6 – Tecnica antica di decorazione a smalto
La tecnica antica di decorazione a smalto ha certe affinità con l’intarsio, soprattutto in quella dello champlevé e l’émail de plique. Lo smalto unisce in maniera indissolubile il binomio: arte e tecnica
Fonte: Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro, con la collaborazione della moglie Mara Bortolotto, per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.
Lo smalto presenta per certe sue tecniche affinità con l’intarsio, soprattutto in quella dello champlevé e l’émail de plique.
Lo smalto unisce in maniera indissolubile il binomio: arte tecnica.
Una tecnica antica
I primi ritrovamenti datano dall’Età Cuprolitica; cuprum significa in greco ed in latino rame e da esso deriva il nome Cipro, dato all’isola greca ricca di depositi di rame e da cui si rifornirono gli egizi. Con la fusione del metallo si ottennero casualmente le prime paste vitree. Quelle più antiche documentate sono micenee ed egizie. Già le notiamo sul pettorale d’Amenemhe’e III (1840-1792 a.C.). in Grecia si usò principalmente lo smalto cloisonné. A Roma si utilizzo anche lo champlevé. In Aquitania, in Gallia e nelle isole britanniche intorno al III secolo a.C. inizia l’applicazione di smalto rosso a gocce su metallo, per imitare il corallo. È a Bisanzio che l’arte dello smalto si sviluppò ai massimi livelli.
La famosa Pala d’oro, vanto del tesoro di San Marco a Venezia, proviene dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 al termine della IV crociata. Da Bisanzio tale arte si diffuse un po’ in tutto l’occidente; esemplari le crocifissioni di Limonges e l’altare di Klosterneuburg (1181) opera di Nicolas de Verdun, uno dei più grandi smaltatori; che è forse il più grande capolavoro di smalto in assoluto e comunque momento fondamentale della nascita dell’arte gotica. Alla fine del XIII secolo per opera degli smaltatori toscani si assiste ad un rinnovamento delle tecniche, con l’abbandono dello champlevé ed il ricorso al basse-taille ottenuto con nuove pitture trasparenti e traslucide, che ricoprono lastre d’oro e d’argento sbalzate a cesello ed a bulino.
È Guccio della Mannaia, che tra il 1288 ed il 1292 applica il metodo del “traslucido” all’esemplare più antico conosciuto: il calice di Niccolò IV ad Assisi. Mirabile esempio di questa tecnica é il Corporale del tabernacolo del Duomo d’Orvieto per opera d’Ugolino di Vieri e di Bartolomeo Tommé (circa 1338). Tra Tre e Quattrocento nasce il ronde bosse, sviluppato soprattutto come arte di corte, consistente nel coprire con gli smalti superfici sbalzate ad altorilievo ottenendo effetti madreperlacei opachi abbinati a contrastanti vivaci rossi e verdi traslucidi. Il Roseto di Altötting donata a Carlo VI di Francia nel 1404 ne è l’esempio più significativo.
Gli smalti dipinti
È la città di Limonges a dare origine ai famosi smalti dipinti, veri e propri ritratti; esemplare l’autoritratto del pittore Jean Fouquet (1425-80, oggi al Louvre). Nel 1505 nasce Gorge Limosin ( 1575), di cui ricordiamo i “Dodici Apostoli” in S. Pietro a Chartres (1545-50), eseguiti su disegni del Primaticcio. È il momento di gloria della smalteria francese. Non possiamo non citare l’altro grande toscano Benvenuto Cellini (1500-71), sia per gli smalti della famosa saliera (eseguita per Francesco I, Kunsthistorisches Museum Vienna) sia ancor più per le note tecniche del suo “Trattato d’oreficeria”.
Dal Seicento l’arte dello smalto è utilizzata sempre più esclusivamente nell’arte applicata. Diventa consuetudine dipingere su di un fondo bianco in modo da imitare la porcellana.
Da Limonges il primato passa alla Svizzera. Dopo il 1630, per opera dello svizzero-francese Jean Toutin (1578-1644), nasce lo smalto dipinto propriamente detto.
In esso le polveri colorate, polverizzate molto finemente, sono legate con oli, come quello di papavero, che permettono di dipingere come con l’acquarello. Si smalta il fondo con un colore chiaro, si spiana e si lucida perfettamente con abrasivi; e su questo fondo si dipinge per velature e cotture successive. Alle volte si applicava una vernice finale detta “fondente”, che rendeva i colori più vivi e le superfici più brillanti. A Ginevra, nasce il suo allievo Jean I° Petitot (1607-91), che grazie ai suoi contatti a Londra con il chimico Turquet de Mayerme apprende l’alchimia dei colori ed entra in contatto con il grande ritrattista Anton Van Dyck (1599-1641); da questo momento egli produce su smalto i ritratti eseguiti dai maggiori pittori del tempo La dinastia degli Huaud, sempre a Ginevra, chiude il Seicento ed apre il Settecento sviluppando anche la miniatura su pergamena e su avorio.
Lo smalto nella decorazione degli orologi
L’invenzione della spirale per opera di Cristian Huyghens nel 1675, porta ad un miglior funzionamento degli orologi, ma anche all’abbandono dei piccoli formati e alla nascita dell’orologio a cipolla, che con le sue maggiori dimensioni era adatto a contenere il nuovo bilanciere. Lo smalto è dapprima relegato solo al fondello. Poi con il nuovo stile Rococò comincia un secolo d’espansione della decorazione su smalto ginevrina, che adotta i modi sensuali e leggeri dello stile. Il più straordinario tra i ritrattisti su smalto è senz’altro Jean-Etienne Liotard (!702-89). Alla sua scuola si formano per tutto il secolo valenti artisti.
Verso la fine del secolo la Rivoluzione porta ad una generale crisi degli smalti di lusso, unico mercato significativo rimane l’Oriente. Per i cinesi sono spesso fabbricati orologi in coppia, da loro particolarmente apprezzati.Viene scoperto lo smalto nero, che dà risalto ai motivi. Parallelamente alla pittura su smalto degli orologi si sviluppa quella sulle tabacchiere e sulle scatole. Ricordiamo Jean-Luis Richter (1766-1841), che con l’utilizzo dello smalto fondente realizza paesaggi realistici di grande fantasia compositiva, ispirati all’Italia oltre che ai monti svizzeri. Citiamo il nome dei tre maggiori smaltatori parigini del neoclassicismo: Couteau, Dubuisson e Merlet; gli ultimi due hanno continuato ad operare anche durante la restaurazione.
Durante tutto l’Ottocento ci si dedica al paesaggio ed al ritratto. Ricordiamo il grande ritrattista Charle Louis François Glardon (1825-87); ma ormai l’invenzione di Daguerre (il dagherrotipo, 1839, primo sistema di fotografia su lastra di rame) provoca un appiattimento sulla riproduzione stereotipa dalle fotografie, con l’abbandono del ritratto dal vero. Indichiamo da ultimo lo smaltatore Rodolphe Piguet (1840-1915) che dipinse alla maniera degli impressionisti. Gli ultimi tentativi di modernizzare l’arte sono quelli francesi Art Nouveau all’inizio del Novecento, come la splendida collana in oro, smalti, perle e brillanti, (Kunsthandwerk Museum di Francoforte) di René Lalique (1860-1945); e quelli russi dell’orafo Carl Fabergé (1846-1920) Dalla fine dell’Ottocento i metodi diventano sempre più industriali, portando all’abbandono di quest’arte, che richiede forse troppo tempo per convulsi ritmi di vita moderni.