Restauro dei dipinti su tavola
Cenni storici dei dipinti su tavola
La nascita dei dipinti su tavola risale al XII secolo, quando, soprattutto in Italia, vi fu una ricca produzione di grandi croci in legno dipinto di cui oggi abbiamo testimonianza grazie alla Croce di Sarzana di Guglielmo risalente al 1138 (foto di copertina).
Dalla metà del XIII secolo appaiono le prime tavole dipinte di dimensioni contenute e con soggetti di carattere storico-narrativo.
Alla fine di questo secolo e per tutto il successivo i polittici dipinti iniziano a decorare splendidamente le chiese di tutta Europa. Questi sono costituiti da vari scomparti, decorati da gulie e suddivisi da colonnine tortili, pilastrini e nella parte inferiore da pedrelle.
Dal XV secolo in poi in Italia il polittico viene abbandonato preferendo le grandi pale d altare a volte sormontate da splendide lunette, mentre nel resto d Europa permane ancora l’uso del polittico
Nei secoli le tecniche di applicazione delle tempere su supporto ligneo mutano soprattutto in relazione al gusto e di conseguenza agli effetti pittorici richiesti. Nell’alto medioevo, l´uso di sovrapporre l´uno all’altro gli strati di colore e di stenderli in campiture uniformi risponde alle esigenze di bidimensionalità perseguite dagli artisti dell’epoca. All’incirca dalla fine del Duecento le tempere sono accostate e fuse ottenendo una gradazione di toni con effetti di chiaroscuro che ripetono quelli di uno schizzo sottostante, tracciato generalmente a carboncino e ripassato con inchiostro diluito in acqua Nella seconda metà del XV secolo si diffonde la stesura cromatica per velature: ne derivano sfumature più delicate e varietà di riflessi luminosi.
La pittura a tempera su tavola lignea vive, forse, il suo periodo di massimo splendore dal Duecento al Quattrocento, quando si diffondono su vasta scala le croci dipinte, i polittici e le piccole ancone e gli altaroli destinati alla devozione privata.
Le varie fasi dell´esecuzione di un dipinto a tempera sono minuziosamente descritte nel cosiddetto “Libro dell´Arte” scritto probabilmente tra la fine del XIV secolo e l´inizio del XV secolo da Cennino Cennini, che si dichiara allievo di Taddeo Gaddi ed erede della tradizione pittorica fiorentina di manifesto retaggio giottesco.
Essenze legnose utilizzate nei dipinti su tavola
Nei paesi del nord Europa si utilizzavano soprattutto il Rovere, un legno duro, e l’Abete. In italia a partire dal XII secolo si fece un largo uso del Pioppo mentre erano meno utilizzati il Noce, il Salice, il Tiglio e l’Abete. In Spagna si usavano perlo più Pioppo, Quercia, Abete e Noce.
Gli intarsi che decorano spesso questi dipinti erano ottenuti da alberi da frutto come il Pero ed il Ciliegio.
Tecniche di preparazione dei dipinti su tavola
Dalle assi in legno venivano eliminati tutti i difetti come le tracce di grasso e i nodi pochè quest’ultimi poveri di lignina e quindi più facilmente degradabili.
L’ incollaggio delle assi avveniva con Caseinato di Calcio (calce spenta e formaggio) oppure erano assemblate con pioli e cavicchi e definitivamente chiuse con farfalle poste in controvena rispetto a quella del legno.
Il supporto più diffuso, anche se non l´unico (si possono infatti usare carta, tela, pietra e pergamena come nei codici miniati), per la pittura a tempera, è costituito da legno ben stagionato di pioppo, tiglio o salice (ma anche noce e quercia). Spesso la tavola si compone di più assi saldate fra loro da colla di caseina e con traverse inchiodate sul retro. Il difetto principale di quest’intelaiatura così rigida (cui si cerca spesso di supplire in sede di restauro) è di impedire i naturali movimenti del legno, dovuti alle variazioni ambientali di temperatura ed umidità: si generano così spaccature ed incurvature della tavola. Già nel XV secolo del resto si usano talvolta traverse scorrevoli inserite in incavi a coda di rondine per ovviare a questo inconveniente.
Il lato della tavola destinato a ricevere la pittura viene ben spianato; si procede all’eliminazione di nodi e cavità (colmate con segatura mista a colla), mentre i chiodi vengono ribattuti e coperti con sottili lamelle di stagno, con strati di cera, o con tasselli lignei, per evitare il formarsi di ruggine.
La tavola lignea deve essere preparata per ricevere la pittura. Col termine preparazione si intendono tutti gli strati intermedi fra il supporto e la pellicola pittorica. Essa può essere ottenuta in modi più o meno sofisticati: generalmente si procede con gesso unito ad un legante, come colle proteiche o la colla di pelle. Tale composto, una volta steso in vari strati, viene levigato e lisciato.
In altri casi la superficie della tavola, dopo esser stata spalmata con vari strati di colla animale, viene lasciata essiccare e quindi ricoperta con una tela di lino. Questa cosiddetta ´impannatura´, o meglio “incammottatura“, giova ad attenuare l´intensità dei movimenti del legno, offrendo una superficie più stabile agli stati soprastanti. Il passo ulteriore è costituito dall´ingessatura della tavola. Sul lino si stendono vari strati di ´gesso grosso´ e colla, li si lascia seccare per alcuni giorni, poi se ne applicano altri di colla e gesso sottile, cioè sciolto in acqua e scaldato a bagnomaria. Quando l´ultimo strato è ben asciutto, lo si raschia accuratamente in modo da ottenere una superficie liscia e compatta. A questo punto la tavola è pronta a ricevere la pellicola pittorica.
Preparazione del supporto pittorico
Prima di ricevere lo strato pittorico sulla tavola era stesa una prima mano di colla animale, poi due mani di colla forte (colla di bue) e spesso su questa colla si faceva aderire una tela di lino (questa operazione è detta camottatura oppure incamottatura).
Sulla tela poi si davano tre o quattro mani di gesso grosso e colla animale e una volta asciugato l’ultimo strato si passavano altre tre o quattro mani di colla animale e gesso a granulometria sottile quindi veniva steso il film pittorico e un vernice finale.
Le parti che dovevano essere dorate subivano un ulteriore trattamento con bolo rosso oppure giallo stemperato in Colla di Coniglio.Se veniva utilizzato l’argento al posto dell’oro il bolo usato era nero.
Disegno preparatorio
Il disegno preparatorio era eseguito con un tampone contenente polvere di carbone oppure inciso.
Venivano incise anche le parti che interessavano le dorature. Per creare dei rilievi sulle parti dorate si utilizzava la pastiglia stesa a pennello sul bolo. La pastiglia si otteneva con colla di pelle, acqua, gesso di Bologna e carbonato di piombo.
Film pittorico
Solitamente il dipinto era eseguito a tempera. Si conoscono molte ricette per preparare un buon colore a tempera grazie ai trattati di pittura come il De Diversis Artibus del Monaco Teòfilo risalente al XII secolo ed il celebre Trattato della Pittura di Cennino Cennini. Il colore veniva finemente triturato e mescolato al tuorlo d uovo ma comunque ogni artista aveva la sua ricetta personale che custodiva gelosamente. Le caratteristiche della tempera sono la brillantezza del colore, l opacità della superficie, la rapidità d essiccamento e la trasparenza delle velature.
I pigmenti: La pittura su tavola fa spesso ricorso alle cosiddette tempere. Esse nascono dall´ unione di pigmento sciolto in acqua e legante.
Leganti sono chiamati quelle sostanze con le quali vengono mescolati i pigmenti per farli aderire al supporto. In base alla natura del legante si ottengono tempere magre oppure grasse.
Le tempere magre si sciolgono in acqua e sono ottenute con un legante di origine animale, come l´uovo, la caseina del latte, le collette animali di pelle, pergamena osso e pesce; oppure vegetale, come il lattice di fico, le gomme e le farine di cereali.
Le tempere grasse invece sono quelle che contengono come leganti, oltre alle sostanze precedenti, anche olii grassi e resine.
La doratura: Una porzione fondamentale del dipinto su tavola nel medioevo è costituita dal fondo o dalle parti decorative realizzate in oro. Le tecniche di doratura sono molteplici: la più diffusa è costituita dalla stesura di foglie d´oro detta ´a guazzo´. L´oro deve essere cioè steso prima dei colori sulla tavola già preparata. Per preparare il supporto a riceverlo si incide il contorno della parte da dorare, quindi, secondo la procedura canonica, si stendono su di essa quattro mani di un composto costituito da acqua, chiara d´uovo montata a neve e bolo cosiddetto , cioè un´argilla untuosa e rossiccia finissima. E´ quest´ultima che riaffiora comunemente in seguito alla caduta dello strato d´oro, rimanendo in vista in molti dipinti del XIII, XIV e XV secolo.
Dopo aver fatto asciugare la tavola protetta dalla polvere con un panno, si procede con la brunitura (una sorta di lucidatura) del bolo mediante pietre dure levigate (pietra d´agata) oppure con strumenti ricavati da denti di animali. e sottili foglie d´oro zecchino, ricavate ad opera dei battiloro da una lamina battuta con un martello tra due strati di pelle, sono poste ad una ad una su un pezzo di carta e lasciate scivolare con il pennello sul bolo precedentemente inumidito. A questo punto sull´oro brunito si possono apporre decorazioni incise o impresse con dei timbri detti “punzoni”, l´uso e la diffusione dei quali contribuisce non poco al risultato finale del dipinto.
Oltre alla stesura dell´oro a bolo, precedentemente descritta, la doratura di alcune parti dei dipinti medievali si ottiene anche con la tecniche a missione ed a conchiglia, generalmente riservate a zone più minute. La prima era ottenuta stendendo con un pennellino sulle parti da dorare la missione, cioè una colla fatta di olio di lino, una resina e, talvolta, un pigmento essiccante . Quando la colla cominciava a far presa vi si metteva sopra la foglia d´oro, premendola con la bambagia affinché aderisse, e quindi la si spolverava con un pennello morbido per togliere l´oro in esubero. La doratura a conchiglia era invece ottenuta mescolando la polvere d´oro con un legante come la gomma arabica e stendendola a pennello. Nei dipinti medievali si fa spesso ricorso a decorazioni a pastiglia: si tratta di decorazioni in rilievo fatte con gesso e colla proteica, oppure gesso e colla di farina, spesso estese a parti di carpenteria anche prive di figurazione, come pilastrini laterali di polittici o aureole di santi stese sulla preparazione del dipinto.
Verniciatura finale
La vernice veniva stesa con il palmo della mano evitando le zone dorate. Le vernici maggiormente usate erano tutte resine naturali come la Sandracca, la Dammar e la Coppale.
L´ultima fase dell´esecuzione di una pittura a tempera su tavola è costituita dalla verniciatura, tesa a conferire alla superficie colorata ulteriore brillantezza ed un certo grado di protezione. Questa delicata operazione deve essere compiuta molto tempo dopo il completamento del dipinto per consentire una perfetta essiccazione dei colori.
La vernice tiepida, costituita da mastice, sandracca o altre resine naturali ed oli vegetali come il lino, il ricino e la canapa, viene stesa con le mani o con una spugna sulla tavola posta sotto il sole, al riparo dalla polvere. La vernice però, in genere, non deve assolutamente toccare eventuali parti dorate, che ne sarebbero danneggiate. Terminata l´operazione, il dipinto viene lasciato asciugare al sole.