Gli stucchi da impiegare nel restauro del mobile
Vediamo in questo articolo quali sono i principali stucchi da usare nel restauro del mobile e come prepararli.
Scuola di Restauro Genova
Fonte: Autori vari
Le principali fasi nel restauro di un mobile
Il restauro di un mobile antico consiste principalmente in quattro fasi:
- Pulitura: si effettua l’asportazione della polvere e poi delle vernici con appositi sverniciatori.
- Falegnameria: si ricostruiscono le parti mancanti si incollano e si riconsolidano le strutture lignee
- Stuccatura: con lo stucco si riempiono i fori dei tarli e microfessure
- Lucidatura: le parti a vista vengono lucidate in modo opportuno utilizzando gommalacca, olio o cera.
Gli stucchi principali
In questo articolo ci concentriamo principalmente alla terza fase citata in precedenza cioè alla stuccatura. Esistono quattro differenti tipi di stucco che sono rispettivamente lo stucco con gesso di Bologna, stucco a cera, stucco a gommalacca e stucco a pastiglia; i primi tre della lista sono utili per essere impiegati nelle parti a vista del mobile ovvero quelle ricoperte di vernice; il quarto e ultimo va impiegato nelle parti non a vista nate prive di vernice.
Lo stucco a gesso
Esso viene detto anche stucco a colla, applicato nelle parti a vista è in grado di riempire delle piccole lacune di un paio di millimetri e non oltre altrimenti lo si noterebbe. Ha uno scopo puramente estetico e non strutturale non potrebbe reggere alle sollecitazioni; in genere è utile a otturare fessure non passanti quindi non in movimento; fori di sfarfallamento dei tarli; anfratti che si creano tra le differenti tessere o piastrelle dopo il loro ritiro facenti parti di un intarsio o mosaico in legno. Viene usato su superfici che poi verranno lucidate a gommalacca.
Essendo spalmabile, a differenza degli altri stucchi, può riempire velocemente un gran numero di lacune anche diverse centinaia; lo si prepara su di un piano di marmo bianco o una piastrella o altri fondi lisci chiari e impermeabili con delle spatole triangolari flessibili . Vengono impastati del gesso di bologna o del gesso di Parigi o anche del caolino in una quantità pari al non più del 70 % . Il rimanente 30 % costituito da coloranti naturali opachi ovvero terre colorate che vengono aggiunte in quantità e colori tali da raggiungere la colorazione dell’essenza che si deve andare a stuccare. Il colore da prendere in considerazione è quello dello stucco umido e non secco. Per la colorazione si usano la terra gialla detta ocra, la terra rossa detta ocra bruciata, la terra marrone nocciola detta d’ombra e la terra marrone scuro detta d’ombra bruciata e infine il nero fumo ottenuto da fuliggini di olii bruciati sostituibile con il nero di tralci di vite bruciati.
Durante l’impasto del gesso insieme ai colori si aggiunge acqua e colla vinilica. Se si vuole essere puristi, al posto della colla vinilica si aggiunge colla di coniglio o colla garavella molto diluita. L’impasto deve avere una consistenza di cremosa e spalmabile.
Lo stucco a cera
Tale prodotto è anch’esso da impiegare nelle parti a vista del mobile. Viene inserito all’interno delle stesse lacune e dimensioni entro le quali veniva inserito lo stucco a gesso come citato in precedenza. Rispetto al precedente però, lo stucco a cera, una volata essiccato, risulta leggermente più morbido e cedevole e anche un po’ più elastico e adesivo. Viene utilizzato su superfici che andranno lucidate a cera.
Purtroppo non essendo spalmabile, non è pratico per riempire grandi quantità di fori di sfarfallamento dei tarli dovendo essere inserito in un foro alla volta. lo si può utilizzare se il numero degli interventi è limitato, diversamente è meglio escluderlo e optare invece per lo stucco a gesso.
Gli ingredienti che lo costituiscono sono per il 65% cera d’api vergine più un rimanente 35% corrispondente alle precedenti terre colorate sommate tra di loro; durante la composizione si fa sciogliere a bagno-maria la cera d’api che fonde a un temperatura tra i 63° e i 66° e che non devono essere superati. Si aggiungono poi le terre colorate e si mescola fino al raffreddamento per ottenere una solida massa omogenea; la cera non deve mai bollire ne entrare in contatto con il fuoco diretto poiché perderebbe colore volume elasticità e capacità adesiva.
Un’altra ricetta cita un rapporto tra la cera e le terre pari a un 50% a 50% anziché un 65% a 35%; il risultato è uno stucco più duro e meno cedevole simile a quello a gesso. Infine un ultima ricetta consiglia di fondere soltanto un 40% di cera d’api al quale si aggiunge un altro 20% di resina di colofonia (che fonde tra i 100° e i 130° sul fuoco diretto); si aggiunge ancora un 5% di olio di lino freddo. In totale questi tre prodotti corrispondono a un 65% di amalgama fusa a bagno-maria, alla quale come sempre, si sommano infine le terre colorate corrispondenti ad un 35%. La colofonia conferisce trasparenza brillantezza, rigidità e l’olio malleabilità e duttilità a temperatura ambiente durante l’applicazione.
La cera colorata ottenuta può essere colata nelle scatole dei cioccolatini, come fossero cubetti di ghiaccio; oppure colata su un marmo bagnato per ottenere una sfoglia fredda e sottile, da arrotolare in un tubo. Questo viene tagliato a fette, per ottenere barrette di cera. Oppure se si è raffreddata nella pentola la si scalda dal di fuori la si capovolge per far fuoriuscire lo stampo di cera. Durante l’applicazione se si tratta di inserirla in una crepa la si applica da fusa tramite colatura, se invece si tratta di dover otturare un foro di un tarlo, la si impiega da solida e con il calore delle dita occorre plasmarla a forma di stecchino essendo duttile viene inserito nel foro, dopodiché con la metà di una molletta (per stendere di legno) prima si comprime la cera poggiando la parte frontale obliqua poi la si raschia a filo passando la parte angolata.
La tecnica di isolante
Tale prodotto consiste in una semplice vernice a gommalacca che si applica a pennello su legno vivo prima di impiegare lo stucco a gesso o quello a cera in quanto il primo contiene acqua e il secondo è unto ed entrambi inoltre contengono pigmenti quindi in assenza di isolante causerebbero macchie nel legno. L’isolante essendo lucido permette anche di intravedere meglio la presenza di piccole lacune. Inoltre facilita la rimozione dello stucco eccedente fresco.
Altro aspetto importante dell’uso della gommalacca stesa a pennello prima della stuccatura è che in queto modo si mette in risalto il colore dell’essenza così come sarà una volta lucidata e pertanto aiuta a colorare nel modo più opportuno lo stucco.
Il motivo più importante per il quale viene utilizzato riguarda la carteggiatura dello stucco a gesso che impiega 12 ore a seccare. Con della carta vetro a grana fine compresa tra i 220 e 320, piegata in 3 fogli sovrapposti per risultare semirigida si asporta l’eccedenza di stucco.
Così facendo lo strato di isolante resiste all’abrasione della carta vetro che invece sbriciola lo stucco che risulta essere più morbido e protegge la patina; infine dopo la carteggiatura si applica sopra lo stucco alcune mani di vernice isolante a gommalacca al fine di conferire allo stucco un colore definitivo e una maggiore durezza. Le mani di isolante diminuiscono o aumentano in base alla quantità di lacune da riempire e quindi al tempo di asportazione dello stucco che può essere maggiore o minore. L’isolante si ottiene sciogliendo a freddo 300 grammi di resina di gommalacca in scaglie all’interno di 1 litro di alcool denaturato 99,9° o etilico alimentare 95°, ed essicca in soli 15 minuti per singola stesura.
Lo stucco a gommalacca
Questo terzo e ultimo stucco utile anch’esso per parti a vista e il meno utilizzato e il più difficile da applicare. Serve più che altro per otturare grosse lacune come ad esempio quelle lasciate da nodi mobili. All’interno di queste, purtroppo, lo stucco a cera risulterebbe troppo morbido e cedevole; quello a gesso poco elastico e adesivo e tale da ritirarsi esageratamente considerato il grande volume del nodo da dover colmare. Altre volte lo stucco di gommalacca, essendo duro come il vetro e adesivo come un collante, viene anche inserito all’interno di fenditure. Il suo aspetto è molto scuro, va bene unicamente per legni di colore intenso come il durame di noce e di mogano; non va bene certo l’acero che è bianco come altri legni.
L’applicazione consiste nel depositare in tali lacune le scaglie di gommalacca, per poi successivamente fonderle con un saldatore da stagno direttamente sul mobile; oppure le stesse scaglie dapprima si fondono in pentola su fuoco vivo fino a fusione completa senza portarle ad ebollizione altrimenti si bruciano diventando nere; poi si colano liquide direttamente nel nodo o nella crepa, tramite un pentolino munito di beccuccio; successivamente, trascorsi alcuni minuti, si passa direttamente sull’eccedenza di stucco una spatola arroventata sul fuoco; infine la rimanenza eccedente verrà carteggiata con carta vetrata media da 120 grani e poi con carta fine tra i 220 e 320 grani.
In questo caso l’isolante verrà perforato da queste carte vetro medie indispensabili data la durezza di tale stucco; la parte consumata verrà colmata con successive mani a seguire di isolante; questo tipo di stucco non necessita dell’aggiunta di terre essendo per natura scuro marroncino e ambrato così come le parti che vengono stuccate.
Stucco di pastiglia
Viene detto anche finto legno, ed è riservato unicamente alle parti non a vista del mobile presentando una granulosità piuttosto ruvida ed un colore approssimativo non va bene per le parti che vengono poi verniciate. Invece in piccole lacune dove si impiegano i primi due stucchi dell’elenco non riesce ad essere inserito mentre è in grado di colmare spazi oltre i tre millimetri fino a d un massimo di alcuni centimetri cubici, così come quello a gesso lo si impasta su un marmo con una spatola metallica.
La composizione è semplice: si impiegano due volumi di polvere di segatura, ottenuta da un taglio trasversale e non longitudinale alle fibre in modo che la polvere di legno risulti corta e dura simile ad una sabbia. Si aggiunge un volume di gesso di bologna e infine colla garavella sciolta in acqua calda a bagno-maria (1kg di colla secca con 750 gr di acqua distillata). S impasta il tutto fino a ottenere una densità tale, da mantenere il volume privo di colature in applicazione il tutto avviene in pochi minuti prima che sopraggiunga il raffreddamento che causa la solidificazione, quindi va applicato subito, dopodiché trascorsi 20 minuti e raggiunta la consistenza di una gelatina, viene tagliato a livello con una lametta e con uno straccio imbevuto di acqua bollente si lava il contorno della stuccatura ove si trovano le sbavature eccedenti.
Essendo il più duro degli stucchi non si riesce a livellare una volta essiccato, ovvero 12 ore dopo, inoltre data la sua capacità adesiva e compattezza è in grado di essere piallato, segato e inchiodato, come un legno naturale reagendo allo stesso modo; non necessita dell’aggiunta di terre colorate in quanto essendo costituito della stessa segatura della parte di legno che serve a colmare risulta identico. Al suo interno il gesso serve a renderlo più liscio, morbido ed elastico mentre l’isolante in questo caso non serve, perché non si effettua la carteggiatura e poi essendo le zone non a vista in sede di perizia l’unica testimonianza autentica di tempo trascorso, devono rimanere inalterate quindi non devono essere ne pulite, ne isolate ne verniciate, ne stuccate con gessi o cere ma soltanto con pastiglia al fine di ricostruire grosse parti mancanti che altrimenti dovrebbero essere ricreate con complessi tasselli o tappi in legno.