Arte e Restauro dei Tessuti
Storia della moda e della sartoria
Se è vero, come afferma il vecchio proverbio, che: l’abito non fa il monaco, è anche pacifico che oggi, come nei secoli passati, l’abito che indossiamo parla di noi. Superata ormai da molti secoli l’esigenza principale di coprire le nudità e di difendersi dal freddo (e in qualche caso dal sole), l’abito, e più in generale l’abbigliamento, ha sempre avuto una forza semantica così spiccata da poter essere assunto a strumento della comunicazione, da entrare tra gli elementi del linguaggio umano, da costituire un segno immediatamente riconoscibile, un evidenza chiara e inequivocabile: con l’abito l’uomo ha dimostrato il proprio potere, la propria condizione sociale, l’appartenenza ad un gruppo, ad una casata, ad un ordine; con l’abito riusciamo a stupire e a sedurre, raccontiamo perfino il nostro stato d animo, la propensione a sentirci in sintonia con il resto del mondo oppure a lanciare un messaggio di chiusura.
In tutte le società, fin dai tempi più antichi, la lavorazione dei tessuti e la confezione degli abiti ha costituito un momento importante per l’economia dell’intera comunità: affidata tradizionalmente alla donna e circoscritta all’economia domestica, la sartoria, ha subito profonde trasformazioni con la fine del medioevo.
Uscita decisamente dall’ambito domestico, la sartoria ha avuto un grande sviluppo negli ultimi quattro secoli ed è entrata, a pieno titolo, tra quelle forme di artigianato che definiamo artistico e tra quelli che, con espressione europea, chiamiamo i mestieri d arte. E significativo che un importante artista del nostro Rinascimento, come Giovan Battista Moroni, abbia raffigurato, in una delle sue opere più riuscite, proprio un sarto nel suo atelier. Per alcuni secoli la sartoria era stata appannaggio maschile, sino a quando la pudibonda madame de Maintenon ottenne da Luigi XIV di Francia la decisione di affidare l’abbigliamento femminile solo alle donne, perché non era decente che le mani degli uomini sfiorassero il corpo delle donne, che agli occhi maschili fossero svelate le più segrete intimità . Per qualche anno, a Parigi, furono le donne ad occuparsi della moda ma ben presto i sarti ripreso lo scettro abbandonato, regnando per tutto il diciannovesimo secolo.
Solo nel Novecento le donne riconquistarono il diritto di creare la moda e dimostrarono che, anche in questo campo, il ventesimo secolo è il secolo delle donne. L esempio più conosciuto di questo nuova tendenza è quello di Gabrielle Chanel, conosciuta come Coco Chanel, già infermiera nell’ospedale di Deauville durante la guerra 1915-18, aprì un laboratorio di sartoria.
Camicia con merletti, giacca in raso e tabarro in velluto nel dipinto di Alessandro Longhi della fine del Settecento, Abano Terme, Pinacoteca Civica | Abiti veneziani del primo Settecento: camisuola e velada in primo piano, ampio tabarro in secondo | Giovan Battista Moroni, Il sarto, 1570, National Gallery, London
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Una delle prime sfilate di moda milanesi che si tenevano all’interno della Fiera Campionaria |
Fin dal Rinascimento la sartoria italiana ha avuto un indiscusso primato in tutto il mondo, anche se, per varie ragioni, Parigi nel Settecento nell’Ottocento, e Londra nell’Ottocento, hanno conteso, con certo successo, questo primato italiano. Per secoli la moda è stata guidata dal gusto, dall’inventiva, dalla creatività, dalla pazienza e dall’abilità dei nostri sarti e questa tradizione ha resistito alla minaccia più forte: quella della moda pronta.
Fino alla metà dell’Ottocento esisteva solo la sartoria artigianale o quella domestica che confezionava gli abiti su ordinazione e su misura ed era impensabile abbigliarsi con vestiti già confezionati. E stata la rivoluzione industriale e l’esigenza di vestire in modo uniforme (l uniforme, appunto) grandi masse di soldati, ad introdurre il concetto di moda pronta e l’idea di confezionare i vestiti con delle taglie già pre-definite.
Mentre per secoli l’artigiano aveva prodotto vestiti che erano già venduti o comunque prossimi ad esserlo, l’industria, al contrario, produceva grandi masse di vestiti in diverse taglie e si trovava nella successiva necessità di vendere in prodotto che doveva essere, a quel punto, debitamente pubblicizzato: la rivoluzione industriale e la società dei consumi hanno imposto questi nuovi costumi. Si calcola che oggi quasi la metà di tutta la comunicazione pubblicitaria sia dedicata all’abbigliamento. Anche la sartoria, e soprattutto i grandi atelier, si trovarono nella necessità di far conoscere i loro nuovi modelli attraverso le sfilate di moda, i concorsi, la mostre. ecc..