Solvent Gels
Un caso rappresentativo
La scultura lignea policroma della Madonna con Bambino, mostrata in Figura 1, è parte dell’altare ligneo dorato, collocato nella navata destra della chiesa di San Bartolomeo a Portacomaro, Asti. L altare, dedicato alla Madonna del Santo Rosario, di autore ignoto, è databile al XVIII secolo. È costituito da una mensa scolpita sopra la quale vi sono il tabernacolo, i gradini e due colonne scanalate che sorreggono l’architrave con timpano spezzato. Al centro dell’altare è la statua della Madonna, circondata da quindici tele dipinte raffiguranti i Misteri del Rosario, attorniate da intagli lignei a foglie e volute dorate. Sulla sommità è posta una statua di San Sebastiano di piccole dimensioni, inserita in una nicchia architettonica del timpano. L opera è realizzata in legno (pioppo, noce e abete) dorata e dipinta di azzurro; le quindici tele sono eseguite a olio. Bracci reggicero sono inseriti ai lati dei Misteri, per illuminarli.
La scultura lignea, di buona esecuzione, appariva parzialmente ridipinta. Il colore originale era stato ritoccato in un precedente intervento che aveva però lasciato integre le decorazioni dorate e la meccatura originali, e alcuni particolari quali gli occhi della Madre e del Bambino. L apertura, eseguita a bisturi, di numerosi tasselli sulla superficie ha permesso di stabilire che sotto le ridipinture ottocentesche la policromia originaria era generalmente presente in buone condizioni: si è così deciso di recuperarla con l’azione di pulitura.
Questo esempio è ben rappresentativo dell’intervento su sculture lignee policrome: spesso considerate come semplici “oggetti d uso” all’interno dell’ambiente ecclesiastico, piuttosto che come opere di espressione artistica, questi manufatti mostrano comunemente svariati strati di ridipinture successive, eseguite periodicamente come “manutenzione” nei confronti dell’oggetto. Pulitura, in questo contesto, può pertanto significare completa rimozione di uno o più strati pigmentati, piuttosto che semplice asportazione di materiali di deposito superficiale o assottigliamento di una vernice alterata cromaticamente, come più spesso nel caso dei dipinti mobili. La rimozione di strati pittorici presenta una serie di difficoltà operative: spesso questi strati sono tenaci e di difficile solubilizzazione, e si deve fare ricorso a reagenti acidi o alcalini, che oltre alla scarsa selettività nei confronti dei materiali presenti spesso comportano anche notevole rischio di tossicità per l’operatore. L alternativa è la rimozione meccanica, eseguita a bisturi: nel caso di ridipinture oleose sopra un legante già parzialmente decoeso, si verifica spesso l’impossibilità di un azione selettiva anche in questo modo. Il colore sottostante, infatti, risulta essere più coeso alla ridipintura soprastante che non al supporto.
La pulitura, che localmente consisteva anche nella rimozione dello strato di ridipintura, è stata affrontata con la consueta modalità, partendo dall’esecuzione del Test’di solubilità di Feller ° per verificare se l’azione di solubilizzazione potesse procedere attraverso il semplice meccanismo di tipo fisico esplicato dai solventi organici neutri. Si trovava così che:
una miscela con polarità Fd 90 era sufficiente ad effettuare l’operazione di pulitura superficiale dell’Argento meccato;
una miscela a polarità molto maggiore, Fd 47 era efficace nel sciogliere le reintegrazioni locali della doratura eseguite con porporina;
la ridipintura sopra il manto era intaccata dalla polarità ancora maggiore, Fd 36, dell’Alcool Etilico;
le zone cromatiche corrispondenti agli incarnati, al velo e al basamento erano invece resistenti all’azione solvente.
L intervento veniva dunque differenziato in questo modo. Per la pulitura della doratura si utilizzava Essenza di Petrolio per le zone di Argento meccato e Acetone per la rimozione delle ridipinture a porporina. Per la pulitura del manto, invece, l’azione solvente dell’Alcool Etilico poteva essere resa quantitativa semplicemente prolungandone il tempo d azione: si otteneva questo risultato usando Alcool al 99%, decolorato con Carbone, gelificato con Idrossipropilcellulosa (2.5% peso/volume). Il gel applicato per pochi minuti veniva poi rimosso a secco e con successivi lavaggi alcoolici. Nella Figura 3 si può apprezzare il livello di pulitura così ottenuto sul manto.
Le prove di pulitura continuavano sulle zone del velo e degli incarnati con i solventi dipolari aprotici (Dimetilsolfossido in concentrazioni dal 5 al 50% in volume in Etilacetato) e con gli alcali (soluzioni ammoniacali e Carbonato d Ammonio sciolto nell’Emulsione Cerosa). In entrambi i casi, però, si raggiungeva un livello di pulitura troppo spinto, con evidenti segni di abrasione sul colore sottostante. Si optava quindi per un azione più selettiva con i Solvent Gels: dopo alcune prove, la composizione più idonea risultava essere Acetone e Alcool Benzilico in rapporto volumetrico 4:1. Le Figure 2 e 3 mostrano l’azione di pulitura, rispettivamente, sul velo e sugli incarnati. La Figura 4 evidenzia il bel risultato ottenuto sul viso della Madonna.
A differenza dell’azione con gli alcali, le zone pulite si presentavano prive di sbiancamenti: la leggerissima alcalinità del Solvent Gel (pH 7.5 8) non è infatti sufficiente a causare salificazione di materiali a carattere acido (olii e vernici invecchiate), con i conseguenti fenomeni di opacizzazione o sbiancamento.
Differenziando in questo modo l’azione sulle varie zone si è condotta la pulitura dell’intera scultura. La Figura 6 mostra la statua al termine del restauro.
Considerazioni sull’utilizzo
Quali solventi possono essere usati nei Solvent Gels? Possiamo rispondere tutti. Con l’accortezza di utilizzare il tipo di tensioattivo adatto, Ethomeen C25, idrosolubile, o Ethomeen C12, liposolubile, si possono usare, rispettivamente, solventi polari (Alcoli, Chetoni, Esteri, Dimetilsolfossido) o apolari (Idrocarburi alifatici o aromatici, come Essenza di Petrolio, Essenza di Trementina, Dipentene, Toluene).
Per le mescolanze di solventi, se non si seguono preparazioni già descritte, si può seguire un utile procedura:` si avrà sempre pronta una certa quantità di gel ottenuto mescolando fra loro Carbopol, Ethomeen C25 e Acqua, nelle quantità descritte più sopra. Per sapere se un certo solvente o miscela di solventi è compatibile con questa formulazione, si preleva una piccola quantità di gel su una spatola e la si immerge nel solvente o miscela. A seconda che il gel resti trasparente o diventi opaco si concluderà che quel tipo di solvente è, rispettivamente, compatibile o incompatibile con la formulazione. Nel caso di incompatibilità si farà ricorso all’altro tipo di tensioattivo, l’Ethomeen C12. Alcune miscele descritte dallo stesso Wolbers Z sono ad esempio le seguenti (dove le percentuali sono espresse in volumi):
per la rimozione di vernici oleoresinose, 80% Alcool Etilico e 20% Xileni;
per la rimozione di resine sintetiche o ridipinture ad olio, N Metil 2pirrolidone;
per la rimozione di resine sintetiche, 80% Acetone e20% Alcool Benzilico;
per la rimozione di vernici: 90% Alcool Isopropilico e 10% Alcool Benzilico.
Nella scelta di solventi organici, si raccomanda comunque di tenere in considerazione la tossicità di certi prodotti.” Si sottolinea ancora una volta come l’utilizzo di prodotti chimici di buona qualità sia in generale garanzia di minore potenziale di rischio per l’operatore: pertanto nelle note si forniscono indicazioni circa solventi di qualità adeguata.” In una delle preparazioni sopra riportate, ad esempio, si consiglia di utilizzare il Dimetilsolfossido al posto del NMetil 2 pirrolidone: l’efficacia nei confronti di ridipinture ad olio resta invariata,” con una minore tossicità del solvente.
L elevatissima viscosità di queste preparazioni si traduce anche in condizioni di utilizzo più sicure per l’operatore: limitando l’evaporazione dei componenti, si riduce di conseguenza l’esposizione ai vapori. Così un solvente come il Toluene, di cui si sconsiglia l’uso se non in piccolissime quantità, può essere utilizzato con minor rischio all’interno di un Solvent Gel (pur sempre con le opportune precauzioni).
Un materiale filmogeno che si riscontra con frequenza sulla superficie pittorica di dipinti è il materiale proteico. Esso può derivare da una colla animale utilizzata per il consolidamento dello strato pittorico, o da residui di una colla per velinatura, o da colla migrata sulla superficie durante una foderaturadi colla di pasta, oppure ancora da una colla pigmentata utilizzata come patinatura della superficie pittorica. Non infrequente sui dipinti è anche l’utilizzo di albume, in funzione di patinatura/verniciatura della superficie.
La co-presenza di questo materiale proteico complica l’azione di solubilizzazione di una vernice: è dunque inevitabile, in questi casi, fare ricorso a sostanze alcaline (come l’Idrossido d Ammonio o i solventi organici alcalini come la n Butilammina, la Morfolina o la Piridina) o acide (come le soluzioni di Acido Acetico).
Sappiamo però che il Collagene, costituente principale delle Colle animali, è almeno parzialmente solubile in solventi organici neutri quali il Glicole Etilenico e il 2,2,2 Trifluoroetanolo, o in solventi dipolari aprotici quali il Dimetilsolfossido.` Si è così pensato di inglobare questi solventi in un Solvent Gel da utilizzare per la rimozione di materiale proteico. Dopo alcune prove, si è verificato che una miscela di 80% Etilenglicole e 20% 2,2,2 Trifluoroetanolo ha in effetti una certa efficacia nella solubilizzazione di una vernice contaminata da materiale proteico.