Il culto del Divino Infante
Le mani sapienti delle suore utilizzavano i pezzi di stoffe non consunte per ricavare corredi e fasciature per vestire il Bambinello, secondo le simbologie del calendario liturgico. Le suore riadattavano i ricami di filo d oro e d argento, aggiungevano pietre preziose per conseguire un effetto di magico splendore e destare meraviglia.
Le sculture più appariscenti e rappresentative furono realizzate nel seicento e nel settecento si raggiunse il massimo della diffusione e il successivo declino. Il gusto tardo-barocco invogliava alla realizzazione di statue connotate di forte realismo, gli elementi impiegati quali raggiere, corone, vestiti riccamente ricamati, ambientazioni scenografiche e quant altro, contribuivano a rendere leggiadra e solare l’immagine e infondere una sua mistica contemplazione. Per le monache fu oltretutto un “richiamo e memoria delle bambole dell’infanzia e concessione dettata dalla esigenza di quietare conflitti interiori di portata ben più grande“(Rossana Cavallini). |
II Santo Bambino di Aracoeli II Santo Bambino di Aracoeli fu scolpito a Gerusalemme, su legno d ulivo del Gethsemani,da un Religioso Francescano sul finire del secolo XV. Portato a Roma dal medesimo, fu sempre particolarmente onorato dai Romani nella Basilica di Aracoeli sul Campidoglio. Il Santo Bambino, per i suoi prodigi, è ormai oggetto di venerazione da parte dei fedeli di tutto il mondo. Fu incoronato dal Capitolo Vaticano il 2 Maggio 1897. |
Oltre al Bambinello, si scolpirono, in misura ridotta, le “Marie Bambine”. Queste ultime sono una variante, una versione inedita al femminile, del culto del Gesù Bambino.
Il culto del “Bambino Divino” coinvolse, le famiglie aristocratiche, quelle che avevano congiunte fondatrici di conventi o semplici suore. (Nota 5) Dalle classi agiate, il culto si propagò a quelle popolari con grande intensità e partecipazione. Quasi ogni famiglia possedeva una scultura di Bambinello a protezione della casa e a propiziare nuove maternità.
Nota 5 A Madrid presso il Descalzas Reales, convento fondato dalla figlia di Carlo V, ora museo, si conservano esempi significativi di sculture di Niño Jesus scolpiti da artisti spagnoli per “la devozione delle monache di nobile casato”. |
Le esigenze di culto delle chiese, e le manifestazioni religiose in case private, durante il Natale, contribuirono a far crescere la domanda di produzione di nuovi simulacri. Per soddisfare le richieste più varie, in relazione ai costi di “produzione”, i “Divini Infanti” furono realizzati con diversi materiali (legno, cera cartapesta, terracotta) e in molteplici atteggiamenti: bambini ignudi, in fasce, benedicenti, con i simboli della passione, presso il paradiso, in pose regali ecc. Spesso si impiegavano più materiali, con maestria, per la stessa scultura, esempio: corpo di stoppa, testa e arti di legno o di terracotta, capelli di filo di seta, occhi di pasta vitrea ecc
Tra le botteghe più in voga, nel sei /settecento, per la produzione di Bambinelli e Bambinelle, quelle del sud dell’Italia e la napoletana in particolare, furono per qualità e varietà dei prodotti le più fiorenti. Per tutti si ricorda il Sammartino(1720-93), artista napoletano celebre già in vita come scultore di “prima grandezza”.
Tra le tipologie dei Bambinelli, il Gesù Bambino in fasce, rappresentante “uno stato d innocenza e di semplicità” fu il più richiesto. La tipologia era anche un richiamo al quotidiano, i neonati, di allora, erano avvolti in lunghissime strisce di tela di lino che lasciavano scoperto solo la testa.
Il Bambino Gesù di Frasso Telesino della Chiesa di Campanile, appartiene a questa tipologia. Sappiamo con sicurezza che proviene da Napoli ed è probabile che S. Alfonso l’abbia ordinato ad una bottega di sua fiducia o della sua famiglia. S. Alfonso era nato a Marinella di Napoli. La città partenopea era, nel settecento, insieme a Vienna e Parigi una delle tre capitali più importanti in Europa. Il settecento artistico napoletano è stato uno dei fenomeni più interessanti della cultura europea. Le botteghe napoletane erano in grado di soddisfare le richieste provenienti da una clientela differenziata per ceto e gusto.
Tra le opere esposte alla stupenda Mostra ” IL Divino Infante” (Parma -Palazzo Bossi Bocchi a cura della Cariparma- dal 14.3 al 4.5. 2003), quelle provenienti da botteghe napoletane sono rilevanti.
Il Divino Infante di Frasso Telesino, potrebbe ben figurare presso questa esposizione.
La mostra è composta di opere selezionate, provenienti dalla collezione “Hiky Mayr”, considerata la più importante e completa al mondo.
L’ opera di Frasso è conservata in una modestissima teca e l'”Infante” non ha più la preziosa fascia di seta ricamata di fili d oro o d argento che copriva la prima fasciatura di lino. Questa mia supposizione è confortata dalla analisi di numerosi bambinelli in fasce che ho esaminato (Nota 6).
La descrizione didascalica del Gesù Bambino esposto con il numero 74 della mostra citata, recita: “Fasce in seta broccato argento con galloni dorati, piccolo cuore in seta rossa e oro, aureola raggiata in metallo, lunghezza cm, 49”.
Nota 6 La mia esperienza è suffragata anche dal restauro di tre Gesù Bambini di legno che ho eseguito, due per amici cari: Gesù Bambino benedicente, opera di bottega napoletana tra il XVIII e il XIX sec.,proprietà del regista Marco Ligini (Roma), – Gesù Bambino regale, sec. XIX, proprietà dott. Saverio Grassi (Caserta) – il terzo, Bambino Gesù benedicente, bottega napoletana sec.XVI, è di mi a proprietà. |
Come si può notare in questo pezzo che appartiene al XIX secolo le sculture ancora si completano con preziosismi e raffinatezze d ogni tipo.Il Gesù Bambino di Frasso Telesino che è precedente all’opera esposta a Parma, non ha simili preziosismi, si sono persi? Sono stati rubati? Sono stati eliminati per deterioramento? Non lo sapremo mai.
HTML clipboard | Gesù Bambino regale sec XIX Coll. Grassi- Caserta Sappiamo però che è un opera singolare poiché tipologie di Bambini in fasce, si realizzavano in cera, in cartapesta e raramente in legno. Il bambinello alfonsiano, oltre ad essere di legno policromo è di discrete dimensioni, cm. 55. La scultura, realizzata nei primi decenni dopo la metà del 700, è un opera ai confini di un culto all’apice e al suo lento declino, sostituito dall'”avvenimento evangelico”, “distribuito nei tre momenti essenziali: Annunzio ai pastori, Diversorium (cantina), Natività”(Teodoro Fittipaldi). La stagione d oro del presepe napoletano prende avvio proprio in quest’epoca ed è tuttora fiorente in ogni luogo d Italia. A pochi chilometri, da Frasso, a Guardia Sanframondi, ogni anno, la “Rassegna di Presepi”, richiama migliaia di visitatori. (Nota 7) |
E stata una vera fortuna che quest’opera non sia dispersa e che ancora faccia parte del patrimonio di Frasso. In “tempi bui”, non molto lontani, quando l’attenzione per il patrimonio artistico ha raggiunto la soglia più bassa, al Bambinello di Campanile poteva toccare un’altra sorte (Nota 8). Ora don Valentino Di Cerbo pensa ad una sua degna sistemazione, ci auguriamo che non sia l’unico ad apprezzare e tutelare il poco patrimonio artistico superstite a Frasso Telesino.
Nota 7 Ho avuto l’onore di esporre le mie opere (dipinti, sculture, maschere e burattini presso il Castello di Guardia Sanframondi durante la “Terza Rassegna di Presepi” e di aver disegnato il logo delle manifestazioni. Nota 8 L esempio più eclatante è il Cristo in Croce di cartapesta che ho trovato presso un tumulo d immondizie nel cortile di Gambacorta. Il Cristo l’ho restaurato e donato alla comunità di Frasso. |