Flammia: Storia dell’arte della cartapesta
Fonte: Introduzione al libro di Ezio Flammia “Storia dell’arte della cartapesta” Dino Audino editore – Roma
Questo libro è più cose insieme.
Prima di tutto è una esauriente e documentatissima storia della cartapesta corredata di ragguagli tecnici precisi e ben comprensibili. E Flammia è senza ombra di dubbio il massimo esperto dell’ argomento, conoscitore profondo delle procedure esecutive, storico di indiscussa competenza, critico sensibile e dotto. Flammia, però, è anche e soprattutto artista di qualità cospicua, erede di una tradizione che, appunto, egli consacra nel libro manifestando un amore e una dedizione all’argomento invero encomiabili.
Ma poi il libro è per certi versi leggibile persino come una sorta di autoritratto di Flammia stesso, dei suoi gusti, delle sue scelte, della sua felice capacità di orientare con poche e pertinenti parole lo studioso o l’appassionato in un mondo apparentemente facile e divertente nella sua semplicità e popolarità, ma in realtà espressione di momenti, idee e tendenze che hanno avuto un’ enorme ricaduta non soltanto sull’arte ma sul comportamento e il divertimento di tutte le classi sociali, dai più alti ai più umili livelli.
Flammia insegna qui la differenza profonda tra il mondo orientale e quello occidentale, ci accompagna successivamente in un lunghissimo percorso storico corredato sempre della più scrupolosa e verificata citazione delle fonti. Ci spiega, poi, come della cartapesta si siano occupati nella stagione rinascimentale e barocca artisti sommi, quali Donatello o Verrocchio, Pietro Tacca o Jacopo Sansovino, Bernini o Algardi, per fare solo qualche nome tra i molti, alcuni celebratissimi altri pressoché sconosciuti ma non per questo meno rilevanti, che incontriamo lungo il tragitto .
Flammia ci indica con chiarezza questa doppia valenza della cartapesta, arte umile e nobile al contempo, la cui tradizione ancora oggi è vivissima in certi centri culturali come Nola.
Ma ciò che colpisce è proprio la duttilità e la molteplicità di espressioni che questa tecnica porta in sé e così la troviamo, esaltata a dismisura, nel napoletano, nei carri di Viareggio, nella attività di certi artisti raffinati e insieme profondamente calati nella cultura popolare come Josè Ortega a Matera, una storia che Flammia ci racconta con partecipe entusiasmo.
Per non parlare del settore del libro in cui Flammia ci introduce nel mondo dei Burattini e delle Marionette, nel mondo dei giocattoli e delle scenografie temporanee che spaziano dagli apparati seicenteschi del Bernini alle scenografie di tanti film americani del nostro tempo e non solo.
Nel libro, come è giusto che sia, una parte finale, presentata con discrezione e garbo, ci permette di conoscere anche il lavoro creativo di Flammia, una personalità in cui non si può distinguere lo studioso dall’artista, l’intellettuale dal divulgatore, l’uomo, sempre così amabile, civile, colto, dalle sue stesse opere.
E’ lecito sostenere che con questo lavoro Flammia abbia realizzato l’aspirazione di consegnare ai suoi estimatori e al pubblico dell’ arte, un libro utile e grato al cuore di tutti.
Claudio Strinati