Una riflessione sull’ufficio della materia nella realtà virtuale.
L’articolo parla del rapporto che corre tra le tecniche digitali di creazione e di ricreazione da un lato e la materia e la tradizione dall’altro.
Riassunto: L’articolo parla del rapporto che corre tra le tecniche digitali di creazione e di ricreazione da un lato e la materia e la tradizione dall’altro. Si cerca di evidenziare la validità dell’ambiente materiale per la creatività umana, benché essa accadesse nella sfera apparentemente immateriale, vuol dire nella sempre più accessibile realtà virtuale. Si rileva la necessità della conservazione degli ambienti materiali, sia artefatti sia naturali, riflettendo su quanto costituiscono la base qualitativa per ogni tipo di creatività.
Fin dall’infanzia siamo circondati dalle cose materiali e il continuo desiderio di entrare in possesso di queste cose sembra che faccia parte della nostra natura umana. Eppure oggi come oggi, soprattutto nelle parti del mondo più sviluppate, l’entrare in possesso sempre di rado è legato all’acquisto di cose materiali diventando una qualità al pari grado sufficiente per soddisfare l’istinto dei raccoglitori. Siamo possessori senza possedimenti tangibili e ciò di che ci appropriamo è spesso soltanto rappresentato da un qualche oggetto materiale, ma la relazione del suo contenuto con la realtà materiale è infranta. Ciò che ci trasmettono quei oggetti, per i quali intendo principalmente gli utensili e gli strumenti digitali, e che è un vero e proprio nostro possedimento, esiste sotto l’effigie di alcuni fenomeni fisici, ma il suo fulcro esistenziale poggia in una realtà virtuale, in un artificiale universo intellettibile.
Con l’ausilio di moltitudine di diversi apparecchi elettronici abbiamo creato un ambiente digitale che sempre con la maggiore attendibilità ricrea il circostante mondo materiale. Ci si potrebbe domandare qual è effettivamente la differenza fra un quadro architettato che appare sullo schermo liquido-cristallino e quello dipinto sulla tela. Sembrerebbero essere unicamente i mezzi di espressione diversi e autonomi. Che siano poi i mezzi di espressione diversi si potrebbe anche ben accordare a patto che una data immagine fin dal principio è concepita come un quadro digitale e come tale realizzata con i mezzi appositi. Nel caso però che un’immagine digitale ricreasse o riprodusse semplicemente un quadro su tela o una scultura o qualunque altra opera preesistente, la situazione cambierebbe diametralmente. Prescindiamo dal fatto che una tale immagine è sprovvista dell’autonomia e facciamo notare prima di tutto che mentre un quadro su tela come sussistenza estetica e artistica lo è grazie alla manifestazione dei fenomeni fisici che però poggiano sulla materialità dei colori, in contemporaneo una sua riproduzione digitale poggia unicamente sui fenomeni in sé, poiché non vi è nessuna base materiale nel senso sopra indicato. La stessa cosa accusano, benché con evidenza inferiore, anche le opere interamente progettate e create tramite gli strumenti digitali.
Ciononostante dobbiamo riconoscere che non è una tendenza del tutto negativa, quella di separare il fenomeno dalla materia, dato l’irrefrenabile aumento della popolazione umana e il deficit crescente delle risorse naturali, perché questa tendenza rende più accessibile almeno un certo ramo dell’arte, essendo proprio l’accessibilità, la qualità imprescindibile dell’odierno sistema economico e sociale. Con l’ulteriore sviluppo della tecnologia forse ci libereremo dalle rimanenti vestigie di confini materiali che ci vincolano con la proiezione bidimensionale della superficie microcristallina, e l’opera potrà diventare una luce sola, un fenomeno in sé. Intanto non è giusto né beneficio che la materia sia divelta interamente dalla sfera di creazione artistica anche per altri motivi, i quali direttamente principiano da quello suesposto.
Per la stessa ragione che in parte giustifica il fiorente sviluppo e la divulgazione dei mezzi digitali che sono alla base dell’universo virtuale, vuol dire l’intenso popolamento del pianeta e la ristrettezza delle risorse, non è solamente giustificata, bensì necessaria la conservazione dei manufatti materiali del passato. Peraltro il nostro dovere non è soltanto di salvaguardarli con l’insieme delle informazioni in essi contenuti e concernenti la tecnologia, il significato e l’uso di essi, ma anche di fare tutto il possibile per recuperarle qualora si fossero perse dietro l’oscuro sipario del tempo e la mutabilità umana.
Quello che necessità alla cultura di oggi, il più delle volte alquanto incosciente di se stessa, è il suo passato che io convenientemente al linguaggio di restauro chiamerei i “modi antichi”, di pensare, di esprimersi e di fare. Sono questi modi che permettono di comprendere e anche d’influire la nostra contemporaneità e la sua arte in tutta la varietà delle forme. Certo, non possiamo andare indietro nel tempo e ritrovarsi in mezzo a tutte le antiche tradizioni e i modi ad esse legati. E non sarebbe nemmeno giusto che fosse così dato che con tutta la probabilità non ne risulterebbe altro che un’immersione irriflessiva nell’anacronismo stagnante, e come ce lo dimostra la storia in base alle iniziative di tale premessa, non è la via che produrrebbe un fenomeno culturale d’impatto straordinario.
Com’è importante la vigenza della tradizione basta guardare indietro a volte solo alcune decine di anni per convincersene, e più antica è una data disciplina artistica o un dato corrente, di meno ci vuole del tempo per verificare quanto l’oblio della tradizione si annetti a un sempre più rapido degrado di un’arte in questione. E’ il problema di ogni epoca che vede il declino di certi rami artistici a causa della memoria infievolita, i quali poi devono rinascere dal principio, ma prima che ciò succeda, come facilmente lo possiamo notare anche oggi quando la dimenticanza spesso prende le sembianze di una certa virtù, si semplificano nel senso negativo e non impoveriscono – la cosa che potrebbe talvolta risultare anche favorevole – ma immiseriscono rendendo più poveri a noi. Facciamo perseverare la memoria che tanti senza un minimo ripensamento si erano lasciati alle spalle, inconsci o incuranti delle conseguenze.
E’ dall’altra parte indubbio che l’universo artistico di oggi in alcuni settori delle arti visuali sia all’apice di virtuosità particolarmente in quanto riguarda la cinematografia e l’arte multimediale. Eppure neanche si può mettere in dubbio che il nostro ambiente materiale continui ad immiserendosi a causa della nuova realtà digitale che inesorabilmente ne disturba l’accessibilità e ne diminuisce l’importanza. La creatività contemporanea di pregio va più distintamente riconosciuta e apprezzata nell’onnipresente rete e secondo il grado di compatibilità con essa la sua polarizzazione è di più o di meno ampia. Spesso l’esistenza esclusivamente virtuale di un’opera basta e avanza per le esigenze del pubblico. Oggidì persino i più preziosi oggetti artistici sono accessibili tramite l’internet sotto la loro forma digitale. Ormai è possibile, avvalendosi delle applicazioni di alcuni siti museali, di guardare ed esaminare un quadro o una scultura perfino in ogni suo più minuto dettaglio senza che ci sia bisogno di una lente d’ingrandimento o la presenza fisica dell’opera interessata. Questa circostanza, indiscutibilmente sotto i vari aspetti favorevolissima, tanto è persuadente che man mano abituandocisi uno potrebbe perdere la distinzione qualitativa che corre tra una forma digitalizzata di un’opera e la sua immagine reale come percepita fisicamente in modo diretto.
E così che il mondo virtuale sta prendendo il sopravvento su ogni manifestazione artistica odierna che abbia un rilievo notevole e perciò la nostra ambientazione materiale e soprattutto le regole che la governano man mano vanno spogliate delle loro tradizioni e delle loro basi pian piano cadendo nell’oblio.
La dominazione della sfera virtuale nella nostra vita, che conseguentemente deriva da suddetto processo, ci rende meno sensibili verso il nostro ambiente d’origine – la materia che è anche l’essenza nostra quale esseri viventi biologici e la quale in seguito continua a plasmarci in esseri umani. Le nostre prime e più intense interazioni avvenivano per mezzo di essa e pertanto è fondamentale per noi qual è il tipo e la qualità dell’ambiente e degli oggetti materiali intorno a noi finanche nella nostra più ordinaria quotidianità.
Il posto più rilevante e speciale spetta alla materia soggiogata e imprigionata nell’opera d’arte che attraverso un linguaggio fisico e materiale, che è il più intuitivo e comprensibile per il sistema percettivo umano, ci comunica concetti ed emozioni talmente astratte che sembrino provenire dal fondo delle invisibili forze fisiche regnanti il groviglio di costellazioni atomiche di una trama pressoché narrativa. Si potrebbe ipotizzare che la materia contenga una specie di codice stratificato del quale l’ultima falda abbia il suo unico decifrante nella mente umana, atta di conferirle un significato e un valore proprio, cimentandosi perfino a dichiarare che siamo noi ad elevare in esistenza codeste qualità.
Il codice binario per quanto non tratto dalla materia, bensì concepito dall’intelletto umano al fine di sbarazzarsene, crea una sussistenza alternativa quale fonte per la nuova materialità liberata dai materiali specifici e piuttosto sintetizzata che non realizzata. Ovviamente si potrebbe dibattere che in fondo anch’esso sia originato nella materia giacché inventato dal materiale cervello umano, eppure nelle sue premesse tanto la contrasta e si scosta dall’intrinseca natura di ogni corporeità che mi pare più che giustificato tracciare una grossa linea di spartizione tra le due cose. E’ un codice poi che sta alla base dell’universo virtuale, un curioso frutto dell’evoluzione materialistica diventato fondamento per la sfera non-materiale che si piega verso la realtà fisica e non la tocca mai creando in primo luogo una realtà alternativa e competitiva. Eppure anche se è così isolato, non potrà mai sussistere senza il modello materiale. Il suo fertilizzante sarà sempre la materialità e quindi più scarsa dovrebbe diventare di qualità, più povera apparirà la raccolta.
E così siamo giunti alla, direi, estrema giustificazione della tradizione e della conservazione di materia indissolubilmente ad essa legata, nella nostra realtà che di giorno in giorno si concentra sempre di più attorno alle attività virtuali, le quali sembrano di soddisfare le sostanziali esigenze culturali della maggior parte di società coeva. Per impedire che questo che ormai pare l’ultima spiaggia culturale continui ad immiserirsi ulteriormente è imprescindibile la conservazione del nostro ambiente materiale in ogni forma, sia quell’artificiale-artistico, sia quello naturale. La conservazione in questi tempi nuovi paradossalmente ci renderà possibile ogni futura creazione, inclusa quella virtuale, visibile unicamente sullo schermo liquido-cristallino.