Galleria Artanda

Hans Faes

Fonte: Studio ARC di A.B. Caldini

Hans Faes è nato in Svizzera nel 1949 e dal 1988 risiede a Cessole. I suoi studi di disegnatore e ingegneria influenzano le forme e la tecnica dei suoi quadri, costruiti con strati di colori sovrapposti.

H. Faes
Regione Sampò 2
14050 Cessole, Asti

Tel. 0144 80164
Email: hfaes@libero.it

La produzione pittorica di Hans Faes si gioca tutta sopra un doppio registro che, di volta in volta, vede la fantasmagoria dei colori o il tratto definito ed inciso, la linea curva, prestarsi ad infinite e stupefatte interpretazioni di un mondo che l’autore ha largamente gustato, sedimentato, franto e ricomposto

 

Non a caso Faes, per le sue opere, ripudia i titoli: titoli che, indicando un intento o un disegno che non c é e non c é stato, limiterebbero la massima libertà interpretativa dello spettatore. Il segno e la macchia recitano così un arcana partita, densa di suggestioni ed inviti, senza che mai l’autore si riveli, senza che mai il colore e la linea si decidano a lasciare testimonianze: di una fede, di una partecipazione, di un urlo o di un grido che ci faccia trasalire ed approdare a qualche certezza.

  

I rari volti che qua e là talora emergono dai fondi opachi della notte o da quelli persi dell’inferno sono facce senza nome e senza età, enigmatici, e – li diresti – pure occorrenze incidentali: così come le case di alcune tele poste in sequenza richiamano ad una “unreal city” piuttosto che cedere e alludere a qualche riferimento della memoria. E ti pare allora che nell’informe materia trattata dalla spatola e dal pennello, ti accada, d improvviso, di sorprendere la Natura stessa, con i suoi semplici, impassibili mezzi, intenta a mimare il Creatore.

  

Ecco sgorgare così da un verde primordiale cespugli di lamiera o esplodere dal blu di Prussia i fiammati di oniriche galassie.
Rispetto a quanto dicemmo di lui in anni passati, crediamo di cogliere oggi nelle opere di Hans Faes un sempre più marcato e significativo abbandono di ogni mezzo figurativo, e, parimenti, la ricerca di una maggiore espressività affidata al colore, “specchio dell’anima”; tale intensità cromatica è stata raggiunta soprattutto attraverso una ricerca strumentale, che lo ha portato a privilegiare una materia pittorica più corposa e rilevata, più aggettante e aggressiva, grazie alla quale la luce gioca con infinite nuances di chiaroscuri sul travagliato ordito della tela.

di Riccardo Brondolo estratto da “L Ancora”, settimanale di informazione acquese

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