1- Smontaggio del mobile
Passiamo senz’altro affermare che la pulizia e lo smontaggio del mobile rappresentano le prime fasi del lavoro.
Fonte: ha collaborato il restauratore Fabio del sito Il Restauro del Mobile
Benché non sia possibile stabilire una priorità assoluta tra smontaggio e pulizia del mobile, si potrà tuttavia iniziare con lo smontare il mobile nelle sue componenti principali, pulirle, e poi rendersi conto se dover smontare ulteriormente i singoli pezzi. Sarà, quindi, l’esperienza a suggerire, di volta in volta, l’ordine da seguire nel caso concreto.
In linea di massima, si può distinguere tra lo smontaggio delle parti che compongono il mobile che chiameremo DISASSEMBLAGGIO, fissate fra di loro con perni, cerniere, piastrine, graffe, chiavarde, di elementi metallici come pomelli, maniglie, fregi decorativi, di elementi ausiliari come vetri, marmi e tappezzerie e lo SMONTAGGIO relativo di parti che sono, o dovrebbero essere fra di loro incollate in modo permanente e solidale.
Di seguito, in questa prima parte, vediamo insieme come procedere per un corretto disassemblaggio. Successivamente, nella Seconda Parte, affronteremo lo Smontaggio del mobile, ricordando che lo smontaggio lo si deve effettuare solo se necessario.
Disassemblaggio
Focus: Si descrive dettagliatamente la fase di disassemblaggio del mobile che comprende rimozione di marmi, vetri, tappezzeria e cerniere.
Quando si smonta un mobile o una sua parte, è consigliabile ricordare come i pezzi erano assemblati, marcandoli e numerandoli, e annotare su un foglio o un’agenda la direzione e l’ordine di montaggio. Per i mobili d’epoca, è utile segnare anche le viti per ricollocarle nella stessa posizione. È ovvio che bisogna conservare con cura cerniere, maniglie, ecc., preferibilmente in un cassetto o vano dedicato. La decisione di riutilizzarli dipenderà dalla loro condizione, funzionalità, riparabilità e aderenza stilistica al mobile. Gli oggetti devono essere in armonia con lo stile del mobile; in caso contrario, è preferibile sostituirli con riproduzioni di qualità.
Togliere i marmi
Focus: Si sottolinea l’importanza di procedere con cautela per evitare danni, specialmente con materiali delicati come marmi e vetri.
Sebbene i marmi non fossero solitamente fissati, ci sono delle eccezioni. A volte venivano incollati; in queste situazioni, se non è strettamente necessario, si sconsiglia di rimuoverli, prestando attenzione al fatto che un distacco improvviso potrebbe frantumarli.
Nelle toilette di fine Ottocento, il piano in marmo è spesso coronato da piccoli marmi, posizionati uno su ogni lato e uno sul retro. Generalmente sono montati a incastro, ma a volte erano fissati con viti. Per rimuoverli, si deve iniziare dai marmi laterali. (figura 1).
In alcuni comò antichi, il piano in marmo è inserito a incastro e per rimuoverlo bisogna localizzare il foro nel sottopiano. Premendo dal basso con un pezzo di legno, si può sollevare. Per spostare marmi di grandi dimensioni è necessario afferrarli lateralmente, altrimenti si rischia di romperli.
Togliere i vetri
I vetri sono spesso fissati da “braghettoni”, ovvero listelli di legno ancorati con piccoli chiodi.
Rimuovere quelli illustrati in figura 2a non è particolarmente difficile; iniziando da quelli marcati con il numero “I”, si può inserire uno scalpello vicino ai chiodi e fare leva con cautela.
Per quelli mostrati in figura 2b, la rimozione è più complessa; si inizia dal centro di uno dei listelli più lunghi, incurvandolo leggermente verso l’alto e, con attenzione, si può rimuovere senza danneggiarlo. Si procede seguendo l’ordine indicato in figura 2b.
Fig. 3 | Fig. 4 |
A volte i vetri venivano inseriti in scanalature, con la traversina superiore interamente traforata per facilitarne la rimozione. (fig.3)
Qualora la traversina non fosse stata traforata per l’estrazione del vetro, sarà necessario rimuoverla. Questo è spesso fattibile senza grandi difficoltà, poiché in questi casi non era incollata, ma soltanto fissata con chiodi o viti. (fig 4).
Un altro metodo per fissare i vetri consisteva nell’uso del mastice, che aveva il vantaggio di creare una struttura vetro-cornice molto solida, prevenendo il tintinnio e la flessibilità tipici degli altri sistemi di fissaggio (fig. 5).
Sfortunatamente, con il passare del tempo, il mastice diventa estremamente duro, rendendo difficile la sua rimozione. Se fosse essenziale rimuoverlo, ad esempio per sostituire un vetro rotto, potrebbe essere utile riscaldare il mastice con la punta di un saldatore.
Rimuovere la tappezzeria
Anche se è un compito sgradevole, è spesso necessario per un restauro adeguato di sedie, poltrone e divani. Affermare che tessuti e imbottiture siano generalmente molto impolverati è un eufemismo, dovuto anche all’abitudine criticabile di alcuni tappezzieri di applicare nuovi tessuti senza rimuovere quelli vecchi. Si raccomanda quindi di indossare una mascherina per proteggersi dalla polvere.
Inoltre, si può rimuovere preliminarmente il più possibile di tessuto e imbottitura utilizzando un cutter, a meno che non si tratti di stoffe di grande valore che si desidera conservare, situazione piuttosto rara in realtà.
Fig. 6 | Fig. 7 |
Si procederà quindi a rimuovere le bollette da tappezziere utilizzando lo scacciachiodi appropriato, facendo attenzione a tenere il manico rivolto nella direzione opposta al legno per evitare di danneggiarlo (Fig. 6). Naturalmente, sarà necessario rimuovere anche le cinte e le eventuali molle d’acciaio (Fig. 7).
Smontaggio delle cerniere
Focus: Vengono forniti consigli su come segnare e conservare i pezzi smontati, e su come rimuovere viti e altri elementi metallici.
1) Cerniere a pollice
Sono formate da due barre metalliche con fori per il fissaggio; una presenta un perno, denominata “maschio”, e l’altra, chiamata “femmina”, ha un foro destinato ad accogliere il perno..
La femmina viene incassata nelle traverse del mobile mentre il maschio nelle traverse inferiori e superiori delle ante (figure 8a e 8b).
Nello smontare le ante occorre tener presente che normalmente solo uno scasso o bassofondo, generalmente quello inferiore, consente lo slittamento del maschio (fig 8c).
Fig. 8b |
Fig. 8c |
2) Cerniere a baionetta
Rappresentano una versione modificata delle cerniere a pollice, dotate di una linguetta metallica che funge da fermo sulla parte femmina. Sono impiegate nelle ribaltine per mantenerle orizzontali quando sono aperte (fig 9a e 9b).
Fig.9a | Fig.9b |
3) Cerniere a ginocchio
Vengono utilizzate, generalmente, nei tavolini da gioco con metà mano ribaltabile.
Poiché vanno incassate lateralmente e talvolta vengono ricoperte con della lastronatura, solo lo snodo risulta visibile (fig 10a, 10b e 10c).
Fig. 10b | Fig. 10c |
4) Cerniere invisibili
Di recente fabbricazione, queste sono composte da una serie di braccetti metallici sovrapposti che ruotano attorno a un perno fisso, generando un movimento orizzontale dei perni mobili all’interno della feritoia designata (fig. 11a, 11b e 11c). Il loro vantaggio è di essere quasi invisibili, tuttavia sono strutturalmente delicati e vengono fissati con delle viti.
Fig. 11b | Fig. 11c |
5) Cerniere a cilindro
Fig. 12 | Fig. 13a | Fig. 13b |
Le varie cerniere a cilindro, sfilabili, con perno sfilabile, comune, da tavolo, non presentano particolari problemi di smontaggio, se non quelli derivanti dalla difficoltà di togliere viti incrostate di ruggine o con testa rovinata (fig 12, 13a, 13b e 14).
6) Cerniere ad anello.
Furono utilizzate a partire dal 500. Per toglierle è necessario raddrizzare le linguette, ma poiché generalmente sono arrugginite bisogna tenere presente che potrebbero facilmente spezzarsi.
Può essere opportuno allargare il foro passante per permetterne un’estrazione più agevole.
Le cerniere possono diventare poco funzionali nel tempo; le continue aperture e chiusure possono allargare eccessivamente il foro passante, rendendo la cerniera meno affidabile (fig. 16).
Rimuovere le viti
Rimuovere le viti può risultare un’operazione molto semplice o estremamente frustrante. La scelta di un cacciavite adeguato è fondamentale: la punta deve avere una larghezza leggermente inferiore al diametro della testa della vite e uno spessore pari alla larghezza della fessura.
È importante ricordare che più il cacciavite è lungo e grande, maggiore sarà la forza applicabile. Per viti ossidate, può essere utile l’applicazione di un disincrostante. Se la vite rimane bloccata, un’ulteriore soluzione potrebbe essere riscaldarla con un saldatore.
Il calore, causando l’espansione del metallo, comprimerà le fibre del legno, così che, quando la vite si raffredderà e tornerà al suo volume originale, il foro sarà abbastanza largo da permetterne l’estrazione (fig. 17).
Un’altra tecnica, da utilizzare solo come ultima risorsa perché rischia di rompere la testa della vite, consiste nel posizionare la punta del cacciavite nello spacco vicino al bordo esterno della testa della vite, tenendolo inclinato come uno scalpello e battendo leggermente con un martello.
A tale scopo, converrà utilizzare dei vecchi cacciaviti poiché è facile che in tale operazione si danneggino (fig 18).
Altri elementi
1) Piastrini metallici
Trovano molteplici utilizzi come elementi di unione fra parti del mobile, generalmente non incollate tra loro. Comunemente, vengono impiegate per tenere unite le alzate al corpo inferiore nei mobili a due corpi (fig 19).
2) Le chiavarde
Costituiscono il tipico sistema di fissaggio delle basi e dei cappelli alle fiancate degli armadi di fine, ‘800 e dei primi decenni del ‘900.
Sono formate da un bullone filettato che si impana a una contropiastra. La testa del bullone presenta dei fori passanti; inserendovi un punteruolo è possibile avvitarlo e svitarlo (fig 20).
3) Maniglie e i pomelli
I pomelli sono fissati con bulloni o viti (fig. 21). Le maniglie, di norma, sono montate sia con viti che con bulloni filettati. Per rimuoverle, occorre svitare i dadi posti all’interno dei cassetti o delle porte con una chiave specifica (fig. 22).
Fig. 21 | Fig. 22 |
4) Sostegni metallici
Quello rappresentato in fig 23 è comunemente usato per sostenere le alette dei tavolini da tè.
Prima di rimuoverli, è necessario assicurarsi che siano stati installati correttamente, in modo che le alette si alzino adeguatamente all’apertura e si chiudano correttamente. I fori di fissaggio esatti devono essere segnati con delle tacche, specialmente se ci sono altri fori in posizioni sbagliate che potrebbero creare confusione. Questo accade spesso perché la posizione precisa dei supporti era solitamente stabilita attraverso successive approssimazioni. La didascalia accanto alla figura 23 illustra la procedura per stabilire la posizione esatta da zero.
La figura 24a illustra un supporto specifico per le ribaltine, composto da due aste collegate mediante uno snodo. L’asta più lunga è attaccata al piano della ribalta attraverso un piastrino articolato, mentre l’asta più breve è avvitata a una listella di legno. Quest’ultima, durante l’apertura della ribalta e trainata dal supporto, scorre e emerge dal mobile tramite una feritoia dedicata, fungendo da sostegno inferiore per la ribalta. (vedi fig. 24b e 24c).
fig. 24b |
fig. 24c |
5)Sponde dei letti: sistemi di fissaggio
Le sponde dei letti spesso venivano unite alle spalliere tramite dei piastrini a “baionetta” .
Il maschio di tali piastrini, incassato di testa alla sponda, presenta dei perni a elle che vanno a inserirsi nella femmina del piastrino a sua volta incassata nella spalliera (fig 25a 26b).
Fig. 25a |
Fig. 25b |
In altre occasioni, le sponde erano fissate con chiavarde. Il bullone era inserito longitudinalmente nella sponda attraverso una scanalatura ampia che terminava in un foro passante. La contropiastra veniva poi alloggiata nella parte posteriore della spalliera. (figura 25c).