Creare effetti pittorici nell’intarsio
Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari
In questo capitolo verranno definite le tecniche e gli effetti che si possono ottenere mediante incisione, ombreggiatura, coloritura e sistemi diversi per creare effetti simili all’arte pittorica applicate alla tarsia.
La tecnica dell’incisione dei particolari: Questo tipo di tecnica è usata sovente per rifinire le tarsie. Si può arrivare con l’incisione a risultati eccezionali dando un aspetto pittorico all’intarsio, evidenziando se necessita, le parti in ombra, come si fa comunemente per un disegno. Gli strumenti usati per l’incisione possono essere di vario tipo e cambiano, a secondo dell’effetto che si vuole raggiungere. E opportuno aprire una parentesi per specificare che l’intarsiatore è anche di regola un buon intagliatore del legno; voglio sottolineare questo connubio di tecniche, perché gli utensili impiegati hanno uno stretto rapporto di applicazione. Infatti gli intarsiatori specie quelli del XV secolo, usavano per incidere le tessere incrostate con sgorbie o cantoni di vario tipo e dimensione, per poi stuccare le rigature, con composti di stucco nero.
La tecnica dell’incisione si può ottenere anche con ferri taglienti, sagomati al caso, o si possono adoperare anche utensili come il bulino che è un arnese utilizzato comunemente dagli incisori di metalli.
Devo fare una osservazione sull’uso di questo strumento. Il bulino, anche se è uno strumento tagliente, deve essere usato solamente su legni o essenze molto dure, tipo il bosso o avorio, per poter ottenere un buon risultato.
La rigatura esercitata su legni teneri risulterà sgranata, in quanto l’utensile non sarà abbastanza tagliente per tipi di legno tenero. Altra tecnica d incisione per la tarsia si può ottenere mediante la pirografia, che consiste nell’arroventare un ferro che, a secondo del suo profilo, lascerà inciso nel legno la sua sagoma.
La colorazione dei legni: L arte di colorire il legno risale ad un tempo molto lontano, infatti si ritiene che essa fosse conosciuta dagli Egiziani ed anche dai Persiani. Con la nascita della tarsia pittorica, l’uso della tintura venne rivalutata dagli intarsiatori rinascimentali per rendere le tarsie più vicine all’effetto pittorico. La coloritura si otteneva facendo bollire le tessere che componevano la tarsia in speciali composizioni colorate. Questo procedimento fu sviluppato dai maestri intarsiatori rinascimentali, che arrivarono a risultati eccezionali. Sicuramente il maestro più noto rimane fra Giovanni da Verona indicato da Vasari ne Le vite quale inventore della tintura dei legni.
Il Vasari scrisse: “… fra Giovanni Veronese, che in esse (le tarsie) fece gran frutto, largamente le migliorò, dando vari colori a legni con acque e con olii penetrativi, per avere di legname i chiari e gli scuri variati diversamente, come nell’arte della pittura . Questa interpretazione del Vasari è sicuramente erronea , in quanto furono i Canozi da Lendinara a riprendere per primi questa tecnica usandola per gli intarsi del coro della Basilica di S. Antonio a Padova nel 1462.
Purtroppo ricettari dei componenti delle soluzioni usate per le tinture non ci sono pervenute e quindi resta difficile decifrare quali sostanze usassero gli intarsiatori rinascimentali. Sicuramente adoperavano vari prodotti vegetali o sostanze come gli arsenici insieme a solfuro di ferro o rame che, combinati fra di loro reagivano dando origine alle colorazioni volute, ma che si ignora la loro composizione. Le prime ricette descritte si hanno a partire Solo dal 1701, un certo Plumier di Lione pubblicò un libro intorno (all’arte del tornitore) nel quale citò una formula per colorire il legno in nero” .
Da questo periodo in poi uscirono numerose pubblicazioni e ricettari di come si ottenevano le varie colorazioni.
I colori ad essere imitati maggiormente sono il verde, nero, blu, arancioni o tinture di tonalità accese che in natura il legno non possiede. Nel rinascimento, il colore più usato è il verde. Per ottenere tale colorazione si possono usare diversi sistemi che variano a seconda se vogliamo una tintura integrale dell’essenza o solamente una colorazione superficiale del legno.
Se vogliamo adoperare prodotti naturali per agire in profondità potremo usare questa ricetta per ottenere la colorazione verde: “Si fanno bollire assieme per una mezz ora circa le seguenti sostanze: verderame gr.30, aceto gr. 100, solfato di ferro gr.15, acqua litri 1” .
Per la ricetta menzionata sarà opportuno tagliare a listre la tavola prima di immergere nell’infuso il legno, lasciandolo immerso nella soluzione riscaldata (non continuamente) per 5 o 6 giorni, controllando di tanto in tanto, tagliando una piccola parte di listra dove si potrà constatare a che punto la colorazione è arrivata.
Non starò ad elencare le varie ricette per ottenere le colorazioni di tutti i tipi di tinture, anche perché ci sono dei manuali reperibili nelle librerie specializzateche sviluppano la materia in maniera dettagliata.
La quercia annegata: Un sistema di coloritura che si può definire più correttamente una reazione chimica, riguarda il procedimento per ottenere la quercia annegata, che è stata impiegata per i lavori eseguiti per la descrizione della tecnica certosina e pittorica prospettica. Fino alla metà del cinquecento in Italia era sconosciuto l’ebano, legno come noto di colore nero.
Si adoperava per ovviare a questo colore la quercia annegata che si trovava naturalmente nelle rive dei fiumi da tronchi di quercia rimasti sotto il fango. Questo tipo di legno era molto raro da trovare nell’antichità, adesso è quasi impossibile reperirlo.
Per ottenere un risultato analogo, uso della quercia e la annego in un recipiente contenente ammoniaca, coprendolo con della plastica, che mi terrà chiuso il recipiente; Per fare questa operazione è bene munirsi di una buona maschera e di occhiali , che ci proteggeranno dalle esalazioni dell’ammoniaca. Più passaggi di ammoniaca facciamo, più la quercia diventerà nera; dopo alcuni giorni la toglieremo e la lasceremo asciugare.
Tale reazione si ha perché l’ ammoniaca reagisce con il tannino del legno, prendendo la colorazione nera; è bene specificare che non tutti i tipi di legno posseggono il tannino, i legni conosciuti maggiormente che hanno questa sostanza sono il castagno, la quercia il noce il rovere, quindi sarà inutile immergere in ammoniaca essenze come, ad esempio l’acero, priva di tannino, perché tale legno non diventerà mai nero.
La colorazione con l’acquerello: Altro tipo di tecnica di colorazione fu usata mirabilmente, nel periodo della metà dell’ottocento in Italia meridionale a Sorrento. Fu Utilizzato dell’acquerello, insieme a ritocchi graffiati con il bulino o disegnati con il pennino a china sull’essenza legnosa .
Queste combinazioni di tecniche caratterizzarono questo tipo di tarsia che prese il nome di Sorrentina .
La coloritura con l’ acquerelli di zone ampie come ad esempio una chioma di un albero o di un ombra sarà opportuno eseguirla prima della lucidatura.
Se vorremo tentare di disegnare particolari come volti o fronde di alberi, con il pennino a china, sarà opportuno disegnare la tarsia dopo una prima lucidatura per avere il supporto in grado di recepire al meglio e con freschezza di esecuzione i particolari, senza le sgranature che si verificherebbero inevitabilmente con l’essenza non trattata.
Chine ed acquerelli si reperiscono semplicemente in commercio.
Chiaro scuro a caldo o Ombreggiatura della tarsia: La tecnica per ottenere effetti chiaroscurali, o dare rotondità alle figure, sta nell’ombreggiare le tessere, con le seguenti tecniche:
il sistema più antico era quello di arroventare un ferro e passarlo dove si voleva ottenere l’effetto del chiaroscuro.
Un altra tecnica consiste quella di usare della sabbia del mare e collocarla in un recipiente apposito e scaldarla usando un fornello azionato a gas.
Quando la sabbia avrà raggiunto la temperatura desiderata, (che verrà valutata immergendo prima una tessera di scarto per verificare l’effetto che vogliamo ottenere), passeremo ad ombreggiare le tessere della tarsia.
Con questo tipo di tecnica riusciremo a dare alla tarsia un risultato molto bello ed una sfumatura graduata.
Gli utensili che occorrono, per l’ombreggiatura, con sabbia, non sono molti.Uso comunemente, per questa operazione, delle pinze che mi servono per immergere le tessere di legno nella sabbia, oppure un cucchiaio che adopero per contenere e deporre la sabbia rovente, qualora vorrò ombreggiare le tessere nella parte concava.
L operazione necessita di molta pazienza stando sempre attenti a non tenere la tessera a lungo immersa nella sabbia arroventata, toglierla di tanto in tanto, per vedere a che punto è arrivata l’ombreggiatura. L operazione avrà fine, quando avremo avuto l’effetto desiderato.
Un buon consiglio è di non ombreggiare molto le tessere di stare leggeri con questa tecnica per non rendere pesante e confusa la tarsia.
Può essere superfluo ombreggiare delle figure geometriche o solidi, tipo cubi o prismi, l’ombreggiatura in questi casi risulterebbe non appropriata, perché si può dare l’effetto tridimensionale usando i colori naturali dei legni . Sarà adoperata invece in figure floreali, grottesche o disegni che presentino temi naturalistici o figure umane.
La tecnica dell’ombreggiatura arrivò a dei risultati eccezionali con Giuseppe Maggiolini, che sollevo lo stupore dei più, se è vero che nel 1788 a proposito del piccolo quadro a tarsia mostrato ai giurati della società patriottica dovette raschiare la superficie della tavola intarsiata per dimostrare come le delicate ombreggiature non fossero ottenute con una tecnica pittorica ma risultassero dalle sfumature ottenute con sabbia arroventata .
Il Finto Marmo: Una tecnica di decorazione delle tarsie rinascimentali per creare l’ effetto del marmo o di materiali simili era quella di usare un composto di piccoli pezzi di legno di vario tipo e colore mischiati con colla forte e terra nera, ottenendo dello stucco tenace che univa l’agglomerato e steso nei basamenti e riquadrature di architetture o per decorare oggetti.
Questo tipo di ornamento fu usato in molte composizioni intarsiate nel rinascimento, ne ho avuto riscontro a Urbino nello studiolo del Duca di Montefeltro Federico Malatesta in Palazzo Ducale, nel coro incrostato da Antonio Barili nella cattedrale di Fano e infine negli stalli a Monte Oliveto Maggiore intarsiati da fra Giovanni da Verona.
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