Storia del mobile

Il Settecento: gli arredi tipici del Luigi XVI

Sostanzialmente gli arredi tipici del Luigi XVI mantengono le stesse dimensioni e le medesime finalità d’uso di quelli rococò. Muta l’aspetto nel senso di una maggiore linearità ed essenzialità della decorazione.

Fonte: Questo saggio è stato pubblicato, corredato da foto nel testo, in “Arredi del Settecento”, di Pierdario Santoro edito da Artioli, Modena.

Il seguente articolo è stato tratto liberamente da una scheda tecnica dove l’autore analizza in modo molto approfondito e dettagliato un intero secolo, il Settecento: In questo stralcio dell’intera scheda, si descrivono le caratteristiche essenziali dell’arredamento nello Stile Luigi XVI.

Sostanzialmente essi mantengono le stesse dimensioni e le medesime finalità d’uso di quelli rococò. Muta l’aspetto nel senso di una maggiore linearità ed essenzialità della decorazione.

La Comode

La comode, come in precedenza continua a presentare due o tre cassetti o due sportelli. Cambia la forma, abbandonando le sagome mosse a balestra, con i fianchi sempre dritti. Il fronte può essere: dritto, leggermente bombato, dritto con una bombatura centrale, dritto con le parti laterali a semicerchio (demie-lune mezzaluna); negli ultimi due modelli due gambe sono poste agli angoli posteriori e due sul davanti, lungo la curva, spostate più centrali a delimitare i cassetti, che sono posti nella parte centrale, mentre lateralmente possono esserci due antine celanti ripiani.

I bronzi dorati continuano a proteggere gli spigoli ed a decorare gli angoli e possono costituire oltre alle bocchette delle serrature, alle maniglie, alle cornici ed alle ringhierine anche elementi scultorei a se stanti posti sui montanti; essi sono spesso a forma di colonna scanalata, le cui unghiature sono ricavate intagliate nel legno a vista o rivestite da cornici di bronzo dorato; quando la parte inferiore della scanalatura è in parte riempita da un listello a mezzo-tondo si chiama rudentata.

Le gambe generalmente sono tronco-coniche rovesciate con all’estremità una tornitura a rocchetto e terminanti a terra con un elemento tornito piriforme, sempre scanalate come sopra descritto; o tronco piramidali rovesciate, riquadrate alle estremità da cornici, scanalate o con le quattro facce incorniciate e spesso decorate da motivi floreali intagliati.

Bisogna rilevare, che il piede a tronco di piramide semplice, privo di decorazioni e scanalature fa parte del periodo successivo, essendo il risultato delle semplificazioni del Direttorio e dell’evoluzione verso forme cubiche rettilinee post rivoluzionarie. Lo stesso discorso vale per le carcasse. I mobili cosiddetti Luigi XVI, squadrati e con le gambe a piramide, tipici della produzione italiana, sono prodotti nella maggior parte dei casi nell’Ottocento e spesso dopo la fine dell’Impero; rientrando già nel sentimento di ritorno al passato e di rifiuto della produzione napoleonica, tipico della Restaurazione, dopo il congresso di Vienna.

Restano in auge: il Semainier  o settimanale, l’angoliera e tutti i tipi di bureau, presenti nello stile Rococò. Sempre con i piedi e le gambe Luigi XVI descritte in precedenza; e soprattutto nei mobili scrittoi con forme lineari e geometricamente più regolari.

Il secrétaire

Nei secrétaire assistiamo alla scomparsa dei modelli precedenti, compreso il prestigioso trumeau, ed alla nascita del secrétaire à abattant. Questo mobile, per la complessità della costruzione e la ricchezza dalla decorazione, subentra per prestigio al trumeau e si presta a ricevere la decorazione bronzea e l’intarsio, presentando a tale scopo diverse superfici piane.

Secretaire Luigi XVI con intarsi e piano in marmo
Secretaire Luigi XVI con intarsi e piano in marmo

Sulla sommità il piano di marmo, di norma in bianco di Carrara, può essere racchiuso da una ringhierina bronzea. L’ abattant, gli sportelli inferiori ed i fianchi sono rettangoli piani, adatti alla decorazione; come pure la fascia sottopiano in cui è celato un cassetto.

In particolare gli angoli sono formati da fasce inclinate a quarantacinque gradi, che rendono il mobile trapezoidale, e possono ricevere oltre all’intarsio, alle cornici ed ai motivi salva spigoli di bronzo, sculture in rilievo e perfino a tutto tondo; rivelandosi particolarmente adatti alle erme, lesene, ghirlande, ecc, che costituiscono la caratteristica del repertorio decorativo neoclassico. Nei modelli più correnti gli angoli sono invece a forma di colonna scanalata, come descritto in precedenza. Troviamo frequentemente in pendant col secrétaire un cassettone con caratteristiche strutturali e decorative simili.

Il letto

Nei letti il discorso è analogo a quello fatto per i cassettoni. Non vi sono novità di rilievo, né nella forma, né nella disposizione; muta sempre solo la decorazione. Segnaliamo il ritorno del letto a colonne, destinate a sostenere il baldacchino e l’uso frequente di posizionare i letti in nicchie ricavate nella parete.

Letto Luigi XVI in legno scolpito e  interamente dorato
Letto Luigi XVI in legno scolpito e interamente dorato

Una novità è costituita dal letto all’anglais, simile ad un grande divano a ventaglio, alle cui estremità sono posti due cuscini cilindrici; e da cui evolverà il letto a bateau, tipico dell’Impero. Si comincia a collocare uno specchio sopra al letto contro il tetto del baldacchino, per ottenere un effetto erotizzante; uso abbandonato quando il ministro delle finanze Colonne rischiò di essere tagliato in due in seguito dalla caduta di uno di essi.

Con la diffusione delle carte dipinte panoramiche, c’è chi, per ottenere un effetto analogo, circonda il letto, posto di fronte alla finestra, di specchi in modo da sembrare essere immersi nel verde.

I tavolini

I tavolini sono presenti ovunque, con le forme e le destinazioni più varie: a mezzaluna, a fagiolo, cilindrici, rotondi, rettangolari con gli angoli smussati, ecc; per colazione, da lavoro, scrittoi, per la toilette, ecc.

Coppia di Tavolini Luigi XVI intarsiati e con decori in bronzo dorato
Coppia di tavolini Luigi XVI intarsiati e con decori in bronzo dorato

Quasi tutti presentano un’analogia costruttiva, costituita dai montanti a forma di parallelepipedo, che si prolungano nelle gambe affusolate, il tutto spesso in un sol pezzo; sempre decorati, come già descritto, da bronzi o da colonne scanalate. Essi continuano ad essere generalmente disposti a muro e spostati all’occorrenza.

La consolle 

La consolle è sempre di forma rettangolare con angoli smussati, a mezzaluna o semicircolare. Le gambe  sono come quelle già descritte, ma si aggiunge, per aumentarne la stabilità e l’impatto decorativo, un raccordo a crociera allineato nella parte posteriore al muro e sovrastato al centro da un elemento decorativo, normalmente una mezza anfora, appoggiato alla parete e ornato da festoni. Tali festoni ornano anche la cintura sotto il piano, sia che celi o no un cassetto, centrando un motivo intagliato, spesso un paniere. Al di sopra è collocata la specchiera, anch’essa con andamento lineare, è sovente sormontata da un nodo d’amore.

Le specchiere
Specchiera in legno intagliato e dorato in stile luigi xvi
Specchiera in legno intagliato e dorato in stile Luigi XVI

Le specchiere da camino sono a volte sagomate in tre parti: due rettangoli uguali laterali ed uno centrale più alto e più grande, la cimasa con un motivo decorativo intagliato a festoni raccorda il dislivello; anche le lastre di specchio sono spesso divise alla stessa maniera e poste semplicemente accostate.

I sedili

Nei sedili permane la divisione tra quelli da parete e gli altri. Il mutamento più significativo è sempre quello riguardante la decorazione, che assume motivi neoclassici negli intagli; e soprattutto nelle gambe dove è adottato il tronco di cono o di piramide come descritto in precedenza, anche se ad esempio Luigi XVI non adotterà mai sedili con gambe o schienali rettilinei. Nelle sedie e nelle poltrone da centro notevoli innovazioni sono portate alla decorazione degli schienali, che ora sono spesso a giorno, con cartelle traforate a forma di: lira, covone, paniere, mongolfiera cestino floreale, anfora, ecc.

Le pareti

Dalle pareti tendono a scomparire le boiseries, sostituite dalle tempere murali e dai pannelli di stucco d’ispirazione archeologica o rinascimentale, scompartiti da elementi decorativi architettonici appiattiti come le colonne ed i pilastri. Spesso tali elementi architettonici sono eseguiti in papier mâché, ed in Inghilterra si utilizzano anche fusioni di stagno dipinte.  Il tutto trattato con il gusto dell’ebanista, che spesso le esegue, piuttosto che con quello dell’architetto.

Le decorazioni a grottesche, adottate per primi dagli inglesi intorno al 1760 (Wiliam Chambers le illustra nel 1769 nel trattato “Treatise on the Decorative Part of Civil Architecture”), riprendono direttamente quelle antiche, anche se prevalgono i colori chiari e le tinte tenui; con esse dal 1780 si decora qualunque superficie rettangolare verticale, dalle pareti, alle posate, sia in Inghilterra che in Francia.

I pannelli di stoffa continuano ad occupare un posto di rilievo, ma con decori ispirati all’antico; sempre coordinati alle tappezzerie degli arredi. In Inghilterra le imbottiture sono più squadrate e ad angoli vivi; per tenerle ferme si fissavano con punti fermati da batuffoli, come nei materassi. Questo sistema assumeva anche una valenza decorativa, che evolverà nell’Ottocento nel capitonné.

Raro e bellissimo documento, che rappresenta un progetto panoramico di carta da parati a guazzo policromo con molti dettagli di alta qualità sul tema della caccia e dell'amore
Raro e bellissimo documento, che rappresenta un progetto panoramico di carta da parati a guazzo policromo con molti dettagli di alta qualità sul tema della caccia e dell’amore

In Francia tale metodo non era utilizzato fino al 1770, quando il Neoclassicismo squadrerà a sua volta le imbottiture; oggi nel rifare le tappezzerie dei sedili ci si dimentica di tale sistema decorativo. I sedili più confortevoli erano corredati di cuscini imbottiti di piuma, ma anche di crine, di stoppa (il capecchio) e d’altri materiali. Le molle fanno la loro sporadica comparsa fin dal 1760, ma è dalla loro produzione industriale dopo il 1830 che divengono d’uso frequente.

Si afferma l’uso della carte dipinte, soprattutto per gli interni residenziali, e nascono i primi cicli decorativi, anche se le dimensioni ancora ridotte dei fogli di carta obbligano a complesse disposizioni, chiamate a domino. Solo nell’Ottocento la manifattura Doufour creerà rotoli continui, come nelle moderne carte da parati.

L’onnipresenza delle dorature ci ricorda che siamo ancora nel pieno del gusto Ancien Regime. Dal  1780 si fabbricano carte dipinte con colori brillanti, ad imitazione dello chintz e delle sete lionesi, a motivi neoclassici. C’erano anche delle bande, simili ai galloni di seta, utilizzate per scompartire pareti a tinta unita e carte stampate a motivi trompe-l’oeil di cornici di stucco, di statue neoclassiche e d’interni neogotici.

Grazie sempre ai due fratelli Remondini, Giovanni Antonio e Giovanni Battista tipografi di Bassano, Venezia è la prima città d’Italia ad usare tappezzerie di carta impressa. A loro è concesso il 25 settembre 1755 il privilegio ventennale per la stampa di “carte damascate e vellutate ad uso di fornimenti di camera”.

L’abate Marco Fassadoni ci fornisce e i seguenti ragguagli: “Per fare queste carte si tigne in prima la carta del colore che si vuole stemperare nella colla, la quale lo rende lucente, e questo forma il fondo dell’opera. Dopo vi s’imprime sopra il disegno con forme di legno simili a quelle degli stampatori di tele indiane. Ciò fatto si spargono sopra delle raschiature di panno fino del colore che si voglia, in appresso si scuote la carta e le raschiature che vi restano appiccicate formano il rilievo vellutato dell’opera, né si distaccano altrimenti che raschiandole fortemente con un coltello. Questo lavoro è uguale in gran parte a quello che si fa con le tappezzerie fatte di tosatura di lana”.

Le carte dipinte ed i nuovi tessuti di cotone stampato portano negli ultimi venti anni del secolo alla crisi delle più costose sete lionesi.

I soffitti sono quasi sempre vuoti, non affrescati e decorati da semplici cornici.

L’arredo dopo la Rivoluzione

Con la Rivoluzione, fino all’avvento di Napoleone, si costruiscono pochi nuovi edifici. Il primo esempio importante del nuovo stile Direttorio, è la ridecorazione interna della casa del banchiere Récamier nel 1798, su disegni di Louis-Charles Percier.

Durante la fase rivoluzionaria, molti ebanisti, compromessi con l’aristocrazia per la quale avevano lavorato, si rifugiano all’estero. Quelli rimasti restano privi della clientela tradizionale e la generale mancanza di denaro, all’infuori che per i fornitori dell’esercito e gli speculatori, strangola il mercato dei beni di lusso.

Cassettone Direttorio
Cassettone Direttorio

Si vuole allora produrre il primo arredo fabbricabile in serie per il popolo, inteso come borghesia, semplice, lineare ed economico; contrapposto a quello dell’Ancien Regime, che è reso dalle decorazioni e dalla forma mossa, eseguibile solo singolarmente. A ciò si aggiunge la tendenza ideologica verso una semplicità spartana e razionale.

L’arredo diventa perfettamente squadrato, parallelepipedi lisci e privi di decorazione, eseguiti, in massello od impiallacciati, con legni locali: noce, ciliegio, olmo, rovere, ecc. Le gambe ed i piedi sono semplici tronchi di piramide rovesciati. È quest’arredo Direttorio, che oggi spesso è scambiato come già detto con quello Luigi XVI, che fornisce i volumi di base al mobile impero; al quale si aggiungono, i piedi ferini, e la placcatura di scuro mogano, per meglio far risaltare l’ornamentazione bronzea. Stessa derivazione per quello restaurazione, influenzato dal Biedermeier, realizzato anch’esso in legni locali, con decori in lamierino ed elementi ebanizzati.

Conclusione.

Il secolo cominciato sotto il potere fermo ed assoluto dei Borboni ed il fiorire del capriccio, si conclude con la Rivoluzione ed il trionfo della linea e della razionalità. Sembra confermarsi il concetto secondo cui: un momento storico di stabilità permette e favorisce un’arte movimentata, inquieta ed una società gaudente; un periodo pieno di sconvolgimenti e d’incertezza, pare viceversa esigere un’arte controllata, razionale ed una società seria ed impegnata. Certo in ciò avvertiamo netto il passaggio dalla mentalità parassitaria dell’aristocrazia a quella produttiva della borghesia; ma ancor più la conferma della necessità di contrasti ed opposizioni sempre utili al cambiamento ed al progresso dell’uomo.

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