La storia di Anzola
Intorno al 1200 a.C., gli abitanti delle terremare abbandonarono lentamente le nostre zone, forse in seguito a qualche mutamento geologico avvenuto altrove che rese inospitale il territorio e lo trasformò in una zona semi-paludosa fino agli anni dell’occupazione romana. E i recenti ritrovamenti archeologici ci dicono che non vi furono successivi insediamenti significativi, o di una certa consistenza, relativi alla civiltà villanoviana (età del Ferro, IX secolo a.C. circa) o a quella degli etruschi.
Anzola Emilia: la Storia
Fonte: Gruppo di ricerca storico-archeologica del Centro Culturale Anzolese
Il Periodo Romano
La costruzione della Via Emilia, La centuriazione del territorio, gli insediamenti abitativi
Intorno al 1200 a.C., gli abitanti delle terremare abbandonarono lentamente le nostre zone, forse in seguito a qualche mutamento geologico avvenuto altrove che rese inospitale il territorio e lo trasformò in una zona semi-paludosa fino agli anni dell’occupazione romana. E i recenti ritrovamenti archeologici ci dicono che non vi furono successivi insediamenti significativi, o di una certa consistenza, relativi alla civiltà villanoviana (età del Ferro, IX secolo a.C. circa) o a quella degli etruschi.
E solo con la romanizzazione del territorio padano che avvengono anche ad Anzola i primi sostanziali cambiamenti territoriali e sociali, poiché dopo la fondazione della colonia chiamata Ariminum (Rimini), avvenuta nel 268 a.C. e trasformata nel punto di arrivo dell’antica via Flaminia (fatta costruire dal censore Gaio Flaminio nel 220 a.C. collegando Roma a Rimini), l’espansionismo romano si volse verso il nord fondando Placentia (Piacenza) e Cremona (anno 190 a.C.), poste a controllo dei guadi più importanti sul fiume Po. |
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Fig. 6: Pietre miliari |
Il miliario più piccolo ha incisa la distanza da Roma (pari a 268 miglia) e il nome di Marco Emilio Lepido, e quello più grande (ritrovato nei pressi del fiume Reno) riporta una lunga iscrizione che ricorda il riassetto della via consolare da Rimini al fiume Trebbia, avvenuta nell’anno 2 a.C.
L’ espansionismo romano non portò sulle nostre terre solo la dominazione militare, ma impose un riassetto del territorio che interessò in modo principale le campagne e le terre abbandonate e incolte.
Il disegno attuato fu quello di organizzare lo sfruttamento agricolo delle campagne per fornire autosufficienza a queste ultime e a creare risorse per le città, mentre queste ultime divennero dei grandi centri di servizi per il contado.
Il metodo impiegato fu quello, già adottato con successo altrove, della centuriazione, che consisteva nella divisione dei terreni mediante un reticolo ortogonale (detto limites) che creava una maglia quadrata di circa 710 metri per lato. Le aree venivano ulteriormente suddivise in parcelle da circa 2 jugeri l’una ed assegnate alle famiglie coloniche per lo sfruttamento agricolo. E chiaro che le zone principalmente interessate furono quelle adiacenti alla via Emilia, e le tracce dell’antico reticolo romano sono ancora oggi visibili in molte divisioni poderali anzolesi.
Soggetti privilegiati di queste assegnazioni di terreni furono i legionari veterani, che dopo vent anni di servizio avevano diritto a un lotto coltivabile.
Nell’ immagine sotto sono indicate le tracce della presenza romana nella zona dell’odierna via Terremare, e in particolare nell’area che oggi costituisce il parcheggio del supermercato Coop.
Nella zona già interessata dagli scavi archeologici sono state ritrovate le tracce di un fossato romano contenente materiali di quel periodo, così come sono riaffiorati i resti di due pavimenti in opus signinum (una specie di palladiana dell’epoca) nel terreno oggi occupato dal giardino pubblico A.Fantazzini . La campagna di scavi ha inoltre riportato alla luce un pozzo con un piano di frammenti di laterizi (fra le ultime abitazioni e l’ argine del torrente Martignone) e un cumulo di laterizi di copertura (coppi e tegole), identificati come ciò che restava dal probabile crollo di un abitazione strutturata in legno. A puro titolo di curiosità, indichiamo che l’ attuale fonte battesimale della chiesa parrocchiale del capoluogo pare non sia nato come tale, ma adattato a questa funzione da un reperto artistico molto antico, forse risalente al periodo tardo-romano. |
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Fig. 7: Tracce della presenza romana |