La Tecnica Leccese
Fonte: Liberanete tratto dalla Tesi di laurea su “Il restauro del Cristo in Cartapesta situato nell’Oratorio di san Francesco in Confortino“
Accademia di Belle Arti Bologna
Corso di Metodologie della Conservazione e del Restauro del Patrimonio artistico-culturale
Indirizzo di restauro dei dipinti murali e scultura applicata all’architettura
Testi di : Gabriella Brigante
Relatore: Prof. William Lambertini
Correlatore: Prof. Alfonso Panzetta
Il termine cartapesta sta ad indicare una poltiglia ottenuta dalla macerazione di carta priva di cellulosa, ossia fatta di soli stracci. Un tempo la poltiglia si otteneva avendo preliminarmente tagliato a piccoli pezzi la carta che poi veniva immersa nell’acqua, dove si lasciava macerare per 3-4 ore.
Quindi, toltala dall’acqua, veniva posta in un mortaio di pietra nel quale la si pestava fino ad ottenere una poltiglia che si mescolava con un po di colla di farina (Nota 11).
Si otteneva così una pasta che successivamente veniva diluita con acqua, e che con il polpastrello si spalmava leggermente nella forma che lo stesso artigiano aveva precedentemente preparato, modellando prima l’originale in argilla e, successivamente, colandovi sopra il gesso alabastrino (Nota 12).
La controforma così ottenuta veniva abbondantemente spalmata con olio di lino cotto, per consentire il facile distacco della poltiglia precedentemente pigiata, con uno spessore di 3-4 millimetri.
Nota 11: La colla che usa il cartapestaio viene detta pònnula nella voce dialettale. Si prepara con farina doppio zero via via mescolata con l’acqua, facendo attenzione a sciogliere la formazione di grumi. Il rapporto acqus-farina è di tre a uno. Nell’impasto si aggiunge, a discrezione, del solfato di rame onde preservare la cartapesta dall’assalto dei tarli, ma anche per conservare più a lungo la colla. Il tutto , poi, si pone a bollire a fuoco lento, sempre rimestrando, fino ad ottenere la densità desiderata, essa va adoperata fredda.
Nota 12: Dovendo realizzare un soggetto, il cartapistaio deve innanzitutto approntare la testa, le mani e i piedi. Qualcuno modella direttamente sull’argilla, tuttavia la maggior parte si serve delle controforme in gesso
Successivamente con una spugna si asportava l’umidità, facendo altresì aderire la poltiglia in ogni piega della controforma. Fatto asciugare il primo strato, su di esso venivano incollate e stratificate fascette di carta, fino ad ottenere lo spessore desiderato. Come strato finale, sempre a fascette, veniva adoperato il canovaccio (tela di canapa dura e grossa) per dare maggiore consistenza all’intero modellato.
La lavorazione attuale della cartapesta non differisce molto dal sistema usato anticamente, se si esclude l’ uso della poltiglia ottenuta dalla carta macerata che, come abbiamo già detto, ha dato origine alla cartapesta.
Oggi non si pesta più la carta, bensì la si pone nelle controforme a piccoli pezzi, adeguatamente pressati per garantire la massima adesione.
Il primo strato di carta che deve andare a contatto con la superficie della controforma viene spalmato, soltanto da una parte, con colla di farina. Il lato ricoperto di colla, ovviamente, sarà quello superiore ed ha lo scopo di trattenere le varie fascette di carta, impregnate di colla su ambo le parti, fino ad ottenere lo spessore che è direttamente proporzionale al volume del soggetto.
Fatto ciò, si espone la controforma al calore per farla asciugare e, quindi, servendosi di una stecca, si dà inizio all’operazione della sformatura .
Allorché si intende comporre una parte del soggetto, per esempio la mano, si procede realizzando rispettivamente la forma e la controforma sia della parte superiore che di quella inferiore di tale elemento. A saldatura effettuata con un coltello ben affilato saranno asportate le sbavature di carta, che si producono inevitabilmente ai bordi della controforma.
Fasi di lavorazione per la costruzione di una statua
Per una statuina alta fino a 70 cm. Si modellano testa, mani e piedi in creta; da 70 cm. in su si preferisce usare la cartapesta per l’intero soggetto.
Parti modellate in creta | Bustino |
Dovendo realizzare una statuina alta fino a 70 cm., dapprima con un fil di ferro si costruisce la cosiddetta anima della figura, sulla quale con spago e trucioli si modella il bustino, creandone così il corpo.
Quindi al bustino di paglia vengono fissati la testa, mani e piedi, se ne stabilisce la posa e poi lo si avvolge con strati di carta fatti progressivamente fatti aderire con colla di farina.
Il corpo così ottenuto viene in tutte le sue parti modellato con lo spago, al fine di conseguire una migliore sagomatura.
Una volta fatto asciugare, viene collocato su di una base e si passa, pertanto, alla vestizione per la quale si utilizzano fogli di carta incollati tra di loro con colla di farina, e gli strati si sovrappongono sino allo spessore che si vuole ottenere.
Fatto ciò, il pezzo si lascia asciugare.
Per la costruzione di una statua superiore a 70 cm. La tecnica è ben diversa. Tutta l’opera verrà realizzata in cartapesta cioè, dopo aver ottenuto testa, mani e piedi con il procedimento innanzi illustrato, si procederà alla formazione del busto.
Da un falegname si fa approntare una base di legno, di misura proporzionata all’altezza della statua. Al centro della base viene fissato un bastone molto solido, che costituisce il sostegno di tutto il lavoro. Quindi, attorno al bastone, con successivi stati di paglia, a mano a mano si sagoma il busto per ottenere una sorta di manichino.
Manichini | Mano e piede in cartapesta |
Questa operazione richiede una notevole esperienza, che non può prescindere dalle regole del disegno anatomico.
Se la statua deve assumere una determinata posizione, per esempio si vuole costruire un santo inginocchiato, è necessario dare al busto l’impostazione di un uomo inginocchiato. Se, invece, la statua dovrà risultare isolata, si appronterà una struttura in ferro onde ottenere l’idea del movimento.
Distribuita opportunamente la paglia intorno all’asse portate, procederà a trattenerla legandola con spago sottile, ma molto resistente,in modo da non creare spessori inopportuni. Quindi il corpo verrà ricoperto con carta priva di cellulosa, sempre spalmata con colla di farina.
Il manichino avrà monche ed appuntite le estremità delle braccia e delle gambe, dove mani e piedi, precedentemente realizzati in cartapesta, saranno incastrati e solidamente trattenuti dallo spago.
La saldatura delle giunture viene completata con l’ applicazione di lembi di carta ben impregnata di colla di farina. La testa, invece, viene legata al busto con dello spago fatto passare attraverso alcuni fori precedentemente disposti sul collo e sulla nuca.
L’ impostazione di base della statua è così completata. Essa è pronta per la vestizione, ma occorrerà a questo punto che il cartapestaio abbia le idee chiare, è necessario che egli già intraveda il risultato finale, ossia l’armonica correlazione tra il panneggio e la figura, nonché il risultato che essa deve esprimere. Non è errato affermare, pertanto, che il cartapestaio dovrà possedere la sensibilità ed il buon gusto del sarto, ma ciò non basta. Egli, infatti, dovrà essere sufficientemente edotto in storia del costume al fine di realizzare un opera fedele, al massimo, alla foggia dei vestiti antichi. Ore e ore di studio, di lavoro e di prova occorrono al cartapestaio per vestire la statua, per ottenere l’ appagamento del personale gusto artistico ed una perfetta aderenza storica.
Per la vestizione della statua si fa uso di fogli sparsi di colla di farina su ambedue le facciate. Con l’aiuto di una stecca di legno e con le mani l’ artista via via sagoma il panneggio, facendogli assumere le pieghe e le caratteristiche dell’abito.
Ma il vestito non è fatto con un sol pezzo di carta, come potrebbe sembrare osservando una statua nel laboratorio. Sono invece grandi fogli di carta che, sezione per sezione, completano l’ abito.
Dopo qualche giorno, ad asciugatura effettuata, si è pronti per effettuare una prima focheggiatura (Nota 14), con la quale si rendono più lisce le superfici e più compatta la carta, ma, soprattutto, si correggono le contorsioni che si sono prodotte durante l’essiccamento.
Nota 14: Il suo scopo è quello di saldare e di rendere omogenee, a livello di superficie, le varie parti del lavoro, prodotte in vari pezzi nella controforma, e di spianare e levigare le eventuali deformazioni prodottesi durante l’asciugatura della statua. Questa operazione si effettua con utensili di ferro dolce riscaldati fino all’incandescenza.
Terminata la prima focheggiatura, è necessario rinforzare il vestito, ricoprendolo con vari strati di carta. Nuovamente asciugato, l’abito si focheggia per la seconda volta e così assume una consistenza pressocché lignea.
Strumento per focheggiare | Testa focheggiata |
Prima di passare i ferri roventi, tutta la statua deve essere coperta da uno strato di colla di falegname, per evitare che il ferro caldo dia fuoco alla carta. Dopo quest’operazione, la statua viene cosparsa, tramite un pennello, da una miscela realizzata da gesso di Bologna e colla di coniglio (Nota 15), per renderla idonea a ricevere le vernici.
Nota 15: In un recipiente posto su di un fornello si farà sciogliere la colla nell’acqua, fino a quando il liquido entrerà in ebollizione. Successivamente, per mezzo di un canevaccio, la colla verrà filtrata e, quindi, sarà mischiata con gesso ed acqua fino a quando si otterà una miscela molto fluida.
Fatto ciò, il cartapestaio inizierà l’ operazione di levigatura delle superfici della statua mediante carta di vetro, di grana sottile.
L’ ultima operazione è la coloritura della statua. L artigiano dapprima stenderà sul pezzo un sottofondo costituito da colori a base di colla di coniglio, cosiddetti a guazzo ; una volta asciugati, impregnerà la statua con colori a tempera. Infine dipingerà l’opera servendosi di colori ad olio di lino per le carnagioni, e di colori satinati per i vestiti.
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