Restauro conservativo della “Madonnina del Grappa”
La Madonnina del Grappa in cartapesta di Castiglione Messer Raimondo verrà restaurata dall’artista Ezio Flammia uno dei maggiori esponenti del settore.
Fonte: Ezio Flammia
Introduzione
Sono passate poche settimane da quando ho ricevuto una mail da parte dell’ Ing. Antonella Ricci dell’ Ufficio Tecnico del Comune di Castiglione Messer Raimondo (TE) con la richiesta per il restauro di una statua devozionale in cartapesta. Ho immediatamente messo in contatto l’amico Ezio Flammia, artista affermato in questo campo, con l’Ing. Antonella Ricci e dopo gli accordi preliminari il progetto per il restauro è partito.
Sono onorato di pubblicare sul nostro sito le varie fasi del restauro di questa curiosa opera devozionale la cui iconografia si ispira ad un’altra statua, questa volta il bronzo, che si trova sul Monte Grappa nel Sacrario dei Caduti della Grande Guerra.
Iniziamo ora la pubblicazione con un articolo scritto dall’artista Ezio Flammia che ci racconta la storia della statua bronzea della Madonna del Grappa e di quella in cartapesta che sarà oggetto di un laborioso restauro.
Buona lettura
(n.d.r.)
Madonnina del Grappa e la fonte di ispirazione
La Madonnina del Grappa che si propone per il restauro conservativo, è un’opera devozionale in cartapesta che si rifà alla iconografia della stessa effige sacra decretata, per una nuova venerazione mariana, dal Patriarca di Venezia, S. E. Giuseppe Sarti, divenuto in seguito Papa Pio X.
La statua il 4 agosto 1931, benedetta dal futuro Papa poi proclamato santo. Alta 2 metri, fu realizzata in Francia in ghisa bronzata in tre elementi separati (per facilitarne il trasporto). La Madonna fu collocata sopra un sacello sulla cima del monte Grappa, una delle vette più alte dell’arco prealpino “a protezione dei confini e dell’intera nazione italiana”.
Questo luogo divenne in breve tempo meta di pellegrini, ma durante la Grande Guerra, fu teatro di sanguinose battaglie. In un combattimento (10 agosto 1918 alle ore 10 del mattino), la statua, che era collocata sopra il menzionato sacello, ma nelle immediate vicinanze della prima linea, fu colpita dallo scoppio di una granata che la mutilò notevolmente sul fianco sinistro.
Il gruppo in gesso dipinto a imitazione del bronzo riproduce l’aspetto della Madonnina del Grappa.
La Madonna con Bambino, inaugurata pochi anni prima del conflitto mondiale, che, colpita da una granata, subì i danni visibili in questa riproduzione.
Al termine della prima guerra mondiale, diventata simbolo delle sofferenze patite dai soldati al fronte, fu al centro di esposizioni e funzioni religiose solenni come “La Grande Mutilata“.
L’opera originale fu poi reintegrata, lasciando però in evidenza le tracce della storia, e ricoverata nel Sacrario della Madonna del Grappa.
Nell’iscrizione incisa sulla base si legge: MADONNA/ DEL GRAPPA/ COLLE FERITE/ DI GUERRA
(foto e notizie tratte dall’Archivio dei Beni Culturali)
Dopo il restauro, affidato alla perizia dell’artista Emanuele Munaretti di Venezia, la “Grande Mutilata”, così definita come testimone della crudeltà della guerra che distrugge paesi , città, uomini , valori etici e religiosi, fu riportata al suo luogo d’origine. Ora la Madonnina del Grappa, onorata con questo vezzeggiativo, nonostante i suoi due metri d’altezza, si conserva all’interno del Sacrario Militare di Cima Grappa (uno dei principali ossari militari della Prima guerra mondiale).
La devozione per la Madonnina si spinge sino in Puglia
Per gli aspetti simbolici e per quelli di venerazione la Madonnina del Grappa dopo la guerra fu nutrita di devozione in parecchi luoghi d’Italia, persino a Tuglie, dove qualche anno dopo che venisse a mancare il celebre scultore e cartapestaio Luigi Guacci (autore della Madonnina castiglionese), fu dato inizio, sulla collina nord del paese, alla costruzione di una chiesa sul modello del Sacello del Monte Grappa.
La Chiesa di Tuglie, dedicata alla Madonnina, distante una quarantina di chilometri da Lecce, fu costruita a ricordo dei salentini morti nella Grande Guerra 1915-18. Non a caso anche la statua di Castiglione Messer Raimondo, indicata anch’essa come “Madonnina del Grappa”, si trovava in una “piccola cappella consacrata ai caduti della prima guerra mondiale”.
L’iconografia che accomuna le due statue
Luigi Guacci, doveva conoscere bene l’iconografia mariana della “Grande Mutilata”, infatti, la statua realizzata in cartapesta (alta cm120) si rifà al modello della scultura di metallo del Monte Grappa, con poche modifiche.
Identica è la tipologia medioevale della corona che cinge il capo della Madonna, così come identica è la postura del bimbo in braccio alla madre e uguali sono anche i panneggiamenti della veste e del mantello.
Questo spiega il colore “bruno” del volto della Vergine e la quasi assenza di una colorazione appropriata che avrebbe distinto le vesti dai volti, dalle mani e dai piedi della Madonna e del Bambino e persino dagli elementi aggiunti dal Guacci al basamento della Madonna quali la quasi semisfera che indica il mondo e la testa del serpente. Gli elementi aggiunti dallo scultore (cui mi riferivo come parti delle modifiche alla iconografia originaria), forse furono indicati dai committenti castiglionesi per celebrare la maestà di Maria Ausiliatrice del Grappa che sconfigge il Male, perciò anche la Guerra. Nell’immaginario collettivo, da tempi remoti, il “Male assoluto” è personificato dal Serpente-Diavolo.
Siccome in questo momento sono esplose (da poco tempo), due sanguinose guerre, quasi alle porte del nostro territorio nazionale, l’iconografia della Madonnina del Grappa torna in auge con il suo valore di apportatrice di PACE.
La statua, come si nota dalle numerose foto, inviatemi dalla Ing. Antonella Ricci, è quasi monocroma. Luigi Guacci, grande scultore ed esponente di primo piano dell’arte della cartapesta leccese, dipinse la statua monocroma con pochissimi tocchi di cromia ad imitazione del colore bronzeo della statua del Monte Grappa dalla quale (come ho rilevato), scaturì una nuova venerazione mariana e, dopo la Prima Guerra Mondiale, una devozione a ricordo dei milioni, tra militari e civili morti nel grande conflitto.
L’arte leccese della cartapesta
Luigi Guacci, maestro di molti importanti cartapestai leccesi quali Pietro Indino, Gabriele Capoccia, Pasquale Zilli, fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito del lavoro, come si legge nella targhetta affissa alla base della statua castiglionese. Egli è ricordato, tra l’altro, per aver dato vita a Lecce ad un opificio (Istituto di arti plastiche), in cui lavoravano i migliori allievi cartapestai, circa un’ottantina, provenienti dalle rinomate botteghe salentine.
I lavoranti, divisi per specializzazioni, producevano opere sacre e profane a livello semi industriale, comprese le bambole infrangibili dagli occhi mobili che facevano concorrenza a quelle di Sonnenberg e di Norimberga (per quest’aspetto vedasi il brano estrapolato dalla mia “Storia dell’arte della cartapesta”.
La statua di cartapesta di Castiglione Messer Raimondo, è una delle opere che proviene dalla rinomata manifattura del Guacci come attesta la citata targhetta in cui si legge: “Scultore Luigi Guacci, Cavaliere del lavoro, Stabilimento di arte sacra, Lecce”.
La statua, per la sua particolare valenza devozionale, fu realizzata in cartapesta poco dopo la Grande Guerra 1915/18, sicuramente dal maestro Guacci, poiché l’iconografia della Madonna del Grappa esulava dalla ordinaria produzione dell’Istituto di arti plastiche. In questo periodo il maestro Guacci e il suo Istituto erano conosciuti e apprezzati al Centro e al Sud dell’Italia per via delle numerose pubblicità che egli faceva apparire sui quotidiani e le riviste religiose dell’epoca.
Le condizioni della statua prima del restauro
La Madonnina castiglionese a vederla in modo superficiale sembra integra nel suo aspetto di effige sacra, ma dopo un’attenta analisi delle foto (in mio possesso), si capisce che la scultura giace in uno stato di abbandono che anticipa il disfacimento.
Oggetto: statua
Materia: cartapesta
Altezza: circa cm 120
Autore: Luigi Guacci (Lecce 1871 –1934)
Anno di realizzazione: qualche tempo dopo la Guerra 1915/18
Ubicazione Castiglione Messer Raimondo TE, Cappellina ai caduti
Proprietà: Comune di Castiglione Messer Raimondo
Committente: Ing. Donatella Ricci , Comune di Castiglione Messer Raimondo
La cartapesta, materiale deperibile e igroscopico, se non è bene conservata, soprattutto quella realizzata con fogli sovrapposti, si può disgregare a iniziare dall’esfoliazione (il distacco dei vari strati che formano il guscio scultorio della cartapesta).
Lo stato di abbandono lo può notare anche un profano osservando la crosta di polvere accumulatasi su tutta la scultura che offusca il film pittorico accentuando la monocromia con cui l’intera opera è stata concepita (Figura 1, Figura 2, Figura 3 e Figura 4).
Com’è naturale lo strato più evidente si è accumulato nelle parti basse della statua: base, piedi della Madonna, pieghe della veste che cadono sulla semisfera (Figura 5).
In alcuni punti le screpolature si sono distaccate dalla sfoglia di cartapesta sottostante causando delle lacune. Una screpolatura distaccata si può notare in prossimità del piede della Madonna che schiaccia il serpente.
L’ambiente dove è stata custodita la statua, probabilmente con scarsa protezione, con un alto tasso d’umidità nei periodi freddi e con escursioni termiche repentine in quelli caldi, ha causato una craquelure diffusa in varie forme sia del colore e sia della sottostante preparazione a gesso.
La fitta rete di screpolature in alcuni punti non aderisce al supporto per indebolimento dello stesso causato da una maggiore umidità (Figura 6).
In alcuni punti le screpolature si sono distaccate dal “guscio” di cartapesta sottostante causando delle lacune (Figura 7).
Una di queste screpolature distaccate si può notare in prossimità del piede della Madonna che schiaccia il serpente (Figura 8).
L’indebolimento di tutta la superficie cartacea, con la defoliazione incipiente dei fogli che compongono il guscio di cartapesta, ha prodotto le rotture e le perdite di tre elementi trilobati della corona e del distacco degli altri rimanenti (Figura 9).
Per gli stessi motivi alle mani dell’arto destro del Bambino mancano il pollice e l’indice, mentre a quello della Madonna il pollice e la mano sono in parte compromessi (Figura 10 e Figura 11).
In conclusione, la scultura ha bisogno di un restauro conservativo accurato sia per la qualità artistica, sia per la rarità della iconografia dell’opera ed anche per la notorietà dell’autore.
Fasi del Restauro conservativo
- Trattamento sottovuoto della statua per almeno 15 giorni per l’eliminazione di microrganismi con prodotti volatili in modo da provocare la morte degli insetti per anossia.
- Eliminazione della polvere e di qualsiasi traccia di sporco sia per mezzo di pennelli di setole finissime e batuffoli di cotone, sia con impacchi di desogen (tensioattivo e fungicida) a più riprese.
- Eliminazioni delle macchie o residui persistenti di sporco con bisturi.
- Trattamento su tutta la superficie tramite infiltrazioni di collanti animali a più riprese in diverse intensità per riportare la sfoglia di cartapesta alla sua originale consistenza materica. Nella fase finale del trattamento si utilizzerà il primal in soluzioni acquose.
- Stiratura e incollaggio, al supporto di cartapesta, delle parti distaccate o in fase di distacco.
- Pulitura della superficie pittorica con solventi appropriati.
- Ricostruzioni delle parti mancanti con pasta di carta.
- Risarcimento delle lacune e degli interstizi tra le craquellure con gesso di Bologna e colla coniglio.
- Ritocco a tono con colori ad acquerello.
- Finitura finale con vernici per restauro della Lefranc.
- Tutti i prodotti utilizzati sono reversibili.
Chi era Luigi Guacci
Luigi Guacci (1871-1934) è stato un artista geniale e poliedrico, noto per la sua maestria nella lavorazione della cartapesta, una tradizione artigianale tipica di Lecce. Dopo aver appreso l’arte del dipingere sotto la guida di Raffaele Maccagnani e Vincenzo Conte, e l’arte dell’intaglio dal neretino Giuseppe De Cupertinis, Guacci si perfezionò come scultore all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Tornato a Lecce, Guacci si distinse per la sua abilità nella creazione di opere in bronzo, marmo e gesso, collaborando con artisti come Antonio Ippazio Bortone ed Eugenio Maccagnani. Tra le sue opere più note si annoverano il monumento al vescovo Luigi Zola nella Cattedrale di Lecce e la colonna e statua dell’Assunta a Trepuzzi.
Nel 1897, Guacci fondò uno stabilimento per la lavorazione della cartapesta, che divenne famoso per la produzione di bambole infrangibili con occhi in pasta vitrea, apprezzate ed esportate in tutto il mondo. Le sue opere si distinguevano per la perfetta esecuzione dei volti e dei panneggi delle vesti, nonché per l’intensa espressività.
Guacci fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro nel 1913 e partecipò a numerose mostre ed esposizioni, ottenendo vari riconoscimenti. Il suo stabilimento continuò a operare fino alla fine degli anni ’40, lasciando un’eredità duratura nella tradizione della cartapesta leccese.