Arte e Restauro del Cuoio
Il cuoio artistico in Veneto
Nella Serenissima Repubblica Veneta Padova ebbe un ruolo importante nella lavorazione del cuoio, un attività artigianale che precedette e sicuramente influenzò i due attuali distretti veneti di questo settore: le concerie del vicentino e la lavorazione delle calzature lungo la riviera del Brenta.
A Padova, l’attuale Piazzetta Conciapelli, con i suoi grattaceli non ci da neanche la più pallida idea del fervore artigianale che in quest’angolo di città, prossimo a Ponte Molino e al Piovego, la via d acqua che portava a Venezia, animava le botteghe di conciapelli e di calegheri i fabbricanti di scarpe che predavano il loro nome dal latino. Per fortuna, ancor oggi, il nome Conciapelli testimonia un attività che si è poi spostata lungo l’asse Padova – Venezia e ha dato luogo alla specializzazione nel settore della fabbricazione di scarpe. Già nell’Ottocento, tuttavia, questo quartiere di Padova era degradato e vi si erano installati dei bordelli più economici che puliti. |
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Legatura policroma, con fregi in oro e smalti, Veneto, XVII secolo |
Se Padova era il distretto nel quale si confezionavano i cuoi e le scarpe, era sicuramente la capitale Venezia (che aveva vietato lavorazioni pericolose e nocive in città), il luogo dove i cuoi venivano rifiniti, decorati e dove si confezionavano gli oggetti di lusso: borsette, scarpe da donna, maschere, e famosi cuoi d’ oro.
Era questa una lavorazione che era stata importata a Venezia dall’Oriente, fin dai primi secoli della Repubblica Veneta. I Turchi, gli Arabi e soprattutto gli Arabi della Spagna eccellevano in questa forma di lavorazione artistica del cuoio che consisteva nel trasferire una foglia d oro sulla pelle debitamente trattata, secondo un disegno prestabilito. La pelle veniva quindi incisa, sbalzata o pirografata e intarsiata. Come sappiamo, il divieto della religione mussulmana di riprodurre il corpo umano e talora anche le piante e gli animali, aveva portato questi popoli a sviluppare una raffinata tecnica di decorazione che utilizzava degli elementi molto stilizzati che venivano ripetuti e combinati tra loro nelle forme più fantasiose e con effetti estetici di grande bellezza. |
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Splendido esempio di calligrafie e di miniatura su pergamena, Padova, Biblioteca Capitolare, 1509 |
Anche nella Repubblica Veneta si sviluppò questo tipo di artigianato che oggi è stato, purtroppo perduto. I cuoi d oro e i cuoi sbalzati venivano usati per borse, scatole, piccoli mobili come stipetti, tabernacoli, e come rivestimento di pareti. Naturalmente era un lusso che solo pochi potevano permettersi e solo i palazzi più importanti avevano tappezzeria in cuoio lavorato. Un bell’esempio di cuoio sbalzato si trova in Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio Regionale del Veneto, precisamente nella Sala Cuoi, anticamera della Sala del Presidente, al piano nobile del palazzo. Anche il teatro La Fenice aveva tappezzerie in cuoio lavorato.
Il più bell’esempio veneto di cuoi d oro pare non trovarsi a Venezia, ma in terraferma a Treviso, presso la Cappella dei Rettori del Monte di Pietà, oggi della Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana. Le pareti interne sono interamente coperte da una tappezzeria in cuoio d oro di grande preziosità e di estrema bellezza. Quello che stupisce è anche la perfetta conservazione di questi cuoi che furono realizzati intorno alla metà del XVII secolo. Treviso è una bella città e racchiude molti tesori ma una visita alla città vale solo per questa autentica rarità. |
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Legature settecentesche in marocchino, di area padovana |
Una lavorazione artistica del cuoio tipica del Veneto, è la fabbricazione di maschere in cuoio. Le maschere vengono fatte con i materiali più diversi: dal legno alla cartapesta, dalla ceramica al vetro. La vera maschera teatrale veneta, tuttavia, è realizzata in cuoio perché questo materiale è leggero, lascia traspirare ed è l’unico che si presta ad essere indossato per diverse ore, come fanno gli attori in scena.
La Commedia dell’Arte elaborò ed utilizzò molte maschere e Venezia, con il suo famoso carnevale fu un punto di grande produzione di maschere. Con la fine della commedia dell’arte, la tecnica della maschera di cuoio e in cartapesta si era quasi del tutto persa ed è stata ripresa, ad alti livelli, nel secolo scorso soprattutto per opera di Amleto Sartori, un artista padovano che è stato chiamato non solo da alcuni grandi teatri di prosa italiani, come il Piccolo di Milano, per costruire maschere di scena, ma anche da registi di tutta Europa, e tra questi, dal grande Jaques Lecoq e da Jean Lois Barrault a Parigi. |
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Legatura “alle armi” in pelle bazzana chiara, Veneto, inizi XIX sec |
Il figlio di Amleto, Donato Sartori ha fondato il Centro maschere e strutture gestuali che ha sede ad Abano Terme, dove è allestito un Museo della Maschera.
Bibliografia “Il Cuoio”
A. Adversi, Storia del libro, Bologna 1963
G. Baldissin Molli, Botteghe artigiane dal Medioevo all’età moderna, Padova 2000
A. Boekholt, Lavorare il cuoio, Milano 1978
G. Bologna, Manoscritti e miniature. Il libro prima di Gutemberg, Milano 1988
A. Manno, I mestieri di Venezia, storia, arte e devozione delle corporazioni dal XIII al XVIII secolo, Cittadella, (Padova ) 1997
G.L. Colombini, La rilegatura del Libro, Torino 1942
P. Colombo, La Legatura artistica, Roma 1952
G.G. Giannini, Il legatore di libri, Milano 1970
Maschere e mascheramento, i Sartori tra arte e teatro, Padova 1996
G. Zigaina, Manuale di bibliofilia, Milano 1988