Tecnica dell’Icona
Il disegno
Recenti studi hanno dimostrato che i grandi iconografi del passato realizzavano il disegno secondo una precisa struttura e secondo proporzioni tra le dimensioni dell’icona e quelle dell’aureola (oppure tra la grandezza del viso e del corpo), che potremmo definire standard. Inoltre il ritrovamento di veri e propri manuali di disegni risalenti al XVII sec, nei quali gli artisti conservavano gli schizzi delle opere, ha dimostrato che se ne servivano anche per i lavori futuri, riprendendo e modificando l’originale.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico del disegno, semplicemente si può riprodurre la figura su un foglio (da ambo le parti) e quindi appoggiarla sulla superficie dell’icona, tracciare il disegno, in tal modo sul levkas apparirà la figura con i particolari.
Dopo averlo colorato, il disegno scompare ed è quindi difficile completare i particolari; a tale proposito gli artisti meno esperti incidono il disegno con un ago, in modo che sia visibile anche dopo aver passato più strati di colore, mentre gli artisti più esperti completano i particolari a mano libera.
La doratura
Dopo aver accuratamente ripulito l’icona, la si prepara coprendo le parti da dorare con dell’ocra (gialla o rossa), le si leviga con un dito e si passano con un tampone, dopodiché si passa alla doratura vera e propria.
La doratura ad olio è la tecnica più semplice e consiste nel coprire le parti preparate con della vernice che deve essere lasciata seccare per circa dieci ore e quando lo strato è quasi asciutto, vanno posati i fogli d oro, ripuliti i contorni e si lascia essiccare per qualche giorno.
Molto più complessa è invece la doratura su un fondo di terra bolare, detta “bolus”, che richiede grande esperienza e deve essere svolta in un ambiente privo della minima corrente d aria.
Utilizzando i resti dei fogli d oro si può produrre dell’oro in polvere, che viene usato per l’omonima tecnica di doratura.
Infine è possibile ricorrere ad una tecnica nominata “doratura previa verniciatura”, che viene utilizzata principalmente per il restauro: si ricopre l’icona con del bianco diluito con acqua, tranne le parti da trattare, ovviamente, poi si procede come per la tecnica della doratura ad olio ed infine si lava il bianco con un pennello.
I colori
La scelta dei colori è sempre lasciata alla scelta del pittore, che conoscendo alla perfezione le tolleranze tra i colori e le loro proprietà chimiche, ottenevano tinte di regale vivacità. Diverse sono le scelte sia secondo la scuola sia secondo il genio dei maestri. Le proprietà principali che un buon colore deve possedere sono la resistenza alla luce, unirsi al fondo bianco e resistere ai materiali ai quali vengono uniti. Oggi possiamo classificare due diverse categorie di colore:
1) colori organici: Possiamo trovarli nelle sostanze vegetali e animali. Già dall’antichità, per ottenere un colorato di polvere, si univano i coloranti naturali con una sostanza minerale incolore. Queste polveri vengono chiamate “lacche”, modificano il loro colore con l’esposizione alla luce. Oggi, dopo un processo industriale, possiamo ottenere i colori organici partendo dagli idrocarburi naturali, e la loro resistenza dipende strettamente dai gruppi chimici di base, e per questo motivo non otteniamo così la perfezione.
2) Colori minerali: li possiamo trovare in natura e sono anche prodotti dalle industrie. Tre sono i gruppi più diffusi: i colori composti da sali, quelli composti da ossidi di metallo e quelli formati da idrati metallici ed è proprio dalla qualità della loro natura di questi elementi che dipende la stabilità dei colori, che è perfettamente stabile quando la combinazione dell’ossigeno con un metallo è satura.
I colori (denominati pigmenti nel lessico specifico dell’icona) possiamo classificarli attraverso le tinte:
BIANCO: bianco di Meudon, bianco gesso, litopone, bianco di zinco, bianco di Spagna, bianco permanente;
GIALLO: giallo di cadmio, giallo indiano, giallo di Napoli, giallo di stronziana, giallo di barite ,giallo limone;
OCRA: ocra gialla, ocra rossa, terra di Siena, terra di Siena bruciata;
ROSSO: rosso Helios, lacca di porpora, rosso di cadmio, rosso di Spagna, rosso inglese;
BLU: oltremare, blu di Prussia, blu ceruleo, blu di cobalto, blu di Parigi, blu di Berlino;
VERDE: verde veronese, verde di cobalto, verde di cromo, verde smeraldo, verde inglese;
NERO: nero di osso, nero d avorio, nero di vite.
Arrivò in Europa nel XV secolo, ma nel XVII perse la sua importanza pur mantenendosi fino al XX secolo anche se solo in Europa orientale. Grazie alla sua composizione aggiungendo ad esempio aceto si ha un emulsione che rende più vivo il colore in quanto resiste all’azione della luce. tuttavia sorgono delle difficoltà: bisogna lavorare velocemente dato che gli strati di colore seccano in fretta e per limitare questo inconveniente si può passare uno strato di tuorlo d uovo diluito per mantenere l’umidità. molto importante è prestare attenzione alla concentrazione dell’emulsione che non dev essere ne troppo concentrato ne troppo diluito. Un trucco dei grandi maestri consisteva nel dosare l’emulsione a seconda del tipo di colore usato.
Le principali regole sono:
1) Il colore deve essere molto liquido con la proprietà di coprire;
2) Meglio non abbondare con la quantità di emulsione;
3) Assicurarsi che lo strato sia opaco ma solido;
Molto importante è mescolare la polvere con acqua per ottenere una pasta spessa. In antichità era un lungo procedimento mentre ai giorni nostri le polveri sono più fini e quindi più facili da lavorare.
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