportunamente trattati con solventi, possono dare una gommalacca scadente, di colore molto più scuro.
La gommalacca è solubile in alcol e negli alcali, da films dotati di grande adesione, brillantezza, elasticità ed idrorepellenza (se stesa a stoppino).
Le sue proprietà termoplastiche venivano sfruttate dagli ebanisti per eseguire piccole stuccature prima della verniciatura. Queste qualità, unite ad una relativa facilità d’uso ed al suo costo molto contenuto, ne hanno fatto per tutto l’ottocento la resina per eccellenza nella verniciatura di mobili eleganti, soprattutto intarsiati ed impiallacciati.
Sovente veniva mescolata con colofonia o con orpimento (altrimenti detto giallo reale o giallo del re: solfuro di arsenico) per ravvivarne i riflessi giallo dorati. Può anche essere mescolata con altre resine quali la Sandracca, la Copale di Manila, la Elemi, la Dammar, la Mastice in lagrime, per aumentarne la brillantezza e la resistenza.