La Chiesa di Anzola: l’esterno
Della costruzione della nuova fabbrica non si hanno ulteriori notizie, se non che dal 1702 al 1713 continuarono i lavori di selciatura del sagrato, dalla canonica allo spazio antistante l’ingresso della chiesa, e che originalmente pare vi fosse anche un porticato che ne riparava l’ingresso.
Stile dell’ edificio e rifacimenti
Fonte: Gruppo di ricerca storico-archeologica del Centro Culturale Anzolese
Descrizione dell’esterno
Fu pertanto ricostruita con un disegno classico, ordinato e piacevole seppure senza particolarità di grande rilievo, con ordine toscano,per la lunghezza di metri 38,40 e larghezza di metri 17,31. Furono costruiti sette altari, o cappelle, compreso l’Altare Maggiore e il piccolo Coro posteriore al medesimo. Era ad una sola navata fatta a volta, con la Cappella maggiore alta 4 scalini dal piano della chiesa, e originalmente aveva una balaustra in noce lavorata al tornio.
Per maggiore chiarezza, va detto che nella terminologia architettonica classica si intende per ordine l’ organismo contemporaneamente costruttivo e formale costituito da una serie di colonne con sovrastante trabeazione (parte superiore che fa da supporto alla volta della costruzione), e con ordine toscano la particolare caratteristica della colonna con base, piedistallo, capitello e trabeazione.
Le cappelle laterali sono anche loro fatte a volta ed hanno ognuna un piccolo altare. Sul lato destro di chi entra, c è un piccolo vano in cui nel Settecento era collocato il fonte battesimale, riposizionato accanto alla Cappella maggiore solo in anni recenti.
Della costruzione della nuova fabbrica non si hanno ulteriori notizie, se non che dal 1702 al 1713 continuarono i lavori di selciatura del sagrato, dalla canonica allo spazio antistante l’ingresso della chiesa, e che originalmente pare vi fosse anche un porticato che ne riparava l’ingresso.
Se si fa fede ad una stampa dedicata al parroco don Lorenzo Landi (parroco d Anzola dal 1826 al 1878), pare che ai lati della facciata principale ci fossero allora due colonne che sorreggevano due statue in terracotta raffiguranti i Santi titolari della chiesa, e di queste rimane oggi (seguendo gli appunti storici della maestra Renata Costa) solo un pezzo di mano di S.Pietro impugnante le chiavi decussate, conservato in canonica.
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Questa stampa databile tra il 1844 e il 1851 è interessante perché riproduce la facciata di palazzo Costa come era originariamente, e anche la Chiesa è rappresentata con sufficiente fedeltà. Da notare che c è già, oltre alle colonne un primo disegno della meridiana che sarà perfezionata agli inizi del Novecento |
Il campanile a guglia, posizionato in modo più arretrato del precedente, fu restaurato nell’anno 1834 perchè danneggiato gravemente da un fulmine, e per l’occasione furono acquistate cinque grosse campane: la prima fu donata dall’arciprete don Landi, e le altre dai parrocchiani.
Nell’anno 1824 per iniziativa dell’allora parroco don Camillo Baj, fu rifatto l’Altare Maggiore in marmi policromi per opera dei maestri Trajano e Gioachino Rodolino di Sant Ippolito di Pesaro, e le spese furono sostenute dal parroco stesso che dopo la sua morte si fece tumulare sotto il nuovo altare. Le ossa furono rinvenute nel 1972 durante l’esecuzione dei lavori inerenti lo spostamento dell’altare maggiore e pietosamente ricomposte.
Rifacimento della facciata
Il rifacimento quasi totale della facciata (e in quell’occasione furono probabilmente tolte le colonne sopraccennate) fu eseguito nell’anno 1844 a totale spesa del notissimo possidente Vincenzo Pedrazzi, come voto di ringraziamento perchè durante un furioso temporale egli si trovava seduto accanto al focolare della cucina della sua Villa nei pressi della chiesa, e un fulmine, sceso dalla cappa del camino, lo investì in pieno strappandogli la catena d oro dell’orologio appeso al panciotto e facendola cadere annerita nell’angolo opposto della stanza.
Il Pedrazzi, seppure logicamente atterrito dall’episodio durato pochi istanti, rimase miracolosamente illeso e donò la catena come ex- voto alla chiesa d Anzola (ancora oggi conservata) e finanziò i predetti lavori alla facciata.
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Vincenzo Pedrazzi |
Nella lapide, posta a ricordo dell’episodio, si legge |
Vincentius Pedrazzius |
Segnale dell’Istituto geografico militare pontificio.
Anche l’ Istituto geografico militare dell’ex Stato pontificio considerava le chiese degli importanti punti di riferimento, e sulla facciata principale è visibile ancora oggi una targhetta (un caposaldo) con indicati i punti cardinali in uso prima dell’adozione del sistema metrico decimale: Tramonta (si riferiva all0omonimo vento freddo proveniente dal nord), Ostro (era un vento caldo che spirava da sud), Ponente e Levante (ovest’ed est) che indicavano rispettivamente i luoghi dove tramontava e sorgeva il sole.
L’ orologio L’ orologio sistemato sopra le meridiane fu acquistato nell’anno 1709, con una spesa di 250 lire dell’epoca, e nello stesso anno fu fatta fare la campana per “battere” le ore scandite dall’orologio,affrontando la spesa di altre 235 lire.
Le meridiane Lo gnomone della prima meridiana (questa probabilmente fu rifatta in modo più corretto, perchè nella stampa di pag. 4 è già indicata come preesistente) segna l’ora solare di Anzola ed ha la scritta latina Praetereunt horae et imputantur (passano le ore e ti vengono imputate, dove imputate sta a significare che vengono poste a tuo carico nel grande libro della vita, e al momento del trapasso dovrai risponderne nel bene e nel male). |
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L’ orologio e le Meridiane |
Come è noto, il solstizio (dal lato solstitium, unione di Sol (sole) e Stare (fermare o fermarsi) costituisce in astronomia i due istanti in cui il sole raggiunge la massima declinazione (23°27 sud 23°27 nord) e d estate costituisce il momento in cui lo stesso sole cessa di alzarsi sopra l’equatore celeste (simboleggiato dal punto centrale dell’ellissi) ed ha la sua massima altezza nell’emisfero nord e la minima nell’emisfero sud (21 giugno) e d inverno segna la data in cui cessa di scendere rispetto all’equatore celeste ed ha la minima altezza nell’emisfero nord e la massima nell’emisfero sud (21 dicembre).
Cimitero antico
I documenti più antichi indicano che il cimitero di Anzola era stato ricavato nel cortile settentrionale della chiesa stessa (dove oggi c è l’Oratorio e l’attiguo cortile interno) e la sua costituzione è probabilmente coeva alla costruzione della nuova chiesa effettuata nel 1638-1642.
Nell’antichità i cimiteri venivano costruiti all’interno degli edifici di culto, in ampi loculi sotterranei destinati ai religiosi o alle famiglie patrizie, o nelle monumentali arche che ancora oggi conservano i resti di importanti prelati o di nobili personaggi. Tutti gli altri parrocchiani venivano sepolti in ampi prati posti davanti, di fianco o nelle immediate vicinanze delle chiese, e tutte le mappe poderali o topografie di Anzola di primo Ottocento testimoniano la presenza del cimitero nel terreno sopraindicato.
Estratto di una mappa Ottocentesca: Con la lettera C viene rappresentata l’ area dell’ antico cimitero. Mentre B e F indicano rispettvamente La Chiesa e l’Oratorio |
Le leggi sanitarie emanate dal governo napoleonico proibirono di inumare i defunti all’interno delle chiese (vietando sia le arche in muratura che quelle interrate), obbligando tutti i Comuni del Regno a dotarsi di appositi cimiteri esterni o ingrandire e sistemare quelli già esistenti, e le medesime disposizioni furono largamente riconfermate nel 1816 dal restaurato Governo pontificio.
Già durante il regno napoleonico il cimitero di Anzola era stato oggetto delle lamentele delle Autorità sanitarie perchè i cadaveri erano molti e venivano inumati sopra ad altri e a poca profondità, e nel 1815 emerse chiaramente l’esigenza di dotarsi di un nuovo cimitero perchè l’esistente era ormai chiaramente insufficiente
Fu il parroco don Baj ad interessarsi per poter acquistare un terreno posto a tramontana del cimitero esistente, e le trattative con il signor Gaetano Volta portarono alla edificazione della prima parte dell’area cimiteriale oggi annessa al cortile nord della parrocchia.
Il 15 luglio 1817 si ottenne il nulla-osta del cardinale Oppizzoni al riguardo e nel 1819 l’opera fu terminata, con un elegante muretto di cinta che ne limitava i confini ed un unico ingresso costituito da un portone in ferro battuto sorretto dagli attuali pilastri in pietra a vista.
Un ulteriore esigenza di ampliamento si presentò nell’anno 1877, e a questo riguardo si fronteggiarono la proposta di Torquato Costa di costruirne uno completamente nuovo e la proposta dei meno lungimiranti che, per risparmiare, proponevano di ampliare l’area cimiteriale esistente, nonostante il terreno fosse molto poco.
Prevalse quest’ultimo orientamento e il vecchio cimitero fu allargato inglobando il terreno adiacente verso ovest, raggiungendo in pratica la scarpata dell’antico fossato del castello.
Questo ulteriore ampliamento sopperì alle necessità cimiteriali del paese fino agli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, allorchè si provvide alla costruzione della prima parte dell’attuale camposanto.