Palazzo Migliazzi e Colonna: Il restauro
Il sistema costruttivo-morfologico
La configurazione planimetrica dell’edificio lascia intendere un edificazione di fine Settecento con grossi interventi ottocenteschi, che caratterizzano buona parte dell’immagine odierna, e novecenteschi riconducibili ad adeguamenti per scopi abitativi, che certamente hanno contribuito ad alterare la configurazione originaria. Il palazzo si presenta come un grosso edificio a blocco sviluppato su pianta rettangolare con prospetti simmetrici. I prospetti sono tutti intonacati con modanature plastiche a rilievo e parti dipinte con la tecnica del trompe l’oeil.
Fig. 5. Il portale di ingresso contrassegnato da due colonne doriche in pietra e al suo interno un portone in legno di pregevole fattura con stemma nobiliare dei Polastri.
Il prospetto principale, esposto a nord lungo via Villanova, si estende su tre livelli più un piano interrato denunciato in facciata dalle sei bocche di lupo con inferriate liberty.
L edificio ha struttura verticale portante costituita da muratura parte in laterizio e parte in terra cruda: il piano interrato è in mattoni, il piano terreno alterna i mattoni alla terra cruda; il piano nobile è interamente in terra cruda mentre il secondo piano è in mattoni crudi e terra cruda. A livello basamentale il piano terreno è scandito da sei bucature modanate con rilievi plastici ed inferriate liberty. Tutta la zona basamentale presenta una lavorazione dell’intonaco per fasce orizzontali sovrapposte diversamente decorate.
Il portale di ingresso (fig.5) è contrassegnato da due colonne doriche in pietra e custodisce al suo interno un portone in legno di pregevole fattura con stemma nobiliare dei Polastri, realizzato a stucco e ancorato nella parte sommitale. Sia il piano nobile che quello sottotetto sono scanditi in facciata da otto lesene (in mattoni pieni) leggermente in aggetto, decorate con rilievi plastici a tema floreale e figurativo (fig. 6).
L’ analisi visiva ha permesso di evidenziare come con buona probabilità le lesene centrali assolvano funzione strutturale, denunciando in facciata la ripartizione interna dei muri portanti.
Fig. 6. Particolare del fregio dipinto posto sotto il cornicione.
Il prospetto posteriore, rivolto sul giardino interno, presenta in via generale caratteristiche analoghe a quello principale mentre i due prospetti laterali (est’ed ovest) mostrano alcune modifiche della sagoma originaria e superfetazioni posteriori.
La morfologia degli ambienti interni evidenzia il ruolo di rappresentanza dell’edificio. Le decorazioni pittoriche interne sono ricollegabili alla fase ottocentesca che con buona probabilità caratterizzava anche le facciate esterne, come emerge dai lacerti di intonaco liscio ancora visibili sotto l’attuale decorazione 3.
L accesso all’edificio avviene dal portone di ingresso che immette in un androne voltato, decorato con pitture murali eseguite prevalentemente a secco riproducenti temi geometrici e floreali, ma anche effigi e stemmi araldici appartenenti a famiglie frugarolesi (due per ogni lato dell’androne).
Dall’androne si ha accesso ad un atrio di rappresentanza scandito da quattro colonne in pietra e nella parte sommitale da un sistema di volte dipinte con festoni, volute e rosoni abilmente realizzati con la tecnica pittorica a trompe l’oeil. Lo sviluppo planimetrico degli ambienti al piano terreno sottolinea una configurazione cosiddetta ad infilata contraddistinta da ambienti di rappresentanza quasi tutti voltati e finemente dipinti. Laddove la pavimentazione originaria è ancora ben conservata è possibile osservare un uso diffuso di mattonelle in cotto, soltanto al piano terreno l’esigenza di rendere l’ingresso carraio ha unito al mattone la pietra che, disposta in lastre, facilitava l’accesso al palazzo anche in carrozza 4 (fig.7).
Fig. 7. Particolare della pavimentazione interna del piano terreno
Fig. 8. Particolare della decorazione figurativa delle pareti dello scalone di rappresentanza.
Fig. 9. Particolare della decorazione figurativa che caratterizza le pareti dello scalone di rappresentanza.
Dall’atrio di rappresentanza era quindi possibile accedere, attraverso un portone finestrato, all’ampio cortile interno e attraverso uno scalone d onore alle stanze del piano nobile.
Le pareti dello scalone sono quelle che conservano la decorazione più suggestiva di tutto l’immobile realizzata magistralmente con la tecnica del trompe l’ oeil 5(figg.8-9).
Il secondo piano, destinato alla servitù, è servito da una scala secondaria ed è caratterizzato da ambienti ad altezza quasi ridotta rispetto quelli sottostanti. Nel corso degli anni lo stato di generale abbandono dell’edificio ha causato dissesti dell’impianto di copertura e conseguentemente cedimenti strutturali dei sistemi voltati del secondo piano, alcuni dei quali sono andati irrimediabilmente perduti.
È proprio il secondo piano che fornisce le informazioni più importanti in merito al sistema tecnologico-costruttivo dell’edificio, realizzato abbinando al mattone crudo la terra cruda.
Questa particolare tecnica costruttiva, tipica dell’edilizia minore, si ricollega ad un antica tradizione del territorio piemontese: quella delle cosiddette case di terra ad uso prevalentemente rurale tipici esempi non solo del costruito frugarolese, ma anche di altri paesi della zona dell’alessandrino (Alessandria e dintorni, Tortona, Pozzolo Formigaro, Bosco Marengo e la parte nord-est’di Novi Ligure). Questi edifici sono soprannominati trunere 6 dal vocabolo trun mattone crudo o impasto di terra . Le trunere rappresentano una tipologia particolare di costruzione abitativa e produttiva, perché interamente costruite in terra battuta senza l’aggiunta di altri materiali o leganti. La tecnica costruttiva che le caratterizzava era basata su un impasto di terra e acqua che veniva poi pressato in modo da permettere la fuoriuscita dell’acqua in eccesso e che, in seguito, veniva versato in cassoni di grandi dimensioni. Man mano che si procedeva nella costruzione dell’edificio (in genere costituiti da due piani fuori terra), i cassoni venivano spostati verso l’alto, sfasando i giunti, in questo modo si avanzava innalzando dapprima i muri, le volte interne e infine la copertura in coppi. È interessante sottolineare che, soprattutto dove la terra perdeva le caratteristiche proprie di materiale da costruzione autonomo, la tecnica diventava di tipo misto ed univa all’argilla il mattone.
A Frugarolo Palazzo Polastri poi Migliazzi e Villa Mandrino sono due casi colti di trunere realizzate applicando questo tipo di tecnica, altri esempi minori sono stati rintracciati nella zona di Alessandria, Tortona, Pozzolo Formigaro e Bosco Marengo.