Generi pittorici
Tecnica a Tempera
Per tempera si intende quel genere pittorico che utilizza l’acqua per sciogliere i pigmenti composti da resine vegetali (terre naturali, pietre macerate) ed impiega varie sostanze come la colla di pesce,l albume d uovo, la gomma arabica, il lattice di fico per agglutinare, cioè per fare aderire il colore al supporto. La superficie destinata a ricevere lo strato pittorico può essere di natura diversa: carta, tela, pietra, metallo o legno sono i supporti sui quali si può dipingere ricorrendo all’uso della tempera. Il periodo di massima diffusione di questo genere pittorico è anteriore al diffondersi della tecnica della pittura ad olio legata all’uso della tela libera su telaio, affermatasi tra il Quattro e il Cinquecento: la tempera è quindi inizialmente la tecnica legata alla realizzazione dei dipinti su supporti lignei. Il legno utilizzato era prevalentemente il pioppo, proveniente dal Sud-Europa e la quercia del Nord-Europa: venivano comunque usati altri legni quali il noce, l’abete e il pino silvestre.
E possibile individuare tre grandi periodi nei modi d uso della tecnica della pittura a tempera, corrispondenti alle diverse esigenze che la resa dell’oggetto artistico ha avuto nel tempo:
•1° periodo: anteriore alle innovazioni dello scorcio del Duecento e degli inizi del Trecento, in cui la raffigurazione delle figure era resa per sovrapposizioni successive di colore.
•2° periodo: compreso fra il Trecento ed il primo Quattrocento, in cui l’uso del colore avveniva, sempre zona per zona, per graduato accostamento, e non per aggiunzione;
•3° periodo: seconda metà del Quattrocento: in questo periodo le figure e gli oggetti rappresentati nei dipinti venivano o indagati con molta minuzia e resi con il massimo di profondità e di spazio: la struttura portante di questo modo di operare è il disegno.
Tecnica ad olio
In questo genere pittorico la materia colorante è data dal pigmento e dall’olio (di lino, di noce, di papavero), che funge da elemento di coesione tra i colori stessi e il supporto pittorico: le resine, una volta macinate, venivano impastate con poco olio su una lastra di granito e lavorate fino ad eliminare da esse ogni residuo di untuosità. A caldo venivano quindi aggiunte a questo impasto essenze di resine dure che avevano lo scopo di dare maggiore trasparenza ai colori, i quali, rispetto a quelli a tempera, risultavano essere così molto più brillanti. La diffusione di questo genere fu possibile soprattutto grazie all’uso della tela, di lino o di canapa, il cui utilizzo si affermò nella prima metà del secolo XV nella regione dei Paesi Bassi.
In Italia le prime testimonianze si hanno a Venezia nella seconda metà del secolo XV, dove il procedimento fu favorevolmente accolto, sia perché la pittura su tavola era facilmente deteriorabile a causa del clima umido e della salsedine, sia perché permetteva di realizzare dipinti delle dimensioni desiderate.
L utilizzo di oli vegetali permetteva all’artista di trattare la materia pittorica in modo diverso, in quanto non solo veniva ad estendersi la gamma dei pigmenti utilizzabili ma aumentava anche la possibilità sia di intensificare i chiari e gli scuri, che di procedere nella lavorazione ponendo una maggiore attenzione al dettaglio.
I colori impastati con l’olio, seccandosi in tempi meno rapidi rispetto a quelli impastati con l’uovo, consentivano infatti all’artista di procedere più lentamente e quindi di essere più preciso nell’esecuzione.
La maggiore facilità di lavorazione della materia pittorica fu un modo per favorire la maggiore diffusione della pittura: il pittore infatti con la tela ed i colori aveva già tutto quanto gli occorreva per dipingere, fatto questo che gli consentiva di spostarsi con maggiore facilità, senza il seguito di una vera e propria officina.
L’Affresco
L’ affresco, che significa pittura a fresco, (cioè condotta su un supporto ancora umido), è una tecnica pittorica murale che si avvale del principio di fermare i pigmenti minerali o le terre sospesi in acqua nell’intonaco ancora umido, usando la carbonatazione della calce.
Ciò avviene per reazione chimica; infatti la calce presente nell’intonaco si combina con i gas carboniosi dell’aria e, trasformandosi in carbonato di calcio, dà vita ad una superficie capace di assorbire lo strato pittorico e di determinare il fissaggio al supporto.
Nella pittura a fresco, poiché l’intonaco assorbe immediatamente il colore, ogni fase della lavorazione deve essere prestabilita senza lasciare nulla all’improvvisazione, dal momento che i ristretti tempi di esecuzione richiedono un procedimento veloce, eseguito senza errori, anche perché non è possibile apportare alcuna correzione o ritocco, se non a secco, cioè a intonaco già asciugato, o rifacendo l’intonaco.
Di grande importanza nell’affresco è la preparazione della malta e dell’intonaco da stendere sul muro, il quale può essere di pietre o mattoni, ma mai misto e comunque deve necessariamente essere esente da tracce di umidità. Il rivestimento del muro avviene attraverso tre successivi momenti, a cui corrispondono la preparazione di altrettanti strati, il primo dei quali, il rinzaffo, preparato con uno strato di calcina grassa e sabbia, si presenta molto ruvido e grossolano. Sul rinzaffo viene successivamente disteso un secondo strato di intonaco più fino, detto arriccio per la superficie leggermente scabrosa ed arricciata che lo caratterizza: si tratta di uno strato ruvido, ma meno irregolare del primo. Sull’arriccio umido si applica quindi l’intonaco o tonachino destinato a ricevere il colore: questo strato finissimo, che si compone di sabbia fine, polvere di marmo e calce, andava tenuto umido per tutto il tempo della coloritura.
Questa tecnica variava secondo le epoche e i luoghi.
In Italia da una fase antica a pontate, in cui l’intonaco e il colore venivano dati rapidamente per zone secondo l’andamento orizzontale del ponteggio, si passò nel Due-Trecento alla lavorazione a giornata, in cui l’intonaco veniva steso e lavorato giorno per giorno.
Nel Quattrocento la rappresentazione prospettica portò a sostituire questa tecnica con quella del cartone con lo spolvero e successivamente con l’utilizzo del solo cartone con il calco delle figure.
Verso la fine del Quattrocento allo spolvero si sostituì l’uso del solo cartone che veniva poggiato sull’intonaco fresco: in questo caso l’artista procedeva con una punta, a calcare le figure, delimitando quindi le parti da affrescare.
Nel Cinquecento la novità fu data dalla ricerca di esiti più vibranti e pastosi nella materia di superfice, per cui all’intonaco fine, che crea
una chiara compattezza, si sostituì un intonaco granuloso o ruvido.
La tecnica della pittura a fresco, pur non prevedendo l’uso dei colori fissati a secco, ha visto in tutte le epoche l’abitudine di correggere il dipinto con colori a calce o tempera.
La pittura a tempera sul muro secco consentiva numerosi vantaggi quali l’uso di un ampia gamma di colori, la verifica immediata dell’esito o tono del colore, che non era possibile nell’affresco poiché i colori, asciugandosi, cambiavano di tono e la possibilità di apporre correzioni coprendo o raschiando il colore, visto che non veniva assorbito dall’intonaco. Mentre i colori a fresco, proprio perché assorbiti all’intonaco, avevano una notevole resistenza, la pittura applicata a secco si deperiva velocemente.
Il murale si differenzia dal graffito sia per la sua storia che per le sue tecniche di realizzazione.
Il modello di riferimento e il Muralismo Messicano nato intorno agli anni venti come espressione di quelli che erano gli ideali circa la politica, l’arte e il ruolo svolto dalla cultura.
I “tre grandi” furono Rivera, Orozco e Siqueiros i quali credevano in un arte collettiva che potesse essere goduta da larghi strati di società trovandosi quindi in luoghi pubblici di larga frequentazione.
I temi principali riguardano la narrazione del mondo precolombiano e delle sue tradizioni, che non bisognava dimenticare, e il periodo che va dalla conquista spagnola fino all’avvio dell’epoca moderna, culminata nella rivoluzione del 1910.
Oggi la critica ha messo in risalto sia la grandezza, sia le incongruenze esistenti all’interno del muralismo; bisogna inoltre considerare il clima del momento, il fervore politico nel quale vivevano gli artisti che inaugurarono la grande stagione murale nel 1922.
Negli anni 70 i murales sono stati usati in Cile come forma di comunicazione per spiegare alla popolazione, in gran parte analfabeta, i contenuti della lotta contro l’oppressione. La pittura sui muri era una forma di espressione molto diffusa in Cile durante il governo di Salvador Allende.
In molte altre parti del mondo i murales sono diffusi come forma spontanea e collettiva di espressione artistica. Le tecniche utilizzate dai muralisti messicani erano inizialmente quelle antiche dell’affresco e dell’encausto. Poi Siqueiros sperimento nuovi sistemi di colorazione, usando vernici e strumenti industriali.
Comincio cosi a utilizzare la pistola a spruzzo e l’aerografo con vernice per auto (ossido di pirossellina) e resine sintetiche a rapida essiccazione, resistenti agli agenti atmosferici (ideali quindi per murales esterni).
I Murales
I murales di oggi non hanno la stessa funzione di quelli messicani o di quelli cileni, ma vengono disegnati per attirare l’attenzione della gente.
Secondo il critico Mark Treib, in America si possono distinguere due scuole, che differiscono tra loro per stile e contenuto, e che sono rappresentate dalle contrapposte culture della West’Coast’e della East’Coast, con Los Angeles e New York come principali punti di riferimento. Sono noti i muri iperrealisti di Los Angeles, alcuni gruppi di lavoro intraprendono progetti con la tecnica dei “trompe l’oeil”, provocando sconcertanti illusioni ottiche.
I gruppi più famosi di artisti che disegnano murales, sono il Fine Heart Squad in Inghilterra e il City Walls Inc. negli Stati Uniti.
Il Pastello
Il pastello, il cui significato originario rimanda ad un materiale morbido al quale si può dare una forma particolare, è un tipo di pittura che non si avvale di nessun connettivo per fare aderire il disegno allo strato pittorico.
Si tratta quindi di una varietà del disegno a matita, che si ottiene impastando polveri colorate con acqua resa agglutinante da leggere soluzioni di gomma arabica, di sapone di Marsiglia, di decotto di orzo o di lino: una volta ottenuto, l’impasto viene modellato e ridotto in bastoncini colorati, che vengono lasciati essiccare. I pastelli possono presentarsi in tre diverse gradazioni di impasto, morbido, semiduro e duro, determinate dalla maggiore o minore presenza nell’impasto di grassi o componenti cerose.
La maggiore o minore intensità di colore è invece determinata dalla quantità di pigmento diluito nelle sostanze agglutinanti di cui si è fatto uso: per ottenere tinte chiare si aggiunge al colore base argilla bianca, graffite o polvere nera per le tinte scure e bolo armeno per quelle rosse. La tecnica del pastello era molto diffusa già dal secolo XV, ed era usata soprattutto per l’esecuzione dei ritratti.
L’Acquerello
Per acquerello si intende una pittura ad acqua, in cui i pigmenti colorati, finemente macinati, vengono impastati con gomma arabica, cioè con resina d acacia diluita in acqua pura o distillata, integrata, talvolta, con l’aggiunta di piccole parti di miele, zucchero o glicerina e stesi, solitamente, su un supporto di carta.
La caratteristica propria dell’acquerello è data dal fatto che tanto più gli strati di colore, stesi a velature, risultano acquosi e leggeri, tanto più contribuiscono a rendere trasparente il soggetto raffigurato. Nella tecnica dell’acquerello i toni chiari e le luminosità più intense si ottengono, per trasparenza, mettendo in evidenza il bianco e il chiaro del supporto pittorico che può essere di carta, ma anche di pergamena, di porcellana e vetro: nel caso della carta è preferibile ricorrere all’uso di una carta che non ingiallisca e non spenga i colori.
Il termine acquerello, già in uso alla fine del secolo XIV, indicava in origine un procedimento di ombreggiatura di schizzi, disegni o bozzetti, anche a soggetto architettonico: il dipingere con colore steso a velature in soluzioni acquose serviva infatti per donare ai dipinti una particolare tonalità, per valutare l’esito cromatico nei disegni preparatori, per tinteggiare i disegni d architettura e per illustrare opere a carattere botanico o zoologico.
Fino al primo Settecento comunque non si può parlare di acquerello come di una forma artistica propria ed autonoma, nonostante i diversi modi di impiego sopra ricordati: la maggiore immediatezza dell’esecuzione determinò la diffusione di questa tecnica a partire dalla seconda metà secolo XVIII
in Inghilterra, paese nel quale maggiormente si affermarono le idee sensistiche, cioè le idee legate a quella dotrina filosofica secondo la quale tutte le conoscenze si riducono a sensazioni.
A determinare la fortuna dell’acquerello fu, alla fine del Settecento, oltre all’immediatezza dell’esecuzione, anche la moda di decorare mobili, paraventi od oggetti di uso quasi quotidiano ed il diffondersi della pittura, e quindi dell’esercizio dell’acquerello, nell’educazione delle ragazze appartenenti ai ceti borghesi.