Umanesimo – Storia del Mobile
Fonte: Associazione Senzatempo. Prof. Paolo Cesari
Dagli Anni Venti agli Anni Sessanta-Ottanta del Quattrocento
Ricerca del vero
Il susseguirsi di scoperte archeologiche che fin dagli inizi del Quattrocento permise di ammirare le vestigia di un mondo perduto noto a pochi eruditi, favorì l’insorgere di una diversa consapevolezza della storia e della spiritualità.
Con il diffondersi di una visione critica e incline al dato razionale, nel volgere di pochi anni entrò in collasso la concezione mistica che aveva permeato la dottrina teocentrica Medievale, e il Dio rappresentato nelle chiese e nelle cattedrali gotiche, assunse diverso significato per l’erede della romanità.
Si riscopre il valore sensuale del corpo, prima mortificato dal misticismo dell’eterodossia ecclesiastica, nel volgere di poco avviene l’impensabile: le arti figurative rappresentano la figura umana _. fino a poco prima il rogo sarebbe stato assicurato a chiunque avesse osato riprodurre una forma umana diversa dalla Trinità o da immagini di Santi.
La ricerca del vero sospinge l’homo novus all’alba della rinascenza a ricercare nuovi modelli estetici, riconoscibili nell’antichità classica, erede del rigore e dell’armonia della civiltà greco-romana. Nel contempo, si recupera una nuova relazione con il dato naturale, ora visto come spazio misurabile e riconducibile in scala e in prospettiva.
Nuova concezione artistica
La scoperta di trattati di epoca romana pazientemente trascritti dagli amanuensi nel silenzio delle abbazie certosine o benedettine, permise di riacquisire informazioni credute perse per sempre. Tra i molti codici che favorirono il diffondersi della cultura umanistico-rinascimentale, ebbe importanza decisiva il De rerum architettura di Vitruvio, un trattato dove la metrica e la prospettiva architettonica dei romani disvelò segreti destinati a rivoluzionare ogni concetto artistico. La caccia al codice antico divenne irrefrenabile: durante la prima metà del Quattrocento molti palazzi e innumerevoli tenute furono sacrificati pur di entrare in possesso di un qualche testo di epoca classica. Ne si può tacere il peso che ebbero la dottrina e le idee di Giorgio Gemisto Pletone (esposte al concilio di Ferrara del 1433) relativamente all’importanza dell’oriente bizantino e del paganesimo greco, idee che trovarono ampi consensi in Toscana e presso le corti di molte signorie italiane.
Altro elemento di rilievo è il verificarsi di un fenomeno del tutto nuovo: le mutate condizioni socio-economiche consentono alle grandi famiglie della borghesia mercantile di poter emulare il fasto delle grande aristocrazia.
Nuovi elementi decorativi
L arredo lignario di periodo umanistico è dunque profondamente intriso di valori classici, che si esprimono in primo luogo nell’adozione della metrica architettonica che già fu propria del mondo greco-romano.
Spariscono le linee spezzate o i motivi verticalizzanti per dar luogo a forme geometriche lineari, contenute entro piani ad aggetto modulare, con snelli cornicioni modanati su cinture ancora prive di cassetti, magistralmente bilanciate da basamenti a predella compatta e centinata. In un primo tempo la mobilia si veste di cornici lievemente centinate a riquadrare ante e lesene, solo in un secondo momento adotta nei cornicioni ornati a dentello o a ovulo e veste di elementi stilizzati lesene e pilastrate con capitelli e plinti a racchiudere motivi a colonna scanalata.
La nuova veste strutturale continua ad essere ornata da tarsie alla certosina che se già furono peculiari della mobilia trecentesca, nell’arredo quattrocentesco si evolsero dapprima in senso figurato per poi originare l’intarsio pittorico, la cui introduzione spetta a Cristoforo e Bernardino Canozi da Lendinara.
Già eredi di un illustre e antica famiglia di magister lignamins, i Canozi sperimentarono un sistema di tintura del legno mediante bollitura, che trovò la sua prima applicazione nel coro della Basilica del Santo a Padova (1462-69).
Nella seconda metà del secolo, la tarsia raffigurata fu perfezionata con l’introduzione dell’elemento prospettico, una tecnica che trova il suo capo d opera nello studiolo di Federigo a Urbino, la cui esecuzione, nel 1475, spetta massimamente a Francesco di Giorgio Martini e a Baccio Pontelli.
All’ornato a intarsio (eseguito in quest’epoca di preferenza con la tecnica a secco su appositi cartoni predisposti all’uopo) ben presto si affianca la presenza di decori a pastiglia dorata (tecnica nota fin dalla fine del Trecento).
Modellata a mani libere o entro appositi stampi. Questo tipo di ornato, composto da un miscuglio di gesso e colla apposta su un tessuto preventivamente incollato – ad esempio sulla fronte di un cassone – una volta lavorato a piacimento veniva dorato e brunito. La pastiglia si prestò con grande successo a reintrodurre elementi ornamentali a basso rilievo, tecnica scultorea che intorno al 1470-80 ritornò in auge anche a intaglio, sulla scia di mode veneziane, e fu preambolo indispensabile alle fortune che questa tecnica conobbe nel rinascimento.
Infine, esaminiamo brevemente il carattere che maggiormente fu distintivo e congeniale all’arredo quattrocentesco profano: la decorazione pittorica, che in Italia conobbe largo seguito fin dal Duecento.
In un primo tempo, fu il cassone a vestirsi di scenografie pittoriche di soggetto affine al nuovi gusti umanistici, ritratti realistici, novelle del Decamerone, episodi di vita amorosa e virtuosa, allegorie mitologiche, cortei nuziali, scenari di vita reale e ideale riquadrati entro partiture a rilievi in pastiglia o entro fregi architettonici, sempre dipinti a tempera con studiati effetti a trompe-l oeil. Grandi nomi di pittori legarono la propria vicenda artistica alla storia del mobile, tra i molti: Paolo Uccello, Sandro Botticelli, Antonio Pollaiolo, Domenico Ghirlandaio, Jacopo del Sellaio, Filippo Lippi.
La pittura a tempera si prestò meglio d ogni altra tecnica a risolvere le problematiche insite a riprodurre gli effetti delle leggi prospettiche, dal cassone quindi si passò a istoriare credenze, stipi, armadi, letti, generando una mobilia informata strutturalmente alle regole metriche già proprie del rinascimento, e tuttavia ornate con quel sublime naturalismo espressivo, la cui compostezza e armonia mai fu più eguagliata. Per più ragioni, potremmo affermare che l’Umanesimo fu colorismo-plastico, mentre il Rinascimento fu plasticismo-scultoreo.
Essenze in uso
La mobilia di questo periodo conosce un più esteso utilizzo di varietà lignee: noce, quercia, rovere e anche castagno, olmo, pioppo, abete, larice, leccio, cipresso. I tagli consentono spessori di circa 3cm, con assi spianate da segacci a due mani, poi lavorate da lame, sgorbie e pialle, per essere poi levigate a pietra d agata o pelle di pescecane; generalmente le parti non a vista sono sgrossate con la sola sgorbia. In questo periodo si diffonde l’uso di servirsi di diverse tipologie lignee tra esterni, ossatura e parti dello scheletro. Spariscono dalle pilastrate anteriori gli incastri tra fronte e fianchi, ora più facilmente assemblati con chiodature (ancora a testa quadra irregolare) poi celate da paraste o cornici centinate, si verifica il fiorire di una forte differenziazione delle chiodature che assumono diverse misure in ragione della specificità a cui verranno preposte. Diviene normale l’impiego di colle animali. A partire dal 1450-60, si diffonde l’uso di tornire la mobilia.
Le corporazioni, anche in questa fase storica, prevedono statuti che obbligano i legnaioli a realizzare arredi di tipo foggiato con tagli di legno a spessore unico, privi di cornici e listelli (idonee a celare giunture o placcature). Solo con l’avvenuto pagamento di una tassa di cinque soldi il marangone poteva operare assolvendo in appieno esigenze specifiche, legate al gusto della committenza.