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ALTRA Cassapanca !!...
 
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ALTRA Cassapanca !!!

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(@roberto67)
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Grazie ad Aporia e Pierpaolomasoni per i loro interventi.
Inserisco alcune immagini cui faceva cenno Pierpaolo nel suo precedente intervento.
Il coperchio basculante del vano interno, tutto in noce, non ha ferramenta bensì due perni alle estremità, ricavati dal pieno che vengono alloggiati nei fori ricavati sulle pareti anteriore e posteriore della cassa.
Sulla parete interna anteriore vi è una scanalatura che permette l’inserimento del coperchio.
Per quanto riguarda le cerniere, queste potrebbero essere state sostituite in occasione della sostituzione dello schienale.
E' soltanto una ipotesi ma che non permette di prendere in considerazione le cerniere per la datazione del mobile.
Non vi sono chiusure di alcun tipo anche se sono evidenti i segni dell'applicazione di serrature sia alla cassa, che al vano interno.

 

Grazie, ciao. Roberto.

 
Pubblicato : 08/12/2006 3:29 pm
(@pierpaolomasoni)
Post: 2128
Noble Member
 

ohibò!!! potrebbe anche essere della seconda metà del 700.
nelle parti interne o nascoste non riesci a vedere segni della sega?
e le cornici, sono tutte in pioppo, o solo qualcuna?
è comunque molto bella, con le misure e le proporzioni giuste.
mi auguro che tu faccia un buon lavoro (ne sono certo); pezzi così vanno trattati con rispetto.
e i chiodi delle cerniere come sono? non sembrano ottocentesche; potrebbero essere le originali riutilizzate.
tienici informati
pierpaolomasoni

 
Pubblicato : 08/12/2006 7:35 pm
(@aporia)
Post: 833
Prominent Member
 

La mia era solo una proposta in quanto penso che una parte rifatta fra 100 o 200 anni anni non sarà più così riconoscibile. Nella mia esperienza non ho trovato così tanta uniformità nei metodi costruttivi: possiamo schematizzare alcuni tipi di incastri, chiodi, assemblaggi etc. ma rimangono le soluzioni personali legate alla varietà del reale rispetto alle schematizzazioni. Ho visto veramente di tutto e di più: il falegname non era di un'età standard, di una preparazione standard o di una fantasia standard e quindi, un po' come gli artisti, spesso modificava le tecniche imparate (probabilmente  per aumentare sempre più i guadagni e per risparmiare tempo) come dimostra l'evoluzione tecnologica che non ha risparmiato questo settore.
Il meccanico non ha bisogno di firmare un radiatore in quanto è un pezzo di fattura industriale e quindi firmato a monte, mentre il restauro, così come inteso oggi, 100 anni fa non esisteva: si trattava di falegnami che eseguivano riparazioni o adeguamenti ma senza nessuna cognizione storico-estetica. Riguardo alla data e firma ha visto alcuni restauri eseguiti all'inizio del secolo firmati e datati: è solo protagonismo? Non penso.

 
Pubblicato : 09/12/2006 2:15 pm
(@roberto67)
Post: 117
Estimable Member
Topic starter
 

Nuovamente grazie per l’interesse al mio lavoro.
All’interno della cassa sono visibili i segni della sega.
Le cornici sono tutte in noce tranne quelle verticali evidenziate nelle due immagini sottostanti.
Le due cornici in pioppo erano fissate da chiodi recenti non forgiati realizzati in serie.

I chiodi di una sola delle due cerniere erano chiodi forgiati, l’altra cerniera aveva chiodi di costruzione industriale.
Le ultime argomentazioni di Aporia riguardo alla firma, sono condivisibili nel caso di restauri eseguiti da professionisti titolati, ma nel mio caso mi sembrerebbe di peccare di presunzione.
Mi sembra più che sufficiente la documentazione fotografica.
Firmando i posteri potrebbero ricordarmi per quell’incompetente che ha messo mano ad una cassa dell’ottocento forse del settecento.
Per il momento osservate cortesemente lo stato attuale del lavoro, i Vostri giudizi e critiche mi sono fondamentali:

Di questa ultima immagine inserisco link con foto a maggiore definizione:

Grazie, ciao. Roberto.

 
Pubblicato : 09/12/2006 2:29 pm
(@pierpaolomasoni)
Post: 2128
Noble Member
 

in effetti, da quel poco che posso vedere dalle foto, quelle due cornici non hanno nemmeno lo stesso disegno delle altre; ti conviene cambiarle.
non mi piace il disegno della cornice perimetrale del coperchio, sempre da quel poco che posso vedere; dovrebbe avere un aggetto superiore più sporgente, uno sguscio ed un aggetto inferiore più piccolo.
il rappezzo che hai fatto in cima al pannello posteriore ha i lati verticali: tali rappezzi andrebbero sempre fatti di sbieco ( in questo caso i due lati verticali andrebbero inclinati almeno di 45 gradi) così da essere più armonici ed avvicinarsi di più alla venatura; prenderei in esame anche l'eventualità di sostituire tutta una striscia di legno, da lato a lato, così avresti legno buono per le cerniere che dovrai mettere, rinforzeresti il tutto e non avresti una toppa che non è certo piacevole.
le zampe io non le sostituirei. le consoliderei con una olioresina, anzi, userei prima olio di lino crudo, che ha una maggior penetrazione; lo darei per immersione ( 10 minuti sono sufficenti), dopodichè laverei con acquaragia per eliminare l'olio che è rimasto in superficie; dopo una settimana userei una olioresina (a base di olio di lino cotto) che, oltre che completare il consolidamento, tonalizza il legno.
in quanto alle affermazioni di Aporia riguardanti la creatività dell'artigiano del passato, bisogna tener presente la situazione culturale dello stesso (che tuttora non è cambiata  di molto). l'artigiano, il più delle volte, incominciava ad andare a bottega intorno ai cinque anni; era e restava analfabeta ( sto parlando della stragrande maggioranza, non delle grandi botteghe 3-4-cinquecentesche che erano dei complessi paragonabili a delle industrie -gli esempi sono tanti; dobbiamo soltanto non dimenticarci che queste botteghe non producevano soltanto le opere d'arte per le quali noi le ricordiamo; pensiamo al botticelli che i soldi se li faceva non con gli affreschi, ma coi mobili, o al verrocchio, o allo stesso leonardo che, per sua sfortuna, coi soldi "non ci azzeccava tanto", ma con la mentalità dell'artista di quel tempo, aveva un genio poliedrico come le botteghe nelle quali aveva imparato). il nostro piccolo artigiano-falegname poteva arrivare a sviluppare dei piccoli accorgimenti personali, ma, come capita tuttora, raramente aveva la genialità che permette di rivoluzionare ciò che si è imparato, sia a livello tecnico che di gusto. tantè che nei mobili del passato il più delle volte è facile riconoscere la zona di produzione, oltre che l'epoca: se una bottega azzeccava un modello,copiato o modificato, tale modello veniva ripetuto magari per cinquantanni o più (nelle zone isolate si trovano mobili costruiti con tecniche e gusto seicentesco che però risalgono magari all'ottocento: la bottega ha ripetuto per tre o quattro generazioni lo stesso modello senza cambiare una virgola; io in casa ne ho un esempio). Comunque non è raro che il mobile venisse firmato (capitava spesso per mobili non rustici se il falegname sapeva scrivere); ultimamente, per esempio, ho un tavolo della seonda metà del sette firmato pautasso, senza contare le annotazioni riguardanti la costruzione o il prezzo dei materiali; le scritte sono sempre a matita, spesso copiativa, in zone non esposte.
pierpaolomasoni
scusate se mi sono dilungato troppo

 
Pubblicato : 09/12/2006 8:02 pm
(@roberto67)
Post: 117
Estimable Member
Topic starter
 

Ringrazio Pierpaolo per i consigli.
1)Le cornici verticali in pioppo sono già state rimosse e rifatte in noce.
2)Per la cornice perimetrale del coperchio, ero vincolato dalla misura A della foto sottostante.

La dimensione B, sarebbe stato meglio farla più ampia, ora che me lo fai notare, purtroppo non ho più legno a sufficienza per rifarne altre.
3) Il rappezzo che si vede in foto è sul pannello anteriore e non su quello posteriore. E stato necessario rifare una porzione di legno dove nel tempo sono stati eseguiti fori, scassi e scanalature al servizio delle serrature che presumibilmente si sono susseguite nel corso degli anni.
Il rappezzo che ho eseguito, ha i tagli orizzontali inclinati (segmenti disegnati in rosso), mentre i tagli verticali sono perpendicolari al piano orizzontale (segmenti disegnati in verde).

In questo caso sono ancora in tempo per rimediare, rimuovendo il rappezzo per sostituirlo con uno con tagli inclinati, nei due sensi.
Grazie, ciao. Roberto.

 
Pubblicato : 11/12/2006 11:11 am
(@aporia)
Post: 833
Prominent Member
 

Io non avrei eseguito il rappezzo in questo modo ma non lo rimuoverei perchè creeresti solo altro scasso e quindi danno sulla materia originale. Non è da 10 e lode ma è accettabile.
Non penso che ci si debba nascondere dietro l'anonimato! Restauratori ed appassionati  dovrebbero firmare i pezzi: ma in un paese dove la responsabilità personale è pari allo zero non mi aspetto tanto! Continua così perchè stai facendo un buon lavoro ma attenzione alla finitura.

 
Pubblicato : 12/12/2006 8:39 am
(@pierpaolomasoni)
Post: 2128
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aporia ha ragione, come si dovrebbe avere la scheda tecnica dei prodotti che si usano,  così si dovrebbe compilare una scheda per ogni restauro eseguito; darebbe serietà al lavoro e sarebbe utile per interventi futuri.

pierpaolomasoni

 
Pubblicato : 12/12/2006 12:18 pm
(@gaetano-basile)
Post: 4
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Scusa se mi intrufolo forse ti potrebbe servire: ho una cassapanca fine sette che ha subito un restauro nel coperchio come mostrano le foto. L'antiquario lo ha chiamato incastro a cravatta o farfalla.
ciao, ciao

[allegato eliminato da un amministratore]

 
Pubblicato : 15/12/2006 12:21 pm
(@roberto67)
Post: 117
Estimable Member
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Scusa se mi intrufolo forse ti potrebbe servire: ho una cassapanca fine sette che ha subito un restauro nel coperchio come mostrano le foto. L'antiquario lo ha chiamato incastro a cravatta o farfalla.
ciao, ciao

Interessante giunzione tra due tavole.
Non si finisce mai di imparare!
Da quale area geografica proviene la tua cassa ?
Grazie. Saluti, Roberto.

 
Pubblicato : 16/12/2006 2:24 pm
(@aporia)
Post: 833
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Le farfalle sono un pessimo esempio di restauro: creano uno scasso nel legno originale rimuovendo materiale d'epoca per inserirne uno nuovo che non garantisce la stabilità (le tavole si ritirano comunque) ma crea un legame puntiforme troppo forte che può causare tensioni in altri punti e quindi spacchi. Purtroppo erano, e forse sono, molto di moda tra i falegnami.

 
Pubblicato : 17/12/2006 8:49 pm
(@gaetano-basile)
Post: 4
New Member
 

Scusa se mi intrufolo forse ti potrebbe servire: ho una cassapanca fine sette che ha subito un restauro nel coperchio come mostrano le foto. L'antiquario lo ha chiamato incastro a cravatta o farfalla.
ciao, ciao

Interessante giunzione tra due tavole.
Non si finisce mai di imparare!
Da quale area geografica proviene la tua cassa ?
Grazie. Saluti, Roberto.

siciliana, per l`esattezza Randazzo.
scusa, visto che mi hai risposto, posso anch'io coinvolgerti nel mio problema, se hai un po' di tempo puoi dare una occhiata alle mie e-mail circa l'oggetto misterioso. Ancora non ho ricevuto nessun commento, non so come procedere nel restauro, sono praticamente fermo.
grazie buon lavoro, Gaetano

 
Pubblicato : 18/12/2006 3:14 pm
(@roberto67)
Post: 117
Estimable Member
Topic starter
 

Stante la difficoltà di reperire dal commercio chiodi con testa a T per la prosecuzione del restauro della mia cassapanca e possedendo alcuni vecchi arnesi da fabbro, ho deciso di precedere personalmente alla loro costruzione.
Devo confessare che pensavo fosse più semplice, mentre invece prima di raggiungere il risultato ho dovuto fare più tentativi.
Inizialmente mi sono fatto tagliare da un fabbro da lamiera, alcune liste aventi sezione quadrata di circa 5 x 5 mm.
Ho poi realizzato con le lime uno stampo con un ferro a sezione quadrata, da inserire nell’apposito foro quadro dell’incudine.
Nonostante lo stampo, portando le liste al calor rosso, mi sono accorto subito riguardo la difficoltà di realizzare la testa.
Visto il fallimento del primo tentativo ho riprovato con dei ferri a sezione piatta di circa 12 x 3 mm.
Scaldandoli al calor rosso sulla forgia oppure con il cannello ossi-acetilenico, ho ridotto il lato da 12 mm in modo da portarlo ad una forma conica.
Successivamente risulta agevole modellare la testa del chiodo, sullo stampo, oppure sulla parte troncoconica dell’incudine stesso.
Realizzata la testa si scalda il ferro dalla parte opposta per modellare la punta.

Schema fasi di lavoro, partendo dal piatto sezione 12 x 3 mm

Alcune immagini:
1 il riscaldamento delle liste in ferro

2 il riscaldamento delle liste in ferro

3 il riscaldamento delle liste in ferro

4 la realizzazione della punta

5 il riscaldamento del chiodo al cannello ossiacetilenico

6 il riscaldamento del chiodo al cannello ossiacetilenico

7 gli ultimi colpi alla punta

8 il chiodo finito

Un doveroso ringraziamento all’amico Gabriele idraulico e lattoniere, per avermi fornito cannello e relative bombole di acetilene ed ossigeno, oltre alla preziosa consulenza.
Saluti Roberto.

 
Pubblicato : 14/01/2007 7:00 pm
 xxxx
(@xxxx)
Post: 195
Estimable Member
 

Post molto interessante, mi intrometto per far nascere in parallelo una discussione riguardante le giunzioni a farfalla o coda ri rondine doppia, personalmete è un metodo che ho imparato a scuola e che ho applicato in alcuni casi, mi domando quale sia l'alternativa, ovviamente escludendo pernature o un semplice incollaggio delle parti da stabilizzare onde evitare ulteriore movimenti del legno...

 
Pubblicato : 17/01/2007 12:42 am
(@aporia)
Post: 833
Prominent Member
 

Evitare ulteriori movimento del legno??? Inserire l'oggetto in legno, realizzato con legno opportunamente selezionato e tagliato secondo una tecnica che implica una perfetta conoscenza della materia, in una teca ad atmosfera e temperature controllate. Altrimenti,  non solo non è possibile bloccare il movimento naturale del legno ma si creano pericolosi punti di tensione che portano a rotture. Scusa ma quale scuola di restauro insegna ancora le giunzioni a farfalla, unanimamente condannate dopo le pessime prove del passato? Non vi è una soluzione pronta per tutti gli usi ma in casi diversi è necessario studiare il male minore. Una sola cosa è sicura: il movimento del legno va accettato, assecondato e non bloccato. Come ben sapevano i vecchi falegnami!

 
Pubblicato : 17/01/2007 3:56 pm
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