Nuove tecnologie nel restauro della ceramica
Fonte: Checcucci Restauri di Barbara Checcucci
Nel restauro della ceramica, possono essere applicate nuove metodologie d’indagine non invasive che escludono l’utilizzo di campioni prelevati dalle opere, permettendo al restauratore di procedere nell’intervento di restauro con maggiore consapevolezza utilizzando prodotti specifici e mirati per tale intervento.
Nel campo dei beni culturali la tecnica XRF consente il riconoscimento della composizione superficiale ed eventuali rifacimenti posteriori. Questa metodologia è possibile utilizzarla anche in altri settori, per esempio, nell’ambito del collezionismo per identificare l’autenticità dell’opera.
La tecnica XRF (X-Ray Fluorescence)
La tecnica XRF (X-Ray Fluorescence) permette di realizzare analisi multi-elementari qualitative e quantitative di solidi e liquidi. Il principio su cui si basa è il seguente: in seguito all’irraggiamento del campione in analisi con raggi X si eccitano i suoi atomi che, a loro volta, emettono raggi X caratteristici (cioè la loro energia o la loro lunghezza d’onda varia in base all’elemento che li ha emessi, permettendone l’identificazione).
Per quanto riguarda invece l’analisi di tipo quantitativo si prende in considerazione l’area sottesa all’insieme dei picchi corrispondenti ai raggi X caratteristici di un elemento che è proporzionale alla concentrazione relativa dell’elemento stesso all’interno del materiale. Questa rivoluzionaria tecnologia, è stata utilizzata per diagnosticare sia il rivestimento vetroso, sia l’impasto, di alcuni dei dodici vasi da farmacia custoditi presso il laboratorio e sottoposti ad un intervento di restauro conservativo.
I vasi da farmacia, acquisiti di recente dalla Fondazione A. De Mari di Savona, verranno esposti nei nuovi spazi della Pinacoteca Civica di Savona.
I vasi apotecari del XVII secolo, provengono dalla farmacia privata genovese Cavanna e fanno parte dei prestigiosi corredi farmaceutici liguri che avevano il compito di conservare spezie e preparati medicamentosi.
La decorazione di tipo “orientalizzante naturalistico”, ispirata alla porcellana cinese di esportazione e alla ceramica turca di Iznik, venne introdotta proprio in quel periodo e permise ai centri ceramici albisolesi e savonesi, di conoscere una straordinaria stagione artistico artigianale.
Tale decorazione è stata effettuata su uno smalto di copertura di colorazione azzurrina chiamato berettino, usato dai maiolicati liguri a partire dal XVI secolo. L’analisi della superficie dei vasi è stata condotta con strumentazione XRF portatile Delta Standard 2000 (Innov-X System); l’analisi XRF, nel caso dello strumento in questione, viene effettuata su un’area di 44,67 mm2 per un diametro di 9 mm.
Le misure sono state effettuate in modalità soil (tre fasci, con tensione di accelerazione 40 e 15 KV; tempo di acquisizione: 30, 45 e 30 s).
I risultati delle analisi hanno riscontrato che sullo smalto di copertura, le zone di cromia blu chiare e scure, sono state realizzate con un pigmento a base di cobalto (Co).
Nelle aree azzurro chiare sono stati riscontrati tenori bassi di questo elemento (tuttavia sufficienti per la colorazione).
Lo stagno (Sn) e il piombo (Pb) sono principalmente attribuibili alla presenza dello smalto.
Anche il potassio (K) potrebbe essere correlato alla presenza del rivestimento vetroso.
L’ Arsenico (As) è attribuibile sia alla presenza di tenori elevati di piombo (Pb), sia alla presenza di cobalto (l’arsenico è infatti associato al cobalto in molti dei minerali da cui viene estratto).
Nell’impasto ceramico sono stati riscontrati gli elementi costitutivi quali il calcio (Ca), il ferro (Fe) e il potassio (K).
Le analisi sono state realizzate dal Laboratorio di Metallurgia e Materiali del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale (DCCI) dell’Università di Genova, sotto la direzione del Prof. Paolo Piccardo.
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